In questi giorni, se si percorre una strada litoranea, si presentano davanti agli occhi distese di ombrelloni. Ordinate e dello stesso colore quelle dei lidi, disordinate e multicolore quelle delle spiagge libere. Guardando stancamente le distese di ombrelloni, per quelle strane combinazioni che avvengono quando il pensiero vaga libero, mi è venuta in mente l’ombra.
Sotto l’ombrellone c’è ombra, ma l’ombra, in questo caso ristoratrice, mi riporta ad altre situazioni come “vivere nell’ombra”, “essere l’ombra di qualcuno”, “essere l’ombra di sé stessi”, ma si può anche “tramare nell’ombra” o “avere un’ombra sul volto” o addirittura a volte parlare di “governo ombra”. Ci sono le ombre dei cari scomparsi, non di quelli cercati da Chi l’ha visto? Ma di quelli che sappiamo non torneranno più e rimangono come un’ombra che non ha bisogno di luce dentro di noi, lì resteranno finché noi li ricorderemo.
Che confusione! L’ombra di per sé non esiste, è solo un’ombra proiettata sullo spazio, eppure se non vedessimo più la nostra ombra mentre passiamo davanti ad una luce di sera, non so come ci sentiremmo.
Da qui alla filosofia il passo è breve.
Nella Repubblica, opera di Platone, troviamo il mito della caverna. In esso il filosofo racconta che alcuni uomini sono incatenati, in modo da non poter voltare il capo. Alle loro spalle è un fuoco e tra il fuoco e gli uomini c’è un muricciolo oltre il quale altri uomini trasportano oggetti: statue, figure di pietra o di legno lavorate in forme diverse.
<< Strana immagine è la tua, disse, e strani sono quei prigionieri. – Somigliano a noi, risposi; credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte? – E come possono replicò, se sono costretti a tenere immobile il capo tuttala vita? >>
Il mito della caverna è un’allegoria e come tale vuole rappresentare il processo della conoscenza. In tale processo, il primo grado è questo: conoscenza delle ombre scambiate per la verità. Platone la chiama immaginazione, immaginiamo e crediamo di sapere.
Se gli uomini, però, riusciranno a liberarsi e usciranno dalla caverna, saranno prima abbagliati dalla luce ma poi potranno vedere gli oggetti illuminati dal sole e infine il sole stesso. Per Platone, quindi, le ombre rappresentano le false conoscenze, arrivare alla verità è compito dell’uomo che liberato dalle catene inizierà un cammino verso la conoscenza.
Anche il platonico Giordano Bruno scrisse De umbris idearum in cui sostiene che noi arriviamo alle idee ma di esse percepiamo solo ombre. Il carattere umbratile della conoscenza è sempre presente in quest’opera di Bruno perché egli pensa che l’uomo sia in rapporto con Dio e si riconosce distinto da questi proprio perché all’uomo è consentito di conoscere solo un’ombra dell’idea di Dio.
Anche Heidegger, nel Novecento, parlando del carattere chiaroscurale della verità lascia intravedere che nella radura boschiva tra luce che filtra e ombra che si forma, si alternano verità e falsità dell’essere.
E c’è un’ombra che mi porta all’ombrellino che graziose signorine usavano per ripararsi dal sole in epoche in cui abbronzarsi non era fine perché abbronzati erano i poveri malcapitati che lavoravano la terra o facevano lavori all’aperto ed era importante non confondersi con questi. Oggi invece la tintarella è di gran moda, più si è abbronzati e più si dimostra che si ha il tempo per il riposo, per la vacanza.
L’ombrellino da sole ha una storia antichissima, lo vediamo nei dipinti che risalgono all’antica Cina o all’India in cui un grande ombrello, tenuto da servi, riparava i signori e i nobili dal sole. Più tardi, in Cina, vennero confezionati ombrellini con carta di riso per signorine bisognose di ripararsi dai raggi solari. Più tardi arrivò anche in Europa e fu un oggetto usato prevalentemente da nobili e benestanti.
Per la pioggia si usavano mantelli o cappucci, solo più tardi si pensò di fabbricare ombrelli con tessuti impermeabili e arrivò, quindi, l’ombrello per la pioggia, utile ma fastidioso da portare dietro, meglio il piegabile capace però di bagnare vestiti, borsa e ogni altra cosa che incontri al suo passaggio quando si chiude perché non serve più. Per non dire, entrare in macchina con pacchi e ombrelli mentre piove.
L’ombrello mi ricorda la prontezza di un uomo che vendeva per la strada accendini e di fronte ad un acquazzone, in men che non si dica, tolse da non so dove una marea di ombrelli; sorpresa dalla pioggia, ne acquistai uno a spicchi di diverso colore. A Roma, in un momento molto diverso da quello che viviamo oggi.
E poi, ci sono gli ombrelli che spariscono, dimenticati di qua e di là, sono una specialista della dimenticanza di ombrelli, perché ho sempre la testa tra le nuvole, pensa qualcuno. Ed io, consapevole, tra le nuvole, ogni tanto, ci sto benissimo.
Soprattutto in questi giorni sono pero ombrelloni che colorano le nostre spiagge e garantiscono protezione ad un sole sempre più caldo e soffocante. Ci sono ombrelloni da spiaggia, da giardino, da terrazzo, da balcone, ce ne sono insomma per tutti i gusti e necessità.
Sotto gli ombrelloni percepisco un pulsare di vita. Ingombro spesso di borse e borsoni, giocattoli per i bimbi, mi fa pensare a un po’ di vita che si sposta sulla spiaggia, dove al riparo della grande ombra nascono amori, si fanno giochi, si mangiano ricche pietanze portate da casa, o un semplice panino ma è sempre un pezzetto di casa che ci segue.
Guardo spesso con tenerezza le tavole improvvisate sotto ombrelloni messi vicini, penso che siano le uniche vacanze che tanta gente si possa permettere; per fortuna mare e spiagge si offrono gratuitamente in molti tratti della nostra costa. Il mare dovrebbe essere gratuito per tutti, ogni bagnante però non deve lasciare sulla spiaggia, dopo il passaggio, bottiglie di plastica e rifiuti di ogni genere.
Fa caldo in questo periodo, il sole picchia impietoso e la mano dell’uomo appicca incendi devastanti, in una estate arroventata si dovrà fare, per errore di molti, una campagna elettorale dagli esiti alquanto incerti, la temperatura sale mentre una pioggia di missili continua a cadere su una terra martoriata.
Il sole incurante arriva anche sulla mia scrivania…sarà il caso di cercare un po’ d’ombra.
Gabriella Colistra
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