The Wall: dietro il Muro e oltre

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Visualizza immagine di origine“Isn’t this where we came in? –

Non è qui che siamo entrati?”

Il 30 novembre del 1979 nasceva un’opera rock eterna e intramontabile, che ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica di tutti i tempi.

Una copertina iconica sagomata con mattoni bianchi contornati di nero e una scritta in stampatello, semplice e di impatto: The Wall.

Un mito trasmesso di generazione in generazione, The Wall è Il classico album che sfugge al deterioramento del tempo.

Era il 1977 quando in Roger Waters, bassista e leader dei Pink Floyd, prende forma l’idea di The Wall: le sue inquietudini e sofferenze personali diventano la musa ispiratrice del concept album.

Dalla morte del padre nel corso della seconda guerra mondiale alla presenza soffocante di una madre iperprotettiva; dall’ esperienza frustrante in un prestigioso e rigido college al doloroso divorzio dalla moglie.

La sua vita che andava a rotoli da ogni punto di vista.

Ma l’elemento catartico fu il suo vissuto come musicista dei Pink Floyd: la vita logorante della rock star Roger ed il rapporto sempre più spersonalizzato che iniziò ad avere con il pubblico.

The Wall nasce da un gesto avvenuto in un istante, emblema di un istinto che nella sua semplicità racchiude molti concetti e significati.

Era il 6 luglio del 1977. I Pink Floyd si esibivano allo Stadio Olimpico di Montreal.

I musicisti interrompono più volte il concerto infastiditi dalle continue grida degli spettatori, fino a quando Waters urla “Shut up and stop your bloody screaming” e sputa su un fan che stava provando a salire sul palco.

Egli esigeva un pubblico attento e consapevole, che prendesse la musica sul serio.

Non mi sentivo in contatto con gli spettatori, con il pubblico. Qualcosa non andava, e lo sapevo”, dichiarò Roger. In quel gesto egli riversò tutta la sua alienazione tra sé stesso, i suoi fans, e poco più tardi coi membri della band stessa.

Gran parte dell’impulso creativo per The Wall derivava dalla mia disillusione nei confronti degli spettacoli rock all’aperto”, ha raccontato Waters. “Mi venne in mente l’idea di costruire un muro durante lo show che alla fine veniva distrutto. A parte il suo significato personale, pensavo sarebbe stato un grande pezzo di teatro musicale”.

The Wall divenne il muro di incomunicabilità tra l’artista e il pubblico, muro che col passare del tempo si arricchirà nella testa dello stesso Roger di tanti mattoni da farlo diventare un simbolo dell’estraniazione dal mondo.

L’album racconta il viaggio interiore di Pink, alter ego di Roger Waters .

Pink è un famoso musicista rock che dopo l’ascesa, ormai stanco di una vita costantemente sotto i riflettori e di rapporti umani meschini e freddi, inizia a distruggere e ad allontanare tutto ciò che ha attorno a sé.

Così costruisce un “muro” attorno ai propri sentimenti dietro al quale si rifugia e a cui a nessuno è permesso di entrare.

Nella figura di Pink, come in Waters, c’è un uomo in continua lotta con le proprie guerre interne. Conflitti che vengono rappresentati da mattoni che vanno a costruire un muro di isolamento che lo allontanano dalla realtà, fino ad una completa solitudine.

Ogni delusione, ogni dolore che il mondo ha inflitto a Pink è “another brick in the wall, un altro mattone del muro che il protagonista costruisce intorno a sé per proteggersi.

Il quadro che lentamente prende forma è la raffigurazione di un mondo esterno diverso dal suo mondo interiore: nonostante il rock significhi libertà, espressione e forza, in The Wall è possibile vedere come dietro tutto ciò ci siano anche obblighi, ombre e finzioni.

Ecco perché The Wall è molto più di un disco.

Dietro il muro” non c’è solo una melodia, ma un testo con significati e messaggi profondi: parla dell’alienazione dell’uomo dalla società, della chiusura in sé stessi e di quanto si possa essere prigionieri della nostra stessa mente.

Ciò che accade a Pink è ciò che potrebbe accadere ad ognuno di noi. Nonostante riusciamo a uscire dalla prigione che ci siamo creati, non dobbiamo dimenticare mai gli errori che abbiamo commesso, poiché un nuovo muro è sempre dietro l’angolo.

The Wall è un cerchio perfetto che inizia esattamente dove finisce, una sorta di eterno ritorno nietzschiano secondo il quale là dove cade un muro, da qualche parte ne sta sorgendo un altro.

Tuttavia non bisogna arrendersi, ma ricordare che la vera rivoluzione è la nostra umanità, perché “quelli che davvero ti amano sono al di là del muro”.

Alla fine Pink riuscirà ad affrontare introspettivamente i propri mostri interiori abbattendo quel muro. E ciò lo renderà finalmente libero.

 “Hey, tu

Non dirmi che non c’è nessuna speranza

Insieme stiamo in piedi

divisi cadiamo”

 “Hey you/Don’t tell me there’s no hope at all/Together we stand/ divided we fall”.

È questa la grandezza e ricchezza senza tempo di The Wall: ci invita a guardare Oltre, superando le barriere mentali che abbiamo imposto al diverso, all’ estraneo, al mondo. Ci insegna ancora perché è importante abbattere i Muri.

“…Un tratto mi resi conto che la vita non inizia più tardi,

ma da zero, e fa il suo decorso da sempre.

In ogni momento puoi prendere in mano le tue briglie e dirigere la tua sorte.

Preparati ad alzarti in piedi e vivi la vita con autenticità”

                                                                    Roger Waters

Maria Orlando

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