“a tu per tu con…” Simona Lo Iacono e “Il mistero di Anna”

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I pochi affezionati lettori dei miei “a tu per tu con…” hanno avuto la possibilità nel passato novembre di apprezzare la scrittrice Simona Lo Iacono per la biografia romanzata “La tigre di Noto” dedicata alla scienziata siciliana Marianna Ciccone.

Per i tanti che si apprestano a leggere il presente “a tu per tu con…” e non hanno ancora avuto modo di conoscerla, Simona Lo Iacono è nata a Siracusa nel 1970 ed è magistrato da diversi anni: attualmente presta servizio presso la sezione minorile della Corte d’appello di Catania e come volontaria presso la casa circondariale di Bicocca, ove cerca di rieducare i giovani detenuti attraverso percorsi di arte, letteratura, musica.

È autrice di parecchi racconti e collabora con magazine e riviste.

Il suo primo romanzo è stato “Tu non dici parole” del 2008 con cui ha vinto il Premio Vittorini Opera Prima.

Nel 2010, a quattro mani con Massimo Maugeri, pubblica un racconto lungo dal titolo “La coda di pesce che inseguiva l’amore”.

Nel 2011 è il tempo di “Stasera Anna dorme presto” col quale si aggiudica il Premio Ninfa Galatea.

Nel 2012 pubblica il racconto storico “Il cancello”, nel 2013 con “Effatà” vince il Premio Martoglio e il premio Donna siciliana 2014 per la letteratura.

Nel 2016 pubblica “Le streghe di Lenzavacche”, finalista al Premio Strega, nel 2017 il romanzo “Il morso” e nel 2019 L’albatro.

Simona Lo Iacono è la curatrice di una rubrica sul blog “Letteratitudine” di Massimo Maugeri, conduce un format letterario (BUC) sul digitale terrestre e cura la rubrica “Scrittori allo specchio” nella pagina culturale de La Sicilia.

Nel 2021 pubblica “La tigre di Noto”, come dal mio articolo del 27 novembre scorso,

Il 6 settembre scorso, per i tipi di Neri Pozza Editore, esce la sua ultima fatica letteraria, “Il mistero di Anna”.

È il 1968: la piccola Anna Cannavò, di dieci anni, di famiglia molto povera e frequentante la quinta elementare a Siracusa, partecipa contro tutto e tutti a un concorso indetto dal ministero della Pubblica Istruzione: scrivere una lettera alla scrittrice Anna Maria Ortese e raccontarle la propria giornata.

Il premio?

Trascorrere una settimana a Milano, a casa della scrittrice.

10 ottobre: Anna Cannavò scrive ad Anna Maria Ortese e con il potere delle parole e delle “cose poetiche”, tra l’altro, dice:

“A scuola ci vado volentieri perché si dicono parole in continuazione, parole di storia, di geografia, di letteratura. La letteratura è la mia materia preferita e nell’antologia ho scoperto moltissimi scrittori e artisti. Io ogni volta che leggo cose di artisti, tutta mi mescolo in una commozione. Ed è per questo che da lei, signora Anna, vorrei sapere come si diventa poeti, se è una cosa di natura come il brutto carattere, o se si può addestrare come la ginnastica. Potrebbe anche essere che è un po’ e un po’, e che uno poeta ci nasce, ma pure ci diventa, o potrebbe anche darsi che uno rinasce ogni volta che diventa poeta. Non lo so. Io la mia unica poesia l’ho scritta di nascosto e l’ho dedicata a un cane, era un cane povero e lì ho capito che mi attraevano tutte le cose tralasciate dagli altri”.

20 ottobre: Anna Cannavò viene convocata dal direttore e riceve la poetica notizia di essere “stata scelta per trascorrere una settimana con la scrittrice Anna Maria Ortese”.

“Con la signora Anna?” esclama Cannavò…

“Ma quale signora Anna?”, la interrompe il direttore, “qui stiamo parlando di una scrittrice importante, la scrittrice Anna Maria Ortese che l’anno scorso ha vinto il premio Strega. La chiamerai signora Ortese, le darai del voi e ti comporterai in modo che la nostra scuola possa essere indicata come un esempio”.

25 ottobre: la maestra consegna ad Anna un foglio con su scritto: “convocazione per i genitori di Cannavò Anna, si presentino nell’ufficio del signor direttore scolastico il giorno 28 ottobre alle ore dieci”.

28 ottobre: “È lei il signor Cannavò, padre di Cannavò Anna?”

“Sissignore!”

“Sua figlia le ha spiegato il motivo per cui l’ho convocata?”

“No, veramente io sono venuto a scusarmi, se mia figlia ha mancato di rispetto”.

“Ma non le ha detto che ha vinto un concorso?”

“Un concorso?”

“Sì, un concorso nazionale. Sua figlia è stata scelta su circa duemila partecipanti”.

“Ma è stata scelta perché?”

“Perché ha mandato una lettera a una scrittrice”.

“A una scrittrice? A una che di travaglio scrive le parole?… Ma ci guadagna?”

“Non è questo il punto, signor Cannavò. Lei deve firmare l’autorizzazione, perché sua figlia possa ritirare il premio”.

“Ma perché c’è pure un premio? E che sono? Denari?”

“No, il premio consiste nel vivere una settimana a Milano, con questa scrittrice”.

A quel punto il signor Cannavò, che era restato dritto e rigido, si siede e firma l’autorizzazione con una croce per far partire sua figlia Anna per Milano e ritirare il premio per il concorso vinto…

Lo so, cari lettori, la curiosità ormai vi vince e vi imprigiona… siete ansiosi di conoscere il seguito de “Il mistero di Anna”.

Non posso… altrimenti viene meno il “priscio”, l’emozione della lettura completa dell’ultima fatica letteraria della nostra Simona Lo Iacono.

Posso semplicemente dirvi che le osservazioni poetiche di Anna, le sue domande sull’esistenza, sulle parole dei poeti e della letteratura vi faranno tornare indietro negli anni e, come in una sorta di flashback, tornare nel mistero di essere di nuovo bambine o bambini, un mistero che continua a vivere in ognuno di noi nonostante l’età…

Fiore – Cara Simona, sei d’accordo?

Lo Iacono – Certo, il mistero dell’infanzia continua ad abitarci tutta la vita e deve anzi diventare non un punto di partenza, ma un punto di arrivo. Nel senso che riconquistare – in età adulta – la semplicità del nostro primo sguardo sul mondo coincide con la conquista della  vera  maturità. Per  essere   veramente  felici dovremmo  tutti  diventare  dei “bambini anziani”.

Fiore – Perché la lettera di Anna Cannavò ad Anna Maria Ortese e non ad altri e di conseguenza il racconto della vita della scrittrice?

Lo Iacono – Perché nessuno, come Anna Maria Ortese, è stato consapevole che il vero punto di contatto tra il mistero dell’esistenza e l’essere umano sta nella piccolezza. E quindi nei bambini, negli animali, negli ultimi, nei defilati. Creature scorticate dalla vita o ancora incorrotte che – essendo nude di fronte alla bellezza del creato – sanno accoglierlo in pienezza.

Fiore – Lo stratagemma dell’interruzione del racconto-diario della bambina Cannavò con le lettere tra Anna Maria Ortese e la misteriosa signora R. un mezzo per incuriosire ancora di più il lettore o altro?

Lo Iacono – Non è un mezzo per incuriosire ma una tecnica narrativa per far comprendere a chi legge il misterioso legame tra la “piccola Anna” e la “grande Anna”. Entrambe catturate dal segreto richiamo esistente tra la parte visibile e quella invisibile del mondo.

Fiore – Il volto della bambina che appare sulla copertina del tuo libro  appartiene a una ragazzina fotografata nel 1991 in via Calderai, a Palermo, dalla grande Letizia Battaglia, scomparsa il 13 aprile 2022. Un caso o una scelta ponderata e un messaggio ben preciso?

Lo Iacono – La copertina è stata scelta dal mio bravissimo editor, Roberto Cotroneo, che lavora da qualche anno per Neri Pozza per la collana di narrativa italiana ed oltre ad essere un narratore geniale è anche un sensibilissimo fotografo. Ha scelto quella immagine perché ritraeva con grande suggestione una bimba che fa subito pensare, per la sua intensità, alla piccola Anna.

Fiore – Straordinaria, eticamente molto forte e di stringente attualità la risposta di Anna Maria Ortese alla domanda precisa di Anna Cannavò: “E io a cosa venni chiamata?” “Tu sei chiamata alla bellezza, perché cercare la bellezza è emergere dal male. E perché la scuola della bellezza non è altro che disciplina. La disciplina dello straordinario.”

Lo Iacono – Sì, la bellezza non è soltanto contemplazione di ciò che sta all’esterno, ma è un richiamo per entrare dentro noi stessi, nel nostro “centro”. E dunque, è una strada di superamento della negazione e del male.

Fiore – “Il mistero di Anna” ha acceso la curiosità di tanti  lettori di ScrepMagazine e di miei amici su Anna Maria Ortese, scrittrice che, nonostante sia stata la terza donna a vincere il Premio Strega (nel 1967) non gode, e non ha goduto, della fama che avrebbe meritato…Merito del tuo scrivere dolce, accattivante, non retorico e della tua felice intuizione di rendere Anna Cannavò, la protagonista e la scrittrice, sua spalla. Complimenti davvero…

Lo Iacono – Grazie di cuore! E sì, volevo che la protagonista fosse la piccola Anna, ma che anche la “grande Anna” potesse essere meglio conosciuta ed amata.

Fiore – Avere come protagonisti dei tuoi lavori i bambini è molto bello… particolarmente interessanti anche Nino, il  bambino sordomuto di Effatà che si avventura a scoprire la realtà della Sicilia degli anni Cinquanta, Felice de “Le streghe di Lenzavacche”, Francisca, vissuta nel 1638 a Bronte e abbandonata alla ruota degli esposti. Quanto di te sta in questi bambini?

Lo Iacono – Io sono in loro e loro in me da sempre. Me li porto dentro in una infinita gestazione, perché so che è a questi piccoli che è rimessa la nostra salvezza e la salvezza del nostro difficile mondo. L’infanzia è molto sottovalutata. Ha capacità contemplative sorprendenti. Dovrebbe essere un tesoro da proteggere e preservare. Non a caso il mio lavoro da magistrato si svolge in una sezione minorile.

Fiore – Dopo aver letto “La tigre di Noto” e “Il mistero di Anna” in me si è rafforzata la convinzione che la società per essere meglio scandagliata ha bisogno del grimaldello della letteratura, poesia o prosa che sia. Qual è il tuo pensiero al riguardo? Quali autori sono stati le muse per la tua formazione? In particolare, chi ha ispirato  “Il mistero di Anna”?

Lo Iacono – Nessun dubbio che se la società si evolvesse attraverso l’amore per la poesia  sarebbe più matura. Perché la poesia esige “sguardo”, cioè capacità di compenetrarsi nell’altro e nel dolore del mondo. Per questo gli autori che mi hanno guidata e formata sono sempre stati i poeti, ancor prima dei romanzieri. Luzi, Padre Turoldo, Alda Merini,  Wisława Szymborska… la stessa Ortese ha esordito in letteratura con una poesia, “Emanuele”, dedicata al fratello. Quindi posso dire che è stata la medesima Ortese a ispirarmi e a indurmi a parlare di lei.

Fiore – La letteratura, la poesia, le parole, gli scritti hanno nel loro intimo la forza della riflessione e della commozione…Da sole sono in grado di sconfiggere le negatività del momento che stiamo vivendo? Possono contribuire a sconfiggere le baby gang, la violenza sulle donne, quell’inumana guerra in atto?

Lo Iacono – La poesia non cambia il mondo esterno, ma quello interno, e dunque non offre cambiamenti diretti sulla realtà, ma fa in modo che sia l’uomo, rinnovato dal suo interno, a migliorare il mondo in cui vive. Tanti cambiamenti interiori, sommati tra loro,  farebbero un unico – rivoluzionario –  cambiamento sociale.

Fiore – Cos’è la parola per te? Un termine compiuto o qualcosa in eterno movimento?

Lo Iacono – La parola è più che un termine o una espressione. E’ la vita che immette il sacro nel mondo. Che crea le cose (e può anche distruggerle). E’ la forza vitale e divina più potente che esista. La parola contribuisce di continuo non solo al movimento ma alla costruzione. Cioè a qualcosa che non è semplice spostarsi da un luogo all’altro, ma ha una direzione, un progetto e uno scopo.

Fiore – A questo punto mi viene facile chiederti il significato della parola  “scrivere”.

Lo Iacono – Scrivere è seguire questo “senso”, cioè un significato nascosto, che si rivela persino allo scrittore via via che segue quel filo sottile  e invisibile che sta nella realtà e oltre la stessa.

Fiore – Quanto la narrazione di una storia e un insieme di parole poetiche, magiche, misteriose, per dirla alla Cannavò Anna, riescono a modificare in positivo regole sociali consolidate?

Lo Iacono – La parola ha enormi capacità di cambiamento nella società, ma esige responsabilità. E dunque ha un ruolo sulle regole e sulla legge nella misura in cui non è abusata, e se mantiene la sua vera natura che è quella di “comunicare” e dunque – dal latino  “communio” – di mettere in comune, ossia di avere rispetto per la comunità, per l’altro. Quando invece la parola, nata per la condivisione, diventa mezzo per aggredire, violare, attaccare, ecco che perde la sua origine sacra e, con essa, la propria umanità. Cioè la capacità di incidere anche sulle regole sociali.

Fiore – Anna Cannavò è attratta dalle parole che “sono di due misure, le misure libere e le misure oppresse”. E leggendole mi torna alla memoria un’espressione di mio padre: “Quello che hai ascoltato per ora non ti appartiene, conservalo per quando sarai maggiorenne”. Una lacrima mi solca il viso… e torno bambino con mio padre di fronte!

Lo Iacono – Sì, è certamente vero che alcune parole si conservano a lungo dentro di noi, e saltano fuori, se sono ben seminate, al momento giusto. Così come possono ferirci per sempre. Questo perché, come prima dicevamo, la parola non è qualcosa di astratto ma di vivo e penetrante, che sa addolcire, ingravidare, far male. Dunque essa resiste. Al tempo, alle vicende umane e alla morte. Per questo scriviamo. Per combattere una battaglia contro la precarietà. Per restare, a dispetto della fine.

Fiore – A libro chiuso ma ancora aperto per le tante presentazioni quanto ami la figura non troppo fantasiosa di Anna Cannavò? Riuscirai a dimenticarla o quanto meno a metterla in soffitta considerato che, da quanto ho letto sul tuo conto, provi “nostalgia e dolore al termine di ogni libro?”

Lo Iacono – Amerò per sempre la mia Anna. La porto con me nelle varie presentazioni ed è una bimba a cui devo tanto. Ciò non toglie che – quando ho finito il romanzo – come sempre l’ho rimpianta, anche se so che resterà dentro di me.

Fiore – Fantasia e realtà sono le direttrici di marcia del tuo scrivere che prepotentemente risaltano anche ne “Il mistero di Anna”. A cosa è dovuto tutto questo?

Lo Iacono – È  la vita stessa che è un misto tra reale e irreale, che si nutre del vero e del verosimile, che assurge dalla verità ma anche da quella finzione perfetta che è l’arte. Chi scrive attinge a tutte le dimensioni, e quindi sia al dato storico che alla fantasia.

Fiore – Anna Maria Ciccone e Anna Maria Ortese, due donne con lo stesso nome e quasi dimenticate… Tu, grazie a La tigre di Noto e a Il mistero di Anna, hai fatto il miracolo di riporle al centro dell’attenzione scientifica e letteraria… Coincidenza, caso fortuito o voluto dal tuo essere magistrato e quindi amante della giustizia?

Lo Iacono – In un certo senso riportare in vita alcune voci dimenticate significa dare loro una seconda possibilità di vita e quindi una sorta di secondo grado di giudizio, una sorta di appello. Perché riportare alla memoria, significa sempre fare un atto riparatorio, e quindi un atto di giustizia.

Fiore – Magistrato e scrittrice in aggiunta ai doveri di famiglia e tanto altro ancora…Come riesci a conciliare il tutto?

Lo Iacono – Ci vuole tanto spirito di sacrificio e tanta disciplina per non mancare a nessuno degli importanti doveri della mia vita. Ma con un po’ di organizzazione e tanta buona volontà, fino ad ora ce l’ho fatta… speriamo di farcela sempre.

Fiore – Grazie, gentile Simona,  per il tempo che mi hai dedicato con la speranza di poterti incontrare in occasione di qualche presentazione di un tuo libro a Roma o a Bari.

Lo Iacono – Grazie a te, e certo, speriamo di poterci incontrare presto!

“a tu per tu con…” Simona Lo Iacono e “Il mistero di Anna”

 … a cura di Vincenzo Fiore

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Vincenzo Fiore
Sono Vincenzo Fiore, nato a Mariotto, borgo in provincia di Bari, il 10 dicembre 1948. Vivo tra Roma, dove risiedo, e Mariotto. Sposato con un figlio. Ho conseguito la maturità classica presso il liceo classico di Molfetta, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Bari con una tesi sullo scrittore peruviano, Carlos Castaneda. Dal 1982 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti. Amo la Politica che mi ha visto fortemente e attivamente impegnato anche con incarichi nazionali, amo organizzare eventi, presentazioni di libri, estemporanee di pittura. Mi appassiona l’agricoltura e il mondo contadino. Amo stare tra la gente e con la gente, mi piace interpretare la realtà nelle sue profondità più nascoste. Amo definirmi uno degli ultimi romantici, che guarda “oltre” per cercare l’infinito e ricamare la speranza sulla tela del vivere, in quell’intreccio di passioni, profumi, gioie, dolori e ricordi che formano il tempo della vita. Nel novembre 2017 ho dato alle stampe la mia prima raccolta di pensieri, “inchiostro d’anima”; ho scritto alcune prefazioni e note critiche per libri di poesie. Sono socio di Accademia e scrivo per SCREPMagazine.

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