Vilhelm Hammershoi (parte prima)

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Vilhelm Hammershøi (parte prima)

“Riposo”

Olio su tela 46 x 49

Museo Dorsay Parigi

Vilhelm Hammershøi nasce nel 1864 a Copenaghen, città alla quale rimane legato per la maggior parte della sua vita.

Studia pittura sin da giovanissimo, dapprima con maestri privati e poi all’Accademia di Belle Arti di Copenaghen.

La sua vita scorre felice e nel 1891 convola a nozze con la donna della sua vita: Ida Ilsted.

Il 1900 coincide con il primo grande riconoscimento a livello internazionale: a Parigi partecipa alla prima Esposizione Universale, e a Copenaghen realizza la sua prima mostra antologica.

Nel 1911 vince il primo premio all’esposizione internazionale di Roma.

Il pittore del silenzio, così fu definito dalla critica per la sua tematica, viaggia molto in tutta Europa, ma nessuno degli stili con cui viene a contatto modifica la sua pittura, che rimane immutata per tutta la carriera artistica.

In tutte le sue maggiori opere il volto non viene mai mostrato, avvolgendo la scena in una posa enigmatica. Le finestre sono quasi sempre chiuse e non lasciano intravvedere l’esterno.

Il cromatismo è ridotto al minimo con le luci alternati a quelli d’ombra. L’assenza fa da protagonista in tutte le sue opere.

Muore nel 1916 quando ormai aveva raggiunto la notorietà, tanto che nello stesso anno viene organizzata una grande mostra in suo onore.

“RIPOSO”

Ida Iilsted è spesso la sua “musa” ispiratrice, ripresa rigorosamente di spalle, in vestiti austeri dai colori scuri, spesso posizionata nei pressi di una finestra o di una porta.

Però la donna ritrattata seduta in “Riposo”, stranamente non è la moglie del pittore.

Potrebbe essere una domestica, oppure una parente, ma non si comprende cosa stia facendo.

Forse sta leggendo, ma ciò che colpisce noi spettatori è l’indifferenza che mostra nei confronti di colui che la sta contemplando.

Al personaggio silenzioso corrisponde un cromatismo molto raffinato di grigi e di marroni, che mostra la profonda sensibilità del pittore per le atmosfere interne.

La composizione è molto geometrica composta tra le linee della sedia, della credenza e il vassoio bianco sopra il comodino.

Tuttavia, non bisogna affrettarsi a concludere che questa tela sia un impressione della solitudine.

Infatti, il vero soggetto potrebbe essere la nuca, quelle insolite ciocche scompigliate o la scollatura della camicetta che lascia intravedere il limpido incarnato delle spalle.

Non a caso, l’artista è stato definito, come dicevo prima, il “poeta del silenzio”, poiché le sue opere sono composizioni in cui domina l’introspezione, la solitudine, la riflessione.

CONCLUDENDO:

Discendente di Vermeer o precursore di Hopper?

Senza dubbio entrambe le cose.

L’intimismo dei suoi interni, la solitudine, così come l’atmosfera che si sprigiona dal suo apparente rigorismo, rappresentano una sufficiente testimonianza verso i due famosissimi artisti.

Bruno Vergani

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