Pierre Bonnard (seconda e ultima parte)

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Pierre Bonnard (seconda e ultima parte)

“Il caffè”

Olio su tela 73 x 106,4 cm.

Museo Tate, Londra.

L’apparizione del caffè nell’arte coincide con la sua diffusione nelle principali capitali europee.

A partire dal secolo XVII infatti, a Londra, Amsterdam e Parigi, il caffè si diffonde rapidamente diventando una “musa” per molti pittori.

Questa bevanda, alla quale vengono attribuite virtù afrodisiache e terapeutiche, conquista ben presto non solo le classi più elevate della società ma anche da pittori famosi come Bonnard.

Bonnard dipinse l’opera durante la Prima guerra mondiale ed è quasi come se volesse nascondere ciò che stava accadendo all’esterno, concentrandosi sull’intimità della famiglia, circondato da colori sgargianti.

Il pittore forse cercava di dimenticare che il mondo stava andando rapidamente in pezzi, dirigendosi verso un periodo di guerre e distruzione.

“IL CAFFÈ”

Scene di realtà quotidiana, come il rituale del caffè, ci proiettano nella vita intima del pittore.

Nel dipinto domina tutta la composizione un grande tavolo rappresentato con un punto di vista leggermente rialzato, ricoperto da una tovaglia a quadri rossi e bianchi.

Una donna, come sempre la moglie di Bonnard, è vestita di giallo e siede sorseggiando una tazza di caffè.

È rivolta verso un piccolo cane, che è in piedi sul bordo della sedia con due zampe appoggiate sulla tovaglia.

Sul tavolo inoltre sono state collocate una caffettiera, due tazzine e un piatto da portata nero.

Fa capolino il torso e il braccio di una seconda donna, vestita di blu, mentre raccoglie un bicchiere.

Un arazzo o un dipinto chiude lo sfondo mentre la sedia a sinistra getta un’ombra poco naturalistica dal colore azzurrino.

Bonnard è stranamente ambiguo in questo quadro, perché relega Marthe a una posizione lontana concentrando tutta l’attenzione sui quadrati colorati della tovaglia.

CONCLUDENDO:

Bonnard creò questo dipinto nel 1915, molto probabilmente in una casa che affittò a Saint-Germain-en-Laye, a Parigi.

Bruno Vergani

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