“Scrivo quel che penso” di Maria Cristina Adragna

151727

Questa è una vicenda controversa, un accadimento che affonda le proprie radici nell’inevitabile diatriba tra sentimento percepito e rispetto per le istituzioni.

L’incompatibilità che  gli aspetti suddetti denotano, basati principalmente su un modo antitetico di ragionare, conduce ad un’inevitabile presa di posizione: scegliere di imboccare l’esclusiva via dell’indignazione o valutare lucidamente l’efficacia di una specifica legge?

Semplice proposta, ma tutt’altro che di facile attuazione.

La notizia della scarcerazione del criminale Giovanni Brusca, soprannominato in lingua siciliana “u verru” (il porco), nonché lu “scannacristiani”, a causa dell’efferatezza dei crimini commessi, ha destato non poco sgomento in seno all’opinione pubblica.

https://www.corriere.it/cronache/21_giugno_02/giovanni-brusca-video-cui-chiede-perdono-familiari-vittime-mafia-fabbrica-morte-ed4d70cc-c372-11eb-9651-e9e5e7dd2e3d.shtml

Come approdare alla serena accettazione di un irrevocabile dato di fatto, evitando di lasciarsi trascinare dall’onda impetuosa del coinvolgimento emotivo?

La capacità di opportuno discernimento, necessaria per una valutazione oggettiva delle circostanze più disparate, a stento si applica in materia di eventi particolarmente gravosi.

Eppure, malgrado un diffuso sentimento di disapprovazione, non è possibile prescindere da un’assunzione di consapevolezza maggiormente influente: la legge che prevede significative agevolazioni riguardanti i collaboratori di giustizia fu fortemente voluta, a suo tempo, dal Giudice Giovanni Falcone.

Quest’ultimo comprese che l’unica maniera per contrastare il fenomeno mafia sarebbe passata per la concessione di “premi” dal valore non indifferente, da elargire a tutti gli esponenti di “cosa nostra” che avessero scelto di offrire il proprio contributo a favore dell’indagine.

Una scelta che sacrifica l’umana concezione del concetto di giustizia, di certo unanimamente sentito e condiviso. 

Ma parebbe proprio che non esista alternativa alcuna, nessun altro modo che consenta di accedere ai vani più oscuri della pericolosissima associazione a delinquere.

Una legge apparentemente basata su scelte fondate sul paradosso, ma l’unica in grado di far luce sulle innumerevoli atrocità perpetrate dalla mafia.

Falcone pagò personalmente con la propria vita, ma la volontà di provare a sconfiggere quella cancrena in maniera definitiva fu indubbiamente imprescindibile.

Ma davvero, a distanza di un lungo trentennio, non esistono strategie di tipo diverso che possano sostenere efficacemente l’estenuante lotta contro il vile fenomeno?

È veramente inevitabile soccombere innanzi all’immeritato indulto?

Poiché, parliamoci chiaramente, non esiste collaborazione utile al punto tale da estinguere
I’incommensurabile debito, a carico di una bestia di cosa nostra, nei confronti dei civili e delle istituzioni.

La verità è che, probabilmente, si vince sempre a metà.

Il raggiungimento di un traguardo significativo implica, sovente, il fatto di dover sottoporre a sacrificio qualcosa d’altro.

Forse si tratta di un processo che è insito nel naturale andazzo delle cose.

Ma provate a percorrere l’autostrada in direzione Palermo e ad immergervi nelle tristi atmosfere in prossimità di Capaci.

In quel tratto coesistono fragranze gradevolissime ed insopportabili odori di marcio. 

Dura lex sed lex.

Malgrado tutto, pur nel pieno rispetto della stessa, nulla ci rende immuni dall’umano dissenso…

SCRIVO QUEL CHE PENSO

Scrivo quel che penso,
da donna di Trinacria,
costretta a misurarsi
con l’eterna dannazione,
in preda a troppa gente
che osservando dal di fuori,
addita un siciliano
e lo espone al pregiudizio.

Avevo nove anni
quando vidi un uomo a terra,
ricurvo su se stesso
in un oceano di sangue,
qualcuno, in pieno giorno,
consumò la sua vendetta,
in mezzo a tanta vita
dirompente per la piazza.

E ancora mi si chiede
perché mai inorridisca
di fronte ad un pentito
che riacquista libertà,
in fondo siamo figli
di uno Stato di diritto
e il Giudice Falcone
non avrebbe dissentito.

Rispondo che Falcone
fu integerrimo e imparziale,
che il senso di giustizia
non si flette all’opinione,
che a scapito di tutto
siamo altro dalla mafia
e pur di debellarla
soccombiamo al greve indulto.

Di Giudice Falcone
ce ne fu soltanto uno
ed io non so invocare
alcun diritto per un mostro,
se avessi il suo buon senso
accetterei quest’evidenza,
ma sono una quisquilia
che ragiona con la pancia.

Scrivo quel che penso,
da donna di Trinacria,
costretta a fare i conti
col ricordo di un bambino
scannato freddamente,
avrebbe quarant’anni…
E invece fu soppresso
dalla melma e dai suoi inganni…

Maria Cristina Adragna

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

Previous articleIl maestoso elefante
Next articleIl buongiorno si vede dal mattino
Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

1 COMMENT

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here