Una carezza… in un pugno

112847

Quando appare in TV catalizza tutto, in special modo quando canta. Chi è? È Adriano Celentano. È sempre un grande, è l’imperatore della musica italiana.

Lui che per settimane ha accompagnato i nostri flashmob musicali dai balconi di tutta Italia.

Ma come è nato il “personaggio ” Adriano? Stravagante, provocatore, ecologista ante litterem, e chi più ne ha più ne metta?

Il provocatore Adriano si fece notare al Festival di Sanremo nel 1961. Voltare le spalle alla platea in sala e quindi al pubblico davanti la TV, fu il suo gesto d’esordio come provocatore. La manifestazione canora già da allora più popolare nel mondo era modello di eleganza e lui con quell’azione inaudita rivoluzionò tutto. Da allora a Sanremo cominciò a succedere di tutto. E soprattutto da Adriano Celentano il pubblico iniziò ad aspettarsi l’inimmaginabile.

Potremo definirlo il primo influencer, il termine oggi in uso per indicare qualcuno in grado di condizionare in maniera rilevante le opinioni e gli atteggiamenti degli altri. Neanche un anno dopo dall’accaduto sanremese, e Celentano creò il Clan: una squadra di artisti-amici riuniti in un’etichetta discografica.

I dischi pubblicati dal Clan erano perle di genialità già nella confezione: copertine policromatiche, apribili, con trovate stravaganti come la canzone affidata nel 1963 a Don Backy dal titolo che fece indignare battaglioni d’insegnanti di scuole dell’obbligo: “Ho rimasto”. «Un errore» si leggeva nella copertina «come pegno di una sfida» tra Don Backy e Celentano, una gara di nuoto all’Idroscalo di Milano.

Ma Adriano il “Molleggiato” nel frattempo suggestionava il mercato della moda giovane, lanciando i pantaloni a zampa d’elefante bicolore: scuri all’esterno, chiari nel cavallo. Fu ancora lui che nel 1966 il vivace provocatore che espresse il primo dei suoi pensieri forti, l’ambientalismo e il suo ecologismo finirono nel famoso “Albero di trenta piani” e la trasformazione dell’ambiente natio, da bucolico fu trasformato in un ambiente cittadino soffocante e industriale ne “Il ragazzo della via Gluck”.

Dopo ci fu il Celentano animalista ipnotizzò per 20 minuti il pubblico televisivo di “Fantastico 8” nel 1987 imprecando contro i cacciatori e i pellicciai. Tutti proclami che anticipavano o pilotavano i gusti correnti piuttosto che seguirli. È sempre stato avanti e controtendenza.

Lo fece nel 1967, con “Tre passi avanti”, col ritratto dell’universo beat, dall’ateismo, alla moda dei capelli lunghi.

Sul piccolo schermo hanno suscitato di volta in volta scalpore tanto i suoi sbalorditivi silenzi quanto le percussive interpretazioni di alcuni suoi successi: “Prisencolinensinainciusol” su tutti. Il disco nel 1972 scalò anche la hit parade negli Stati Uniti. Ancora oggi se ne parla perché viene considerato il primo rap della storia.

Bel colpo per il più singolare dei comunicatori italiani che amava definirsi “Il Re degli ignoranti” (album del 1991) per confrontarsi in accostamenti televisivi con intellettuali del calibro di Enzo Biagi o del fraterno amico Dario Fo, Premio Nobel per la letteratura. Attraverso il video, il Re degli influencer ha trasmesso messaggi divenuti memorabili come parabole e dogmi di cultura popolare.

Sono centinaia i brani del Molleggiato che amiamo la mia è “Una carezza in un pugno“, uno dei brani più noti ed amati della discografia di Adriano Celentano.

La canzone venne incisa nel 1968, a due anni dal grande successo ottenuto con “Il ragazzo della via Gluck” in un album che portava eccezionalmente due titoli “Azzurro” da un lato e “Una carezza in un pugno” dall’altro per sottolineare i due brani più importanti del progetto che, tra l’altro, conteneva anche “Canzone” e “La coppia più bella del mondo“.

Il testo è stato scritto da Luciano Beretta e Michele Del Prete mentre la musica è stata curata da Gino Santercole, nipote di Adriano, e Nando De Luca. Il disco, ovviamente, fu un successo e tutt’ora le due canzoni sono tra i cavalli di battaglia dell’artista milanese.

All’epoca, il brano, sorprese anche per l’evidente errore grammaticale presente nel ritornello: “…Ma non vorrei che tu a mezzanotte e tre stai già pensando a un altro uomo…” che venne, accettato in modo naturale.

Il brano rappresenta la tenera forza di un amore romantico e la feroce gelosia che lo stesso, talvolta, provoca. Il noto critico musicale Mario Luzzatto Fegiz definì la canzone: “La sintesi del sentimento: a mezzanotte la certezza, a mezzanotte e tre il dubbio“.

Il pensiero espresso nel brano, inoltre, assume un elevato spessore poetico grazie alla penna garbata di Beretta, grande autore e paroliere, considerato il vero poeta del Clan Celentano. Un’altra corrente di pensiero, invece, vede nel testo un intento molto meno poetico e cioè una sorta di velato inno alla masturbazione maschile. Questa ipotesi è stata promossa da alcuni critici.

In ogni caso, negli anni, il brano, ha acquistato sempre più forza grazie anche ad alcune fortunate cover che hanno permesso alle nuove generazioni di riscoprire la canzone come quella realizzata da Rosario Fiorello nel 1995 nell’album “Nuovamente falso“.

Un capolavoro senza tempo, quindi, che ha contribuito in maniera importante alla consacrazione di un vero e proprio mito della nostra musica come Adriano Celentano.

Angela Amendola

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here