Mektoub, my love-canto uno…

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… di Abdellatif Kechiche con Shain Boumedine, Salim Kechiouche (2017)

Estate 1994. Il giovane fotografo Amin torna nel suo paese per le vacanze, nel Sud della Francia. Tra amici e familiari, ritrova anche il cugino Toni con la sua splendida fidanzata segreta, Ophelie, promessa sposa ad un militare; attraverso la ragazza Amin scopre le nuove sensazioni della scoperta dell’amore.
Dal regista Palma d’oro per “La Vita di Adèle” non si ci poteva non aspettare un altro gioiello di film; un inno alla bellezza lo si potrebbe definire, luminoso ed entusiasta racconto di un’educazione sentimentale all’amore ma soprattutto all’Eros e alla scoperta dei sensi.

La capacità di Kechiche di raccontare ciò che ci mostra è tale da animare ogni scena anche solo di sguardi e intenzioni che lasciano presagire un incontro ancor prima che avvenga.

Lo spettatore è ipnotizzato da movimenti di macchina da presa che lo avvolgono e scuotono continuamente in una danza di immagini e un montaggio mai banale ma costruito attorno a uno scopo.

Il regista spia , con un intento voyereuristico, attraversa i vetri delle finestre, mira a sconvolgere chi non concepisce il suo modo di vedere il Cinema come necessariamente realistico nel raccontare l’amore e i sentimenti in generale  e fa pensare turbando .

Si può restare scandalizzati a volte ( com’era già successo per Adèle) per l’ ardire nel racconto, ma non si riesce in parte a non annuire inconsapevolmente dinanzi alla necessaria visione realistica del regista.

Le donne, la loro carnalità, il loro essere messe “a nudo” nel vero senso della parola , possono sicuramente lasciare un po’ colpiti in modo negativo se le si considera fini a se stesse.

Ma, se si va aldilà della mera “esposizione “, se la si considera in una visione più ampia qual’era l’intenzione dell’autore di essere “Vero” fino in fondo, di catturare “l’attimo” tipicamente adolescenziale, di immortalare l’ effimero e illusorio panorama della gioventù, non si può non considerare i suoi film come dei “viaggi” estremi , senza limiti, come tanti altri artisti “maledetti” hanno sempre fatto.

Ma, un viaggio da spettatore.

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Sandra Orlando

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Sandra Orlando
Sono Sandra Orlando, mamma di Anna e Andrea, laureata in Lingue e insegnante. Faccio parte dell'Associazione Accademia e collaboro come Editor a SCREPmagazine. Dal 2020 Sono redattrice ed Editor nella redazione della rivista di Cinema Taxidrivers per cui ho ricoperto il ruolo di Programmatrice e Head of editorial Contents . Amo la letteratura, il cinema, la musica ed in genere tutto ciò che di artistico “sa dirmi qualcosa”. Mi incuriosisce l'estro dell'inconsueto e il sorriso genuino dell'umiltà intelligente.  Scrivere fa parte di me. 

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