Non siamo a Milano 2…

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Chissà cosa starà pensando Giorgio Napolitano coi suoi 96 anni, predecessore di Mattarella, unico ancora in vita oltre quest’ultimo, Presidente della Repubblica fino al gennaio 2015?

Dodicesimo Napolitano, tredicesimo Mattarella, quattordicesimo … Berlusconi!

In Italia, a cominciare da Enrico De Nicola, primo Presidente per circa 5 mesi, sono stati al Quirinale 2 liberali, 5 democratici cristiani, 2 socialisti, gli altri tutti indipendenti.

Nomi “del calibro” di De Nicola, che andava al Quirinale in autobus e sgridava il tranviere se lo aspettava quando faceva tardi, di Einaudi, Gronchi, Saragat, Pertini e la sua pipa mentre “azzoppa” una carta sul tavolo giocando con Bearzot, … solo per citarne alcuni.

Eccoli tutti:

  1. Enrico De Nicola 1948
  2. Luigi Einaudi 1948-1955
  3. Giovanni Gronchi 1955-1962
  4. Antonio Segni 1962-1964
  5. Giuseppe Saragat 1964-1971
  6. Giovanni Leone 1971-1978
  7. Sandro Pertini 1978-1985
  8. Francesco Cossiga 1985-1992
  9. Oscar Luigi Scalfaro 1992-1999
  10. Carlo Azeglio Ciampi 1999-2006
  11. Giorgio Napolitano 2006-2013
  12. Giorgio Napolitano 2013-2015
  13. Sergio Mattarella 2015…

Ed ora dal 24 gennaio iniziano le “elezioni del quattordicesimo” Presidente della Repubblica Italiana, in un momento in cui l’Italia fa bene, abbiamo vinto di tutto nello sport, siamo stati rigidi e disciplinati nel gestire la pandemia ed anche se il prossimo indicatore da solo significa poco, a guardare i dati ISTAT, nel 2021 l’Italia ha esportato beni e servizi con un incremento maggiore dell’11%…più di tutti!

Grazie al Presidente Draghi ed alla Sua leadership internazionale, l’Italia è rispettata e considerata come non mai a livello europeo e non solo, come peraltro anche la prematura scomparsa di Davide Sassoli, seppure in una occasione tristissima, ha mostrato agli occhi del Mondo intero…altro che Boris Johnson (Partygate: Boris Johnson al centro della bufera per i festini durante il lockdown … «Portatevi la bottiglia»).

Sassoli, Draghi… italiani che sanno fare, tranquilli, decisi, con valori forti, miti ma assertivi, educati e competenti, vicino alla gente…E ora?

E ora il centro destra candida Berlusconi!

Tentativo di suicidio?

Pur esprimendo grande rispetto per un imprenditore del “calibro” di Silvio Berlusconi, la cui sola età e relativi acciacchi, basterebbero ad escluderlo “dalla corsa alla presidenza”, non si può salire al Quirinale e rappresentare gli Italiani tutti, avendo alle spalle una vita attiva di partito e, nel bene e nel male, nel giusto o nell’errore, una immagine pubblica internazionale “non particolarmente adeguata” (ricordate quel “culona” alla Merkel?)!

Grandi manovre quindi in vista della scelta del successore di Sergio Mattarella che avverrà lunedì 24 gennaio anche se, a mio avviso, non è da escludere un allungamento dei tempi in caso di mancato accordo tra le varie forze politiche.

Al momento sono anche insistenti le voci che vorrebbero proprio Mario Draghi pronto a trasferirsi da Palazzo Chigi al Colle, ma non mancano diversi outsider, da Pier Ferdinando Casini a Paola Severino fino a Giuliano Amato e Marcello Pera…Casini…perché no?

Anche se il nome “forse non promette bene”, nasce nella DC, ha collaborato attivamente sia col centro Sinistra che col Centro Destra, è presentabile, competente e, soprattutto, ancora “non devastato dagli inevitabili acciacchi della vecchiaia”…ma i sondaggi lo danno solo al 2%.

Sempre dal centro-destra spunta il nome di Giuliano Amato, come possibile alternativa a Berlusconi.

Una donna? Anche… ma chi? Rosy Bindi?

Un nome forte è quello di Marta Cartabia.

La ministra della giustizia del governo Draghi è l’unica a non avere un colore politico, e questo potrebbe essere un punto a suo favore.

Sempre tra le donne troviamo Maria Elisabetta Casellati, Presidente del Senato, e Letizia Moratti, figura molto vicina a Silvio Berlusconi.

Ritorniamo ai candidati uomini.

Dario Franceschini, ministro della cultura del Governo Draghi e possibile favorito in quanto non si è mai esposto ed è punto di riferimento per il mondo del centro-sinistra.

Paolo Gentiloni, l’europeista coraggioso e con giudizio che ha dimostrato di saper rappresentare il Paese in maniera equilibrata.

Romano Prodi, con i suoi 82 anni, è in lista, ma ha poche possibilità di salire al Colle nonostante il suo curriculum sia uno dei più ricchi.

Walter Veltroni.

L’ex sindaco di Roma passa però inosservato, come altri candidati.

Lui non ama esporsi e questo per lui potrebbe anche essere un vantaggio.

Ma come funziona l’elezione del Capo dello Stato?

Il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune con l’integrazione dei delegati delle Regioni: si tratta di tre consiglieri (due di maggioranza e uno di opposizione) per ogni Regione con l’unica eccezione della Valle d’Aosta (solo uno).

In totale i delegati regionali sono 58.

Il Parlamento è invece composto da 630 deputati e 320 senatori.

La votazione avviene alla Camera a scrutinio segreto. Nei primi tre scrutini è necessario ottenere la maggioranza di due terzi dei voti per l’elezione.

Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

Nei primi tre scrutini, stando ai numeri attuali, servono almeno 673 voti per l’elezione del capo dello Stato.

Dal quarto scrutinio sono invece sufficienti 505 voti tra parlamentari e delegati regionali.

Vedremo come andrà a finire e con questo “stato d’animo drammaticamente inondato d’ansia”, vorrei chiudere col Messaggio di fine anno del Presidente Mattarella.

Eccolo:

Care concittadine, cari concittadini,

ho sempre vissuto questo tradizionale appuntamento di fine anno con molto coinvolgimento e anche con un po’ di emozione.

Oggi questi sentimenti sono accresciuti dal fatto che, tra pochi giorni, come dispone la Costituzione, si concluderà il mio ruolo di Presidente.

L’augurio che sento di rivolgervi si fa, quindi, più intenso perché, alla necessità di guardare insieme con fiducia e speranza al nuovo anno, si aggiunge il bisogno di esprimere il mio grazie a ciascuno di voi per aver mostrato, a più riprese, il volto autentico dell’Italia: quello laborioso, creativo, solidale.

sono stati sette anni impegnativi, complessi, densi di emozioni: mi tornano in mente i momenti più felici ma anche i giorni drammatici, quelli in cui sembravano prevalere le difficoltà e le sofferenze.

Ho percepito accanto a me l’aspirazione diffusa degli italiani a essere una vera comunità, con un senso di solidarietà che precede, e affianca, le molteplici differenze di idee e di interessi.

In questi giorni ho ripercorso nel pensiero quello che insieme abbiamo vissuto in questi ultimi due anni: il tempo della pandemia che ha sconvolto il mondo e le nostre vite.

Ci stringiamo ancora una volta attorno alle famiglie delle tante vittime: il loro lutto è stato, ed è, il lutto di tutta Italia.

Dobbiamo ricordare, come patrimonio inestimabile di umanità, l’abnegazione dei medici, dei sanitari, dei volontari. Di chi si è impegnato per contrastare il virus. Di chi ha continuato a svolgere i suoi compiti nonostante il pericolo.

I meriti di chi, fidandosi della scienza e delle istituzioni, ha adottato le precauzioni raccomandate e ha scelto di vaccinarsi: la quasi totalità degli italiani, che voglio, ancora una volta, ringraziare per la maturità e per il senso di responsabilità dimostrati.

In queste ore in cui i contagi tornano a preoccupare e i livelli di guardia si alzano a causa delle varianti del virus – imprevedibili nelle mutevoli configurazioni – si avverte talvolta un senso di frustrazione.

Non dobbiamo scoraggiarci. Si è fatto molto.

I vaccini sono stati, e sono, uno strumento prezioso, non perché garantiscano l’invulnerabilità ma perché rappresentano la difesa che consente di ridurre in misura decisiva danni e rischi, per sé e per gli altri.

Ricordo la sensazione di impotenza e di disperazione che respiravamo nei primi mesi della pandemia di fronte alle scene drammatiche delle vittime del virus. Alle bare trasportate dai mezzi militari. Al lungo, necessario confinamento di tutti in casa. Alle scuole, agli uffici, ai negozi chiusi. Agli ospedali al collasso.

Cosa avremmo dato, in quei giorni, per avere il vaccino?

La ricerca e la scienza ci hanno consegnato, molto prima di quanto si potesse sperare, questa opportunità. Sprecarla è anche un’offesa a chi non l’ha avuta e a chi non riesce oggi ad averla.

I vaccini hanno salvato tante migliaia di vite, hanno ridotto di molto– ripeto – la pericolosità della malattia.

Basta pensare a come l’anno passato abbiamo trascorso le festività natalizie e come invece è stato possibile farlo in questi giorni, sia pure con prudenza e limitazioni.

La pandemia ha inferto ferite profonde: sociali, economiche, morali. Ha provocato disagi per i giovani, solitudine per gli anziani, sofferenze per le persone con disabilità. La crisi su scala globale ha causato povertà, esclusioni e perdite di lavoro. Sovente chi già era svantaggiato è stato costretto a patire ulteriori duri contraccolpi.

Eppure ci siamo rialzati. Grazie al comportamento responsabile degli italiani – anche se tra perduranti difficoltà che richiedono di mantenere adeguati livelli di sicurezza – ci siamo avviati sulla strada della ripartenza; con politiche di sostegno a chi era stato colpito dalla frenata dell’economia e della società e grazie al quadro di fiducia suscitato dai nuovi strumenti europei.

Una risposta solidale, all’altezza della gravità della situazione, che l’Europa è stata capace di dare e a cui l’Italia ha fornito un contributo decisivo.

Abbiamo anche trovato dentro di noi le risorse per reagire, per ricostruire. Questo cammino è iniziato. Sarà ancora lungo e non privo di difficoltà. Ma le condizioni economiche del Paese hanno visto un recupero oltre le aspettative e le speranze di un anno addietro. Un recupero che è stato accompagnato da una ripresa della vita sociale.

Nel corso di questi anni la nostra Italia ha vissuto e subito altre gravi sofferenze. La minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamista, che ha dolorosamente mietuto molte vittime tra i nostri connazionali all’estero. I gravi disastri per responsabilità umane, i terremoti, le alluvioni. I caduti, militari e civili, per il dovere. I tanti morti sul lavoro.

Le donne vittime di violenza.

Anche nei momenti più bui, non mi sono mai sentito solo e ho cercato di trasmettere un sentimento di fiducia e di gratitudine a chi era in prima linea. Ai sindaci e alle loro comunità. Ai presidenti di Regione, a quanti hanno incessantemente lavorato nei territori, accanto alle persone.

Il volto reale di una Repubblica unita e solidale.

È il patriottismo concretamente espresso nella vita della Repubblica.

La Costituzione affida al Capo dello Stato il compito di rappresentare l’unità nazionale.

Questo compito – che ho cercato di assolvere con impegno – è stato facilitato dalla coscienza del legame, essenziale in democrazia, che esiste tra istituzioni e società; e che la nostra Costituzione disegna in modo così puntuale.

Questo legame va continuamente rinsaldato dall’azione responsabile, dalla lealtà di chi si trova a svolgere pro-tempore un incarico pubblico, a tutti i livelli. Ma non potrebbe resistere senza il sostegno proveniente dai cittadini.

Spesso le cronache si incentrano sui punti di tensione e sulle fratture. Che esistono e non vanno nascoste. Ma soprattutto nei momenti di grave difficoltà nazionale emerge l’attitudine del nostro popolo a preservare la coesione del Paese, a sentirsi partecipe del medesimo destino.

Unità istituzionale e unità morale sono le due espressioni di quel che ci tiene insieme. Di ciò su cui si fonda la Repubblica.

Credo che ciascun Presidente della Repubblica, all’atto della sua elezione, avverta due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno.

E poi salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato – deve trasmettere integri al suo successore.

Non tocca a me dire se e quanto sia riuscito ad adempiere a questo dovere.

Quel che desidero dirvi è che mi sono adoperato, in ogni circostanza, per svolgere il mio compito nel rispetto rigoroso del dettato costituzionale.

È la Costituzione il fondamento, saldo e vigoroso, della unità nazionale. Lo sono i suoi principi e i suoi valori che vanno vissuti dagli attori politici e sociali e da tutti i cittadini.

E a questo riguardo, anche in questa occasione, sento di dover esprimere riconoscenza per la leale collaborazione con le altre istituzioni della Repubblica.

Innanzi tutto con il Parlamento, che esprime la sovranità popolare.

Nello stesso modo rivolgo un pensiero riconoscente ai Presidenti del Consiglio e ai Governi che si sono succeduti in questi anni.

La governabilità che le istituzioni hanno contribuito a realizzare ha permesso al Paese, soprattutto in alcuni passaggi particolarmente difficili e impegnativi, di evitare pericolosi salti nel buio.

Ci troviamo dentro processi di cambiamento che si fanno sempre più accelerati.

Occorre naturalmente il coraggio di guardare la realtà senza filtri di comodo. Alle antiche diseguaglianze la stagione della pandemia ne ha aggiunte di nuove. Le dinamiche spontanee dei mercati talvolta producono squilibri o addirittura ingiustizie che vanno corrette anche al fine di un maggiore e migliore sviluppo economico. Una ancora troppo diffusa precarietà sta scoraggiando i giovani nel costruire famiglia e futuro. La forte diminuzione delle nascite rappresenta oggi uno degli aspetti più preoccupanti della nostra società.

Le transizioni ecologica e digitale sono necessità ineludibili, e possono diventare anche un’occasione per migliorare il nostro modello sociale.

L’Italia dispone delle risorse necessarie per affrontare le sfide dei tempi nuovi.

​Pensando al futuro della nostra società, mi torna alla mente lo sguardo di tanti giovani che ho incontrato in questi anni. Giovani che si impegnano nel volontariato, giovani che si distinguono negli studi, giovani che amano il proprio lavoro, giovani che – come è necessario – si impegnano nella vita delle istituzioni, giovani che vogliono apprendere e conoscere, giovani che emergono nello sport, giovani che hanno patito a causa di condizioni difficili e che risalgono la china imboccando una strada nuova.

I giovani sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani. 

Alle nuove generazioni sento di dover dire: non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società.

Vorrei ricordare la commovente lettera del professor Pietro Carmina, vittima del recente, drammatico crollo di Ravanusa. Professore di filosofia e storia, andando in pensione due anni fa, aveva scritto ai suoi studenti: “Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa. Voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare…”.

​Faccio mie – con rispetto – queste parole di esortazione così efficaci, che manifestano anche la dedizione dei nostri docenti al loro compito educativo.​​​​

Desidero rivolgere un augurio affettuoso e un ringraziamento sincero a Papa Francesco per la forza del suo magistero, e per l’amore che esprime all’Italia e all’Europa, sottolineando come questo Continente possa svolgere un’importante funzione di pace, di equilibrio, di difesa dei diritti umani nel mondo che cambia.

Care concittadine e cari concittadini, siamo pronti ad accogliere il nuovo anno, ed è un momento di speranza. Guardiamo avanti, sapendo che il destino dell’Italia dipende anche da ciascuno di noi.

Tante volte abbiamo parlato di una nuova stagione dei doveri. Tante volte, soprattutto negli ultimi tempi, abbiamo sottolineato che dalle difficoltà si esce soltanto se ognuno accetta di fare fino in fondo la parte propria.

Se guardo al cammino che abbiamo fatto insieme in questi sette anni nutro fiducia.

L’Italia crescerà. E lo farà quanto più avrà coscienza del comune destino del nostro popolo, e dei popoli europei.

Buon anno a tutti voi!

E alla nostra Italia!   

Roma, 31/12/2021 … dal Quirinale…

  Giuseppe De Nicola  

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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