Medioevo: società primitiva?

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Pregiudizio e Falso storico

C’è qualcosa di negativo che affligge la società? C’è qualcosa che si vuol distruggere?

E allora via con le tipiche espressioni denigratorie che hanno marchiato a fuoco un periodo storico che qualche traccia di positivo deve pur aver lasciato: “Siamo tornati al Medioevo”, “Questa è una mentalità da Medioevo”.

Per non parlare, riprendendo un articolo del giornalista Marco Brando, “di alcune citazioni in salsa medievista” che nel corso del tempo hanno visto protagonisti alcuni politici… e che del “stiamo tornando al Medioevo” ne hanno fatto un mantra politicamente corretto.

Matteo Salvini: “Mi fa schifo, è roba da Medioevo”; Roberto Speranza: “Salvini non tenti di riportare l’Italia al Medioevo”; Luigi Di Maio: “I vitalizi sono un privilegio medievale”; Riccardo Magi: “Dalla rivoluzione liberale Berlusconi passa ufficialmente alla rivoluzione medievale”; Silvio Berlusconi: “La magistratura gode di privilegi medievali”; Giorgia Meloni: “Piuttosto che andare verso la terza Repubblica stiamo tornando al Medioevo”; Stefano Fassina: “Noi vogliamo una città moderna e all’avanguardia, non un ritorno al Medioevo”; Beppe Grillo: “Viviamo nel Medioevo dell’energia”; Nicola Fratoianni: “Sui diritti civili siamo nel Medioevo”; Matteo Renzi: “Hanno votato per riportarci nel Medioevo”…

Insomma, Medioevo sinonimo di epoca buia, tetra, di luogo oscuro, di periodo di regresso e immobilismo.

L’ultima prova di questo modo di intendere e descrivere il Medioevo?

I fatti accaduti in Afghanistan.

Mi viene incontro, al riguardo, la medievista Gabriella Piccinni che, in un articolo su culture.globalist.it, sottolinea come in tutto l’orrore prodotto dalle tragiche notizie che ci sono pervenute da Kabul una certezza quasi granitica ha sostenuto giornali, televisioni, social, commentatori di tutti i livelli. Non è colpa dei talebani, delle ambiguità degli americani, della politica flaccida degli europei, non è colpa di culture patriarcali e maschiliste, degli estremismi religiosi, degli interessi dei signori della guerra o del mercato della droga. Non è colpa ‘nostra’, insomma, giammai! E’ tutta colpa di un Medioevo che non ci vuole lasciare”.

E ancor di più affonda il bisturi.

“Secondo questi ignorantissimi commentatori se non ci fosse stato il Medioevo saremmo oggi nel proseguo di un fulgido e mai interrotto rinascimento.

Staremmo come papi, come topini nel formaggio.

Tutti lì a dipingere e arredare, a progettare palazzi, satolli di buon cibo, vestiti di broccati e coperti di gioielli.

Con la mente aperta, a parte un po’di Inquisizione, qualche strega da bruciare e qualche reclusorio pieno di mendicanti. Del resto non si può avere tutto.

Sarebbe tre volte Natale e Pasqua tutto l’anno”.

Un bel paradosso…

Sì… e non è finita!

Insomma alle donne afghane potrebbe finalmente tornare il sorriso se buttassimo giù la torre di Pisa e il Duomo di Milano.

Se bombardassimo tutti i palazzi del potere politico, i castelli, le torri e le rocche che ci troviamo sulla strada e diverse splendide cattedrali, chiese, abbazie e parecchi ospedali e Università, naturalmente, perché molti sono sorti proprio nel medioevo”.

Altro?

Se capita, mi raccomando, non dimenticate di bruciare tutte le copie della Divina Commedia che avete in casa, anche i riassunti del liceo.

E già che ci siete anche il Canzoniere del Petrarca e il Decameron. E gli ulivi millenari, necessariamente piantati nel buio medioevo.

Non è la prima volta che lei si ribella all’uso della metafora del Medioevo come epoca primitiva…

Assolutamente no!

Torno fino alla noia contro l’uso della metafora del Medioevo come società primitiva perché sono convinta che la rimozione delle nostre responsabilità di contemporanei si traduca, alla fine, in un processo autoassolutorio, che ci esime da pensare troppo e da metterci davvero in discussione: perché se tutto ciò̀ che non ci piace della società̀ contemporanea è chiamato “fanatismo medievale”, allora questa nostra società̀ non ha bisogno di prendere coscienza delle proprie arretratezze, né di riconoscerle, alla fine nemmeno di combatterle.

E gli storici che dicono?

Agli storici gli stereotipi negativi sul Medioevo sono assai familiari.

Alcuni ormai sospirano sull’ignoranza diffusa e tirano a campare.

Altri se ne lamentano forte, ma poi si rassegnano come si fa davanti a una battaglia perduta.

Altri ancora si consolano pensando che questa immagine sia comunque residuale, se non nell’opinione pubblica nel suo complesso, almeno nella scuola grazie ai buoni manuali prodotti negli ultimi decenni.

Ma non c’è nulla di nuovo all’orizzonte?

Sì, nell’aria c’è qualcosa di nuovo.

I tanti studiosi delle società medievali, che da tanto tempo hanno spostato l’attenzione sui loro elementi dinamici e innovativi, sembra vogliano finalmente rimboccarsi le maniche per provare a spiegare e rispiegare, come stavano le cose, ribaltando la metafora del Medioevo come società primitiva, pericolosa e arretrata. Ecco l’idea: provare a creare un collegamento, una ricostruzione ‘sistemica’, tra le tante forme di ‘creatività’ che connotarono i differenti momenti del millennio medievale.

Come arrivare a questi risultati?

Il 7-10 ottobre prossimi il XXVIII convegno internazionale di una istituzione prestigiosa, il Centro italiano di studi di storia e d’arte di Pistoia, sarà dedicato proprio a Medioevo che crea: innovazione, invenzione e sperimentazione .

Gli storici, tra i quali nomi prestigiosi e noti, come quelli di Cardini, Todeschini, Carrocci, Vallerani, si misureranno con questa impresa ambiziosa scegliendo come terreno di analisi l’Italia nei secoli del suo più accentuato sviluppo, della fase più conclamata di mutamento, tra la metà X secolo e la metà del XIV, anche se le origini dei processi di cambiamento potrebbero condurre a guardare un po’ più indietro rispetto al termine di partenza e le loro conseguenze e a spingere un po’ oltre il punto di approdo.

Si tratta probabilmente di un tentativo temerario, se non altro perché il numero dei fenomeni osservabili è potenzialmente elevato e i criteri di selezione sono sempre perfettibili. Ma intanto si cominceranno a mettere al centro dell’attenzione i cambiamenti e le novità nelle forme del potere e nell’organizzazione della vita civile, nella città e nei servizi, nella tecnica, nella società e nell’economia economia, nelle trasformazioni del sapere, nei nuovi linguaggi, idee e rappresentazioni”. 

E finalmente potremmo avere una visione diversa del Medioevo, prendere coscienza di quanta ricchezza resti nascosta e sconosciuta ai più su questo periodo, che senza quell’età storica non saremmo culturalmente ciò che siamo, non essere più circondati da tanti luoghi comuni negativi e, come scrive lo storico francese Jacques Le Goff, “non dimenticare che gli uomini e le donne medievali sono i nostri antenati, che il Medioevo è stato un momento essenziale del nostro passato e che quindi un viaggio nel Medioevo potrà dare il duplice piacere di incontrare insieme l’altro e noi stessi”.

Assolutamente sì!

Quindi… giù le mani dalla storia e dal Medioevo.

 Vincenzo Fiore

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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Vincenzo Fiore
Sono Vincenzo Fiore, nato a Mariotto, borgo in provincia di Bari, il 10 dicembre 1948. Vivo tra Roma, dove risiedo, e Mariotto. Sposato con un figlio. Ho conseguito la maturità classica presso il liceo classico di Molfetta, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Bari con una tesi sullo scrittore peruviano, Carlos Castaneda. Dal 1982 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti. Amo la Politica che mi ha visto fortemente e attivamente impegnato anche con incarichi nazionali, amo organizzare eventi, presentazioni di libri, estemporanee di pittura. Mi appassiona l’agricoltura e il mondo contadino. Amo stare tra la gente e con la gente, mi piace interpretare la realtà nelle sue profondità più nascoste. Amo definirmi uno degli ultimi romantici, che guarda “oltre” per cercare l’infinito e ricamare la speranza sulla tela del vivere, in quell’intreccio di passioni, profumi, gioie, dolori e ricordi che formano il tempo della vita. Nel novembre 2017 ho dato alle stampe la mia prima raccolta di pensieri, “inchiostro d’anima”; ho scritto alcune prefazioni e note critiche per libri di poesie. Sono socio di Accademia e scrivo per SCREPMagazine.

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