“Ottobre” è una poesia di Vincenzo Cardarelli, una delle sue più belle, a mio parere una delle liriche più riuscite sul tema, sia per costruzione dei versi, sia per le riflessioni insite nella lirica stessa.
I colori ottobrini, la vendemmia, i profumi introducono la stagione dell’autunno, secondo un modello tradizionale ma originale nella resa della scrittura poetica, per cui il lettore ha come davanti a sé un dipinto e può goderne pienamente le tinte e le sfumature, o può sentirsi immerso nel paesaggio e viverlo “come in un film in 3D“.
Nella seconda parte della poesia emerge una riflessione che mi affascina nel suo essere tra sogno e realtà: il sole, così scontato durante i mesi estivi, diventa un dono in autunno, un regalo inaspettato, una preziosa goduria, quindi apprezzato, e ci rendiamo conto, di conseguenza, di quanto sia importante il sole nella nostra esistenza, nello scorrere delle ore diurne di una giornata, di quanto sia benefico per la nostra psiche.
Oggi, il giorno in cui sto scrivendo, è una splendida giornata di sole, di un ottobre inoltrato.
Sono appena rientrato dal lungomare, una incantevole ora tra il caldo dorato e l’immensa distesa azzurra del cielo e del mare, vissuta come un privilegio, quasi con il senso di aver “rubato” un po’ di estate, proprio per questo trascorsa con quello stato d’animo per cui l’incantesimo sarebbe potuto sparire da un secondo all’altro.
Carpe diem.
Cardarelli sottolinea come il sole ci possa sorprendere felicemente, nonostante la nostra condizione esistenziale, spesso di sofferenza e di dolore, quindi conclude la sua lirica definendo queste speciali giornate d’autunno “dolcissima agonia“, perché arriverà il tramonto, poi la sera, poi domani chissà…
Ottobre
Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
dal colore che inebria,
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulla vigne saccheggiate.
Sole d’autunno inatteso,
che splendi come in un di là,
con tenera perdizione
e vagabonda felicità,
tu ci trovi fiaccati,
vòlti al peggio e la morte nell’anima.
Ecco perché ci piaci,
vago sole superstite
che non sai dirci addio,
tornando ogni mattina
come un nuovo miracolo,
tanto più bello quanto più t’inoltri
e sei lì per spirare.
E di queste incredibili giornate
vai componendo la tua stagione
ch’è tutta una dolcissima agonia.
Tommaso Cozzitorto
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