“Buongiorno… sono Vincenzo Fiore da Mariotto, parlo con Giovanni Grano?”
“Sì, buongiorno, sono Giovanni Grano… a cosa devo il piacere di questa telefonata?”
“Scrivo per ScrepMagazine e gradirei intervistarla! E’ possibile? La raggiungerei anche in capo al mondo, considerato che lei è tra i migliori chitarristi europei della sua generazione …”
“In capo al mondo proprio no! Ma in zona Vulture sì!”
“Vorrebbe dire a Rionero in Vulture?”
“Precisamente, dove sono nato e risiedo in questo periodo.”
“Aggiudicato, ma a una condizione! Svilupparla presso le Cantine del Notaio, dove poter gustare un calice dell’ottimo Aglianico del Vulture, noto fin dai tempi dell’antica Grecia e cantato persino dal poeta latino Orazio e per le particolari qualità dovute alla natura vulcanica dei terreni ricchi di particolari elementi minerali e per la spiccata personalità dovuta al colore rubino e ai suoi profumi complessi.”
“Bene! Ci vediamo giovedì prossimo presso le Cantine, ma diamoci del tu e toglimi una curiosità… dove si trova Mariotto?”
“Tu, accordato, come una corda della tua chitarra e legittima la tua curiosità… Mariotto trovasi in provincia di Bari ed è una frazione di Bitonto”.
Ed eccomi a Rionero in Vulture con il suo paesaggio vario e accogliente per la ricca vegetazione di vigneti, oliveti e folti boschi, dovuta alla circolazione di acque sotterranee che sgorgano in sorgenti di acque minerali e alimentano stabilimenti d’imbottigliamento.
Mi dirigo verso le Cantine del Notaio ripercorrendo tra me e me le varie notizie storiche su Rionero, reminiscenze dei miei studi universitari, alimentate anche dalla mia curiosità giornalistica di informarmi su un luogo meta di inchieste o di interviste, come in questo caso.
Ed ecco rimbalzare alla memoria i primi vagiti della nascita di Rionero risalenti a uno scritto del 1152 di Mons. Alberto Mercanti sino a giungere alla costruzione fra il 1740 ed il 1800 dei palazzi signorili dei Corona, Granata, Rotondo, Giannattasio, Catenacci, Fortunato e Catena, che portarono ad una notevole trasformazione della sua struttura urbanistica con grande incidenza sia sui ceti abbienti che sulle classi più povere, al decreto di Gioacchino Murat del 1811, quando Rionero fu elevata a Comune autonomo, ai moti briganteschi del 1860 e alla feroce rappresaglia nazi-fascista del 1943, in cui 16 rioneresi furono trucidati dai tedeschi in ritirata ed altri due morirono nell’assalto ai magazzini dei viveri.
Ci siamo… eccomi alle Cantine del Notaio dove mi aspetta Giovanni Grano.
Stretta di mani, saluti molto affettuosi… sembra conoscerci da una vita, e full immersion nei profumi dell’Aglianico del Vulture!
Grano – “Un caffè?”
Fiore – “Assolutamente no, un calice di Aglianico sì, per meglio carburare e poterti strappare qualche aneddoto che non hai mai raccontato”.
Grano – Allora forza giovanotto, spara pure… sono pronto! E ci ritroviamo anche davanti a due calici del famoso Aglianico del Vulture.
Fiore – Orsù, caro chitarrista, mi piacerebbe che ti presentassi tu a chi ancora non ti conosce.
Grano – Sono Giovanni Grano, nato a Rionero in Vulture, ed ho compiuto gli studi di chitarra sotto la guida del Maestro Ruggero Chiesa, diplomandomi presso il Conservatorio G. Verdi di Milano. Subito dopo ho seguito i corsi di perfezionamento tenuti da Oscar Ghiglia presso l’Accademia Chigiana di Siena e Gargnano e da H. Smith, liuto, a Sesto Fiorentino. Mi sono laureato “summa cum laude” presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ Università di Bologna, proseguendo gli studi sulla musica antica alla Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di Cremona. Nel contempo ho pubblicato per le case editrici Bulzoni, Zanibon, E.ro.m., Bèrben e Piles di Valencia, saggi di carattere musicologico e revisioni di opere, per e con chitarra, rare o mai eseguite. Ho condotto per alcuni anni studi di composizione col M° F. Donatoni presso il Conservatorio di Milano e di direzione d’orchestra a Praga col M° J. Stvàn.
Fiore – La tua attività concertistica?
Grano – La mia attività concertistica mi porta a esibirmi a Parigi, Londra, Hannover, Brno, Mosca, New York, Dallas, Budapest, Losanna, Berlino, Istambul, Pietroburgo e a tenere recitals in festivals esclusivi, come Salisburgo, Zurigo, Ljubljana, Primavera di Praga, Festival Segovia di Madrid, Voronhez (Russia), Mantova, Musica Festival, Spoleto, Festival dei Due Mondi, Festival Internazionale di Rust, Montreal Guitar Festival (Canada), Asia International Festival di Bangkok , Università di Hong-Kong e Chang-Chung ed il Jilin college of arts (Cina), Festival di Sevilla e in sale prestigiose, ove solo raramente vengono ospitati concerti di chitarra.
Fiore – Ed hai ottenuto sempre entusiastici consensi di pubblico e critica…
Grano – A dire il vero in genere sì, come alla Tonhalle di Zurigo, al Teatro Glinka di Pietroburgo, alla Sala Martinu-Liechtenstein Palace di Praga, al Palau della Musica di Valencia, all’Auditorio Nacional di Madrid, al Teatro Filarmonico di Tallinn, al Teatro Filarmonico di Stettino, al Teatro Bibiena di Mantova, alla Fundaciòn Andres Segovia di Linares, alla Royal Festival Hall di Londra ed al bellissimo Teatro Municipal di Burgos, concerto, quest’ultimo, terminato con interminabili standing ovations. Aggiungo di aver effettuato registrazioni di concerti per le emittenti televisive ORF austriaca, la RAI e la radiotelevisione tedesca, polacca, slovena, russa, cecoslovacca, messicana, spagnola, ungherese e rumena, radio vaticana, rai 3radio per la stanza della musica etc…
Fiore – Dove e quando hai tenuto il tuo primo concerto?
Grano – Il mio primo vero concerto l’ho tenuto nel 1972 a Napoli, in una sala privata denominata Club della Musica. Fu un’esperienza entusiasmante, anche se la mia baldanza giovanile, in quell’occasione, era plausibilmente accompagnata da una certa trepidazione. Era in effetti il mio primo e vero battesimo del fuoco nel campo del concertismo.
Fiore – Con chi hai suonato o suoni?
Grano – Ho suonato in duo con violisti rinomati quali Vadim Brodsky e Pavel Berman, col violoncellista Mark Varshavski, e in varie formazioni musicali, quali il sestetto “Die Kammermusiker Zurich”, la “Bratislava Chamber Orchestra”, il quartetto Janacek, il quartetto Amati, il quartetto Gaudeamus, l’Orchestra da camera Mozart di Praga e le orchestre filarmoniche di Stettino, di Teplice, di Ljubliana, di Bratislava e di Brasov, impegnato nei concerti di Vivaldi, Carulli, Villa-Lobos, Rodrigo, Giuliani, Boccherini sotto la direzione di S. Marczyk, G. Costin, J. Stvàn tra gli altri. Attualmente collaboro anche col soprano Paola Francesca Natale, con la quale abbiamo prossimi concerti in Svizzera, con la violinista bulgara Kamelyia Naidenova e con la violinista di origine albanese Cecilia Laca.
Fiore – Per non parlare degli inviti ricevuti nel 1997 come guest professor…
Grano – … sì, in qualità di musicologo, a tenere un ciclo di seminari alla Columbia University di New York e una serie di conferenze su Nicolò Paganini e Luigi Boccherini nel 2005 presso l’Università di Brasov e l’Università di Valencia, ed a seguire anche masterclasses tenuti alla prestigiosa Yale University ed alla Texas UTAH University.
Fiore – Quanti anni di attività hai ad oggi e quanti concerti hai fatto?
Grano – Ho circa cinquant’anni di attività ed ho tenuto circa 1200 concerti in tutto il mondo e in tutti i continenti, ad eccezione dell’Australia… ma non dispero di visitare, in futuro, anche la terra dei canguri.
Fiore – Quali musicisti hanno scritto brani per te e con quali hai collaborato?
Grano – Sono dedicatario di circa 50 composizioni scritte per me da vari autori… In primis dal compianto Maestro Giacomo Bellucci, circa una decina, incluso un omaggio a Rionero, dove è stato spesso mio ospite, “Immagini rioneresi”, un concerto per chitarra, violoncello ed orchestra “Geometries”, “Autumnal tales”, un Quintetto per chitarra e Quartetto d’archi ” Pinch quartet”, etc… Poi il più importante compositore Ceco, Václav Kučera, con il brano “Cum Grano Lorca”, Carlo Francesco Defranceschi con il brano Epicedio eseguito in prima assoluta al Royal Festival Hall di Londra e “Ceras ambiguas” al Festival di Montreal, Vincenzo Saldarelli “E quindi uscimmo a riveder le stelle”, Claudio dall’Albero “La leggenda dell’aquila di Federico, Anthony Sidney “Preludio fiorentino”, Jim Skinger “Rondò”, Vicente Roncero “Del murmullo”, per violino e chitarra, Josè Zarate, vincitore del Prix de Rome, ” Piccolo pezzo nero”, Anna Segal “Danzando con Giovanni”, Roberto Braglia Orlandini “Suite”, Nino Nicolosi “Search” , Rosa Maria Rodriguez Hernandez “L’infinito”, Giuseppe del Plato “Ricordo di Melfi”, Andrej Spirea ” Tema con variazioni”.
Fiore – Tu sei stato docente di Letteratura poetica e drammatica e di Storia ed Estetica musicale. Dove?
Grano – Al Conservatorio di Mantova, quando, all’epoca, c’erano solo otto cattedre di Letteratura poetica e drammatica in tutt’Italia, una delle quali, quella del Conservatorio di Milano, assegnata nientemeno che a Salvatore Quasimodo. Sono diventato amico del figlio del poeta, Sandro, collaborando in veste di musicista con lui, e più volte ho avuto occasione di visitare l’appartamento del poeta a Milano e vedere la mitica statuetta dell’Oscar a lui conferita.
Fiore – Sei anche stato titolare della cattedra di chitarra presso il Conservatorio F.E. Dall’Abaco di Verona. Ti manca l’insegnamento?
Grano – Si, titolare della cattedra di chitarra in diversi conservatori, quali Mantova, Padova , Foggia e, per ultimo, anche quello di Verona, fino al 2020. In realtà a volte ho nostalgia del mio ruolo di docente, avendo formato una folta schiera di allievi, alcuni dei quali hanno proseguito in un ottimo percorso concertistico o didattico. Essendo però invitato a tenere masterclasses in tutto il mondo, non mi manca del tutto il rapporto con giovani e spesso talentuosi allievi. Il mio prossimo master sarà presso la Silpakorn University di Bangkok.
Fiore – Spesso sei stato invitato a tenere master-classes e seminari in varie accademie internazionali, come in Repubblica Ceca, Russia, Spagna, Germania, Francia, Romania, Slovenia, Ungheria, Italia, Svizzera, Polonia, Fondazione Showa Tokyo University e negli U.S.A. Quali di queste accademie ricordi con maggiore affetto?
Grano – Ricordo, in particolare, la bellissima atmosfera creatasi all’interno del Festival internazionale di Brno, durante e dopo i masterclasses che ho tenuto colà per nove anni e che si concludevano con grandi serate gastronomiche ed abbondanti libagioni dell’eccellente birra ceca, vissute insieme a tutti gli allievi ed ai colleghi… ma anche tutti gli altri luoghi da te citati hanno lasciato in me una profonda nostalgia, legata a bellissimi ricordi di lezioni e serate passate in compagnia di amici, e di allievi festosi e riconoscenti. Un esperto critico inglese, il compianto Colin Cooper, direttore della prestigiosa rivista inglese “Classical Guitar”, divenuto in seguito un caro amico, mi ha omaggiato di una testimonianza scritta e pubblicata sulla sua rivista, avendo assistito ad una lezione impartita ad una chitarrista tedesca, e nella quale asseriva che mai aveva visto cambiare le sorti di un brano presentato da uno studente in modo così rapido ed icastico. Del master tenuto alla Yale University serbo un bellissimo ricordo, con allievi provenienti da tutto il mondo e la lettera di encomio che il collega della cattedra di chitarra, Benjamin Verdery, volle inviare all’allora direttore del Conservatorio di Padova – e nel quale ero, all’epoca, unico titolare di cattedra di chitarra – per sottolineare l’alta professionalità ed il livello delle mie lezioni.
Fiore – In quali concorsi di chitarra nazionali e internazionali sei stato presidente o membro di giurie?
Grano – Mottola, Pescara, Voronezh (Russia), Rust (Austria), Montreal ( Canada), Cluj-Napoca e Brasov (Romania) e soprattutto Valencia, in Spagna, al prestigioso Concorso Alhambra nel quale sono invitato da diciassette anni come presidente o membro della giuria.
Fiore – E non è finita… infatti nel giugno del 2005 sei stato insignito del titolo di Professore Onorario dal Senato Accademico della Facoltà di Musica dell’Università di Brasov e nel 2008 invitato a tenere un master presso la prestigiosa Yale University con l’incisione di una serie di cd monografici dedicati alla musica romantica e contemporanea per chitarra, alle sonate di Paganini per violino e chitarra in duo con V. Brodsky per l’etichetta austriaca Zero Point Records.
Grano – Aggiungi pure la pubblicazione del cd, Phantasia, e degli altri due CD da te già citati, andati a ruba e successivamente ristampati per l’etichetta italiana “Rivo Alto ”, e la direzione artistica di numerosi convegni e festivals internazionali tra i quali: il Festival Internazionale della chitarra di Mantova, il Festival del Vulture, di Groznjan, di Santa Maria di Sala, il Convegno Internazionale su G. Strozzi e G. M. Trabaci e i Suoni nella Badia. Da sei anni a questa parte ho l’onore di essere il direttore artistico di un esclusivo festival internazionale dedicato alla chitarra, Il Verona International Guitar Festival (VIGF), che si tiene nella splendida città scaligera, da ottobre a novembre, con i nomi più illustri del mondo chitarristico ed i giovani vincitori del prestigioso Concorso Alhambra, ai quali diamo il giusto spazio ed il dovuto riconoscimento. Riguardo il titolo conferitomi a Brasov, mi ritengo onorato e grato al Senato Accademico dell’ Università della Transilvania, che ha voluto omaggiarmi di una onorificenza che ha suscitato in me molto orgoglio, ma, soprattutto, tanta emozione.
Fiore – Che chitarre suoni? Preferisci quelle di liuteria o quelle standard?
Grano – Ovviamente preferisco chitarre di liuteria, anche se ricordo con nostalgia la mia prima vera chitarra classica, una Epiphone di fabbrica, regalatemi da mio padre e comprata per 50 dollari in un negozio di strumenti musicali del New Jersey, durante una visita a parenti negli USA.. Avevo 16 anni. In seguito ho suonato per anni la mitica Ramirez “clase primera”, che a partire dagli anni ‘ 70 era il sogno di tutti i chitarristi. Una chitarra che fu scelta dal mio Maestro Ruggero Chiesa e che ho utilizzato per circa 600 concerti e la realizzazione di due dei miei quattro cd, per poi passare ad una chitarra Kolya Panhuyzen e, recentemente, alla mia splendida Alhambra Vilaplana, costruita secondo le caratteristiche da me segnalate al liutaio dell’Alhambra, ditta della quale sono testimonial ed endorser. Una chitarra generosa nei timbri e nel volume e che ho personalizzato con magnifiche corde “Sugar” rinforzate, realizzate apposta per me da Mimmo Peruffo, proprietario della famosa ditta “Aquila”, oltreché attento e raffinato ricercatore storico e realizzatore di corde per una pletora di strumenti a corde.
Fiore – Facciamo qualche passo indietro… anzi più di qualche passo! Da dove parte la tua passione per la musica?
Grano – Parte all’età cinque anni. In realtà sarei potuto o dovuto diventare un pianista, in quanto i miei genitori mi mandarono a lezione di pianoforte da un maestro che viveva a Rionero, ma non di origine rionerese; uno dei pochi diplomati, all’epoca, al conservatorio di Napoli. Dopo due anni il mio maestro morì ed io, che gli ero molto affezionato, dai sette ai dodici anni, non volli più sentir parlare di musica, forse anche per esorcizzare il trauma della sua improvvisa scomparsa. Poi ripresi con la fisarmonica, la chitarra elettrica (era l’epoca dei Beatles e dei Led Zeppelin) ed infine approdai alla chitarra classica, intorno ai sedici anni, dopo esser stato folgorato da un concerto di Andrès Segovia, ascoltato a Roma nell’auditorium di Santa Cecilia.
Fiore – Quanto ha inciso nella tua carriera e nelle tue decisioni essenziali la caparbietà tipica dei lucani? Quanto della Lucania hai portato o porti ancora in giro?
Grano – L’essere lucano o meglio l’essenza dello spirito lucano è composta, a mio avviso, di due nature. Una apollinea, legata alla bellezza di paesaggi gradevoli e fiabeschi, e l’altra dionisiaca, connessa all’asprezza ruvida e selvaggia di altri scenari. Un po’ come i paesaggi interiori del mio animo. Della Lucania, seppur in modo inconscio e subliminale, porto in giro la sua storia, tanto antica quanto complessa, la sua grecità e la sua romanità, intimamente interagenti tra di loro, lo spirito illuminato del grande Federico, lo “Stupor Mundi”, aperto anche al mondo arabo, con i castelli da lui costruiti o le rabatàne, attorniate da calanchi aspri e fascinosi. Forse, a volte, ha inciso in me anche la nota caparbietà dei lucani, un popolo che, ”stranamente”, esprime il meglio di sé, solo fuori della regione di appartenenza. Spiace a volte verificare come in Basilicata permangano ancora ampi spazi di arretratezza culturale, e come spesso, la cattiva ed ignorante politica sia al servizio di eventi tanto reclamizzati a livello regionale e nazionale quanto mediocri, se non infimi, nella qualità e nella loro attuazione. In definitiva molto fumo e pochissimo arrosto. Pur orgoglioso di esser e di sentirmi lucano, ritengo però che la “lucanità” non possa e non debba costituire una discriminante, nel bene o nel male. Può diventare un valore aggiunto, ma solo se alla base, appunto, c’è un valore oggettivo.
Fiore – La critica sostiene che tu con le sei corde centri ogni obiettivo che ti poni e racconti in maniera encomiabile l’anima dei compositori che esegui. Il segreto?
Grano – Io ritengo che ogni brano prescelto per l’esecuzione debba essere sviscerato in tutte le sue componenti. Innanzitutto quelle strutturali, quelle armoniche e melodiche, ed in seguito , ove possibile, con la ricerca della genesi della composizione in oggetto. Spesso i linguaggi musicali utilizzati nelle composizioni, che so, dal barocco ai nostri giorni, sono diversissimi tra di loro, quindi bisognerebbe avvicinarsi a quei specifici linguaggi con profonda conoscenza degli stessi e con grande rispetto. Evitare di applicare ad un sistema grafico, ma già in sé perfettamente congruo, dei modelli che son pertinenti ad un altro. Sull’ossatura del brano, ovvero la sua nuda struttura, il suo costrutto, si passa poi alla fase di “rivestimento”, con ricerca di suono, dinamiche e fraseggio appropriati. L’anima della composizione è compiutamente ed intimamente insita nel brano stesso… e noi musicisti, similmente a degli attori, dobbiamo far rivivere in suoni, ed in stati d’animo, quello che loro fanno, icasticamente, con le parole, il giusto tono di voce e l’articolazione delle frasi, e suscitare così emozioni vere, non artefatte, come spesso succede nel sentire alcuni “ fast fingers”. La vecchia scuola oratoria disponeva che nei discorsi si dovesse “docere, delectare, movere”, ovvero convincere dimostrando, catturare l’attenzione e commuovere gli astanti. Io credo che le stesse categorie – mutatis mutandis – si possano applicare anche all’esecuzione musicale.
Fiore – Ci sono stati momenti di crisi sino alla decisione di buttare tutto all’aria e mollare?
Grano – Si, ci son stati alcuni momenti nei quali ero deciso a chiudere la mia esperienza di concertista. In particolare uno, dopo una rovinosa caduta per le scale di casa e la frattura, estremamente dolorosa, di un ossicino del gomito del braccio destro. Per quasi due anni non ho potuto suonare. Poi la conoscenza, a Padova, di un osteopata francese di chiara fama, che mi ha rimesso a posto in due sole sedute. Ed ecco il miracolo, ho ripreso subito a suonare come e meglio di prima.
Fiore – Quali esperienze musicali ti hanno maggiormente formato?
Grano – La frequentazione di personaggi importanti, quali il mio maestro Ruggero Chiesa, Oscar Ghiglia presso i corsi di Gargnano e alla Chigiana di Siena, il liutista Hopkinson Smith (per molti anni ho suonato il liuto parallelamente alla chitarra), il maestro Franco Donatoni per la composizione e la collaborazione con nomi prestigiosi del panorama internazionale. A tutti loro devo la mia gratitudine e parte del mio apprendimento.
Fiore – Il futuro della musica in Italia…
Grano – Una domanda complessa alla quale non è facile rispondere. Attualmente mi pare che debbano ancora e di gran lunga migliorare gli interessi culturali degli italiani verso la musica d’arte, e soprattutto la considerazione verso quella che, prima di essere un’arte, è sia una scienza che una disciplina, al pari di tutte le altre. Ben l’avevano compreso i filosofi idealisti tedeschi dell’800, da Fichte a Schelling ed Hegel, i quali ponevano la Musica al vertice della piramide sociale. E questo può fare una notevole differenza tra un popolo ed un altro.
Fiore – La cosa principale trasmessa ai tuoi studenti o allievi…
Grano – Il senso critico e l’onestà intellettuale… oserei dire il piacere dell’onestà.
Fiore – Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Grano – Ho in progetto la realizzazione di alcuni cd, uno dei quali di musiche inedite originali per chitarra e violino, un altro con musiche destinate al duo soprano-chitarra, un altro con musiche di Gragnani in collaborazione con un amico chitarrista, la pubblicazione di opere da me revisionate per la collezione personale presso la casa editrice Piles di Valencia, alcuni concerti in Sud Corea, California ed Oregon, Svizzera, Danimarca, isole Azzorre, Spagna e due prossimi concerti in Italia.
Fiore – Hai sempre dimostrato nelle tue esecuzioni, e in questo la critica è concorde, grande padronanza strumentale, suono sempre presente e finissimi impasti timbrici… Ritieni che siano questi gli elementi che contano di più nella tua musica?
Grano – Questi da te evidenziati sono elementi legati alla mia personale modalità di esecuzione, ma ritengo, ragionevolmente, che possano essere estesi anche a tutte le altre categorie di concertisti. Dietro la padronanza strumentale c’è sempre un enorme lavoro da back-stage ed il ”suono”, che secondo me è l’essenza della Musica, è come una pianta che va quotidianamente curata, concimata e anche potata. Non mi è mai interessato il bel suono per il bel suono… casomai la ricerca del suono rappresenta il mezzo, ma non certo il fine.
Fiore – Le tue performance artistiche hanno seguito un filo logico o no?
Grano – Molto spesso si, con l’esecuzione di programmi monografici, tanto per fare un esempio. Ma ultimamente mi piace spaziare e fare incursioni nelle varie epoche musicali. In duo con un mio bravissimo ex allievo abbiamo imbastito un programma di opere originali e trascrizioni per due chitarre dal titolo “Da Mozart a Morricone “, e devo confessare che mi ha molto divertito eseguirlo.
Fiore – E’ indubbio che, se in te non ci fossero state la passione, la determinazione e una briciola di ambizione, il tuo viaggio musicale sarebbe stato diverso. Mi sbaglio?
Grano – No, non ti sbagli. In primis la passione e la determinazione assolute. L’ambizione anche, ma davvero non nel significato corrente di affermazione egocentrica, bensì nel più antico ed etimologico significato di ambire, aspirare, andare attorno all’argomento. Il mio percorso musicale oltreché essere un piacere è sempre stato improntato alla ricerca e stimolato dalla mia incessante curiosità.
Fiore – Quali sono i tuoi hobbies, se ne hai?
Grano – Si certo… ne ho alcuni che cerco di praticare quando posso. Intanto il giardinaggio, che mi riesce alquanto bene, a giudicare dalle grandi quantità di kiwi, albicocche, corbezzoli, fragole e fichi, ed una moltitudine di fiori che riesco a trarre dal mio giardino. Poi mi sto dedicando, da un paio d’anni, allo yachting ed alla nautica a vela, con risultati incoraggianti. E ancora, son stato invitato a sostenere una parte di rilievo in qualità di attore, in un cortometraggio che, grazie all’esperienza ed alla bravura di un mio caro amico, il regista Giampaolo Manara, ha già vinto un numero impressionante di primi premi in prestigiosi concorsi filmici in tutto il mondo. Inoltre è in preparazione, sempre con la regia di Giampaolo, un docufilm sulla mia carriera e sul festival che ho l’onore di dirigere a Verona.
Fiore – Siamo quasi all’ultimo sorso del nostro calice dell’ottimo Aglianico di queste cantine e all’ultima domanda di questa intervista. Mi racconti un paio di aneddoti inediti della tua carriera?
Grano – Ah beh.. fammici pensare…..ne avrei alcuni. Molti anni fa, durante un mio concerto al Festival di Brno, avevo appena accennato l’inizio di un brano quando, improvvisamente, si sente squillare un cellulare con una suoneria che altro non era che un inciso del Gran Vals di Tàrrega, quello arcinoto della Nokia. Mi fermo, e fulminando con lo sguardo il molestatore, che nel frattempo era riuscito a bloccare gli interminabili squilli, gli riproduco con la chitarra lo stesso motivo della sua suoneria, trasformando un piccolo dramma in assoluta ilarità ed apprezzamento da parte del pubblico. Il malcapitato era un allievo bulgaro che partecipava al mio masterclass, che, insieme alla moglie, dopo il concerto venne a scusarsi ripetutamente.
Un altro episodio successe a Voronehz, in Russia, dove ero stato invitato come rappresentante del chitarrismo italiano.
Appena finita l’ultima lezione prima del pranzo faccio per uscire dall’aula, ma un ragazzo, conosciuto come allievo di un collega russo, chiude la porta a chiave e mi impedisce di uscire. Stupito gli chiedo il perché di quell’atteggiamento e gli faccio anche presente di essere un esperto di aikido. Il ragazzo, mi spiega che non è iscritto al mio master, e che non avrebbe i soldi per pagare una lezione con me. Poiché mi aveva preceduto la mia reputazione di esperto e studioso di esecuzione e stile dell’800, mi implora con umiltà di dargli una lezione. A quel punto, commosso e convinto da una tale richiesta, rinunciai al pranzo, gli imposi di aprire la porta e lo rassicurai che gli avrei dato la tanto ambita lezione su un noto brano dell’800 chitarristico italiano. Da allora, il buon Evgenij, è diventato uno dei miei cari amici russi e attualmente docente presso il prestigioso Istituto Gnessin di Mosca.
Fiore – Grazie, caro Giovanni…
Grano – Grazie a te e a tutta la Redazione di ScrepMagazine…
“a tu per tu con…” Giovanni Grano e la sua “sei corde”
a cura di Vincenzo Fiore
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