Una mattina, non proprio delle migliori, leggo su un giornale che la voce di filosofi e intellettuali dovrebbe levarsi contro la guerra e a favore della pace, cosa che pare non avvenga. Questo avveniva in passato, continua, lo fecero Erasmo da Rotterdam, Christiane de Pizan, Kant, perché oggi no?
Credo che la riflessione sulla guerra sia stata sempre vigile e attiva in ogni tempo e non solo attraverso i filosofi citati ma in un tempo in cui le notizie ci giungono selezionate dalla stampa o dalla tv, giunge solo ciò che è vantaggioso per qualcuno.
E poi, nonostante le posizioni dei filosofi, la guerra avversata c’è sempre stata. Quando scriveva Erasmo, l’Europa era attraversata da guerre tra gli Stati e all’interno del territorio italiano. Christiane de Pizan, femminista ante litteram, di cui ho già scritto su queste pagine, dovette sconfiggere i demoni interiori prima di desiderare la pace tra i popoli.
Il più interessante per me rimane Kant, filosofo razionalista, capace di costruire un progetto perché il mondo abbia una pace perpetua. Nonostante dopo di lui tanti altri abbiano affrontato il tema della pace, la sua opera Per la pace perpetua (1795) rimane illuminante.
Kant, logica ammirevole e lungimiranza fuori dal comune, sostiene che << tra due Stati non è concepibile una guerra punitiva perché tra di essi non esiste rapporto di superiore ad inferiore >>.
Ritengo, invece, che nella guerra ognuno pensi alla propria superiorità politica, militare, territoriale per attaccare l’altro, credo sia il caso della guerra ancora in corso tra Russia e Ucraina.
Kant inizia il suo saggio ironizzando su un quadro in cui era raffigurato un cimitero, segno di pace perpetua; si chiede se la pace sia un dolce sogno solo per i filosofi o anche per uomini e sovrani assetati di guerra.
Sa bene il filosofo che sono tanti gli uomini che vedono nel conflitto la soluzione dei problemi ma dovrebbe bastare il suggerimento della ragione:<< Non ci deve essere nessuna guerra tra me te, sia nello stato di natura, né tra noi come Stati >>.
Oltre a questa decisione preliminare e condivisibile, un altro aspetto importante per mantenere la pace è quello di non essere ostile nei confronti dello straniero che arriva. Non è mosso a questa convinzione da un principio filantropico ma da un motivo contingente: la terra non è infinita e gli uomini sono destinati ad incontrarsi, d’altra parte nessuno ha diritto più di un altro ad occupare un posto sulla Terra.
Lo diceva già nel Settecento Kant ma non l’abbiamo ancora appreso. Per una nave carica di disperati, nessuno lascia la propria terra se non è costretto dalla situazione in cui si trova, è nata una polemica con la Francia.
Si agisce ancora in modo rozzo, si fanno distinguo, distinzioni, non si accoglie l’idea che tutti gli uomini siano uguali per dimostrare efficienza, rigore là dove non serve. Ma ciò è utile perché la massa applaude, concorda con carnefici e non se ne rende conto.
Siamo lontani e ci allontaniamo sempre più da una situazione di armonia e pacificazione che consenta a tutti di vivere lontano dal bisogno.
La tecnologia che ha migliorato le condizioni di vita di molti, ha anche creato armi tecnologicamente avanzate, distruttive al massimo, l’irresponsabilità di chi decide fa il resto.
Non basta enunciare principi, bisogna responsabilmente agire per fini condivisi; non dobbiamo perdere la speranza che questo avvenga.
Gabriella Colistra
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