Armando Pannone e il suo “mestiere” di scrivere
Caso o serie di coincidenze l’incontro e la conoscenza di Armando Pannone, scrittore, analista politico, medievista e conferenziere?
Credo proprio di no!
Penso invece che l’incontro e la conoscenza di Armando Pannone, delle sue opere, della sua attività culturale e giornalistica sono da attribuire al sentimento, al cuore e alle emozioni, alla ragione e alla volontà di cercare sempre nuovi stimoli per dare vita a una rinnovata creatività e generatività, far lievitare sempre più la fantasia e la realtà di come si è.
Fiore – Il tuo racconto di scrittore, caro Armando…
Pannone – Raccontarsi non è mai facile, specialmente per uno scrittore, perché il rischio dell’autocelebrazione è dietro l’angolo.
È invece necessario restare umili e attenti a ciò che accade intorno a noi e dentro di noi. È questo il compito di chi cerca di descrivere il fluire della nostra esistenza.
Fiore – Cosa o chi ti ha avviato al “mestiere” di scrivere?
Pannone – L’influenza di mio padre Raffaele, pittore, giornalista, poeta, scrittore, è stata per me fondamentale. Mi ha spinto a leggere molto, da giovanotto e, infatti, ho divorato i romanzi di avventure e fantasia, da Verne a Stevenson, a Salgari.
Fiore – Insomma tutto quello che oggi non si fa più…
Pannone – … purtroppo! Io, comunque, ho tratto davvero tanto beneficio da quelle spinte.
Durante la II Guerra Mondiale, mio padre, allora ragazzino, era stato salvato dagli americani, che, avendolo trovato da solo sui monti del Matese, lo avevano condotto con loro fino a Napoli, come una mascotte, e affidato ad alcuni parenti.
Mio padre è rimasto sempre grato a quei ragazzoni che si erano presi cura di lui.
Mi ripeteva sempre di imparare l’inglese, la lingua del futuro, diceva, cosa che feci con interesse e profitto. Piano piano, mi avvicinai a questa cultura e così, dai sedici ai vent’anni, mi dedicai alla lettura di autori americani e, soprattutto, di Hemingway, per me un maestro, dallo stile asciutto, nervoso, essenziale. Un Mito.
Fiore – E quindi?
Pannone – Decisi di diventare un giornalista, affascinato dall’allure romantica del grande personaggio, inviato di guerra, amante di Parigi, della Spagna e di Cuba. E l’Africa, poi: ti sentivi proprio lì, leggendo le descrizioni di quei tramonti…
E sempre alla ricerca di uno stile razionale e rigoroso, memore delle preziose lezioni del maestro Antonio Ghirelli, fui colpito dal pensiero di Hegel e dalla filosofia degli autori attenti ai disagi dell’uomo, come Lacan, Pirandello, Freud, Jung ed alle dinamiche sociali spersonalizzanti, come Weber, Russell, Dahrendorf.
Fiore – Questo tuo interesse per la filosofia ti portò a…
Pannone – … a partecipare a un concorso filosofico nazionale con il saggio “La Dimensione Totale” e a vincere il primo premio.
Fiore – In seguito?
Pannone – Mi dedicai intensamente al giornalismo ed alle conferenze.
Nel periodo degli Anni di Piombo, scrissi “Raptus”, un romanzo che parlava di terrorismo: importante, per me, non solo per l’argomento ma anche perché ne vendetti molte copie, distribuendole in formato pocket presso le edicole ed alla stazione ferroviaria di Napoli.
Una strategia di vendita innovativa per i tempi che rafforzò in me il convincimento che scrivere in maniera asciutta, in tono incalzante, quasi come una scenografia, era sicuramente efficace.
Il lettore doveva leggere tutto d’un fiato i miei libri e terminarli in poco tempo.
Nello spazio di un viaggio in treno, per esempio, e desiderare ancora di vivere altre avventure. Con gli stessi personaggi. La lezione di Simenon.
Questo mi piaceva e mi diverte ancora.
Si possono dire cose importanti senza essere ampollosi o fare sfoggio di cultura. Semplicità e ritmo, questo è il mio stile.
Con la maturità sono passato da un rigorismo analitico ad una visione più approfondita del mondo interiore dell’uomo.
Forse, le vicissitudini della vita, mi hanno avvicinato alla fede.
Ho scoperto un universo di passione, amore, empatia, grazie a Monsignor Raffaele Ferriero, teologo italiano molto noto in Francia, mio mentore e allievo a sua volta di Jacques Le Goff, il celebre medievista…
Fiore – E hai conosciuto il Medioevo…
Pannone – Sì, ho conosciuto questo periodo storico, a torto ritenuto buio, la cui complessità mi ha affascinato insieme ai tanti misteri ancora ammantati da ignoranza e reticenza e mi ha introdotto nella vera storia di un’era tanto controversa ma ricca di fermenti religiosi e culturali.
Fiore – E nel 2012, insieme ad altri studiosi, hai fondato un Ordine cavalleresco dal nome evocativo, l’”Ordine Templare dei Cavalieri di Salomone”, di cui sei il Gran Siniscalco, Priore Internazionale e Gran Maestro Vicario. Me ne vuoi parlare?
Pannone – Il neotemplarismo è un fenomeno associativo che conta tantissime declinazioni. Gli affiliati, perlopiù, operano nel campo della beneficenza e della simbiosi con la Chiesa.
La realtà dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio di Salomone, di cui, come tu hai detto, sono uno dei Padri fondatori, insieme al Dott. Francesco Vecchio e ad altri Maestri, è diversa perché operiamo nel campo della diffusione della cultura, delle ricerche storiche e propugniamo il libero pensiero.
Preferiamo tenere conferenze più che partecipare solo a funzioni religiose.
Proprio perché apparteniamo ad una società sempre più tecnologica e tecnocratica, riteniamo necessario trasmettere germi di verità, proposte culturali che amplino la mente e facciano rielaborare il passato, per chi ne ha voglia, alla luce di studi e prospettive diverse da quelle convenzionali, che appiattiscono la volontà di ricercare e quindi abbassano la qualità della crescita personale, tendendo all’omologazione generazionale.
Fiore – Alla luce di quanto mi dici sono dell’avviso che ti sei avviato alla scrittura di romanzi apparentemente d’avventura e di fantasia per meglio veicolare alcune scoperte sensazionali…
Pannone – … e per accendere i riflettori sul mondo del neotemplarismo e mostrare i risultati delle ricerche e degli studi svolti.
Ti confesso che mi sono stupito io stesso del successo che hanno ottenuto questi libri, dal background rigoroso ma dallo stile glamour.
Fiore – Evidentemente una formula apprezzata e da applausi, una formula che io stesso ho molto condiviso avendo letto i tuoi “I Rotoli di Gerico” e “Maath Ra”. Che fai? Mi diventi rosso?
Pannone – Già! E sai perché?
Fiore – Perché?
Pannone – … per il bel contropiede con cui mi hai affrontato!
Fiore – Dai, riprenditi e continua il tuo racconto… anche perché non vedo l’ora di gustare un buon caffè accompagnato da una buona sfogliatella…
Pannone – Ho iniziato con “Le cripte del Sebeto”, il fiume sotterraneo che scorre ancora nella Napoli sotterranea, poi è stata la volta de “La Rotta del Graal”, in cui affronto il tema del rapporto tra Templari e Fratelli Muratori.
Fiore – E “Athanor”?
Pannone – Parla dell’intelligenza artificiale e del mistero del Codice Voinich, il manoscritto più strano del mondo. Poi è arrivato “I rotoli di Gerico”.
Da tempo volevo ambientare un romanzo in Israele e a Gerusalemme. Comincio a sfogliare un libro sui Rotoli del Mar Morto e in me nasce la curiosità di addentrarmi nel mistero della loro traduzione, bloccata per anni, ostacolata da studiosi di diverse religioni e non del tutto completata.
Ho scritto poi “La Croce di Ghiaccio”, ispirata alla leggenda o alla storia, se preferite, della scoperta dell’America da parte dei Templari circa 150 anni prima di Colombo, utilizzando le rotte conosciute dai Vichinghi.
L’ultimo romanzo che, per ora, completa La Saga di Salomone, è stato “Maath Ra”, sull’origine di Matera, la vera origine , che celebra anche un personaggio importante come il Doctor universalis, Alano da Matera, famoso astronomo medievale alla corte di Filippo il Bello.
Fiore – … ma non è tutto o mi sbaglio?
Pannone – Aderisco alla Teoria degli Antichi Astronauti, i miei libri si richiamano agli A-Files (Alien Files), e scrivo saggi sui Templari e sulla loro continuità storica con la Massoneria, come Novus Ordo Templi.
I miei saggi sono stati accolti nel ristretto ambito accademico, mentre il romanzo ha conquistato spazi diversi di pubblico e di interessi. Le mie storie, anche se in una veste magari fascinosa ed accattivante, nascondono un fondo di verità e sono suffragate da serie ricerche storiche.
La mia adesione alla Teoria degli Antichi Astronauti è stata dovuta al fatto che nelle mie ricerche, motivate da puro amore per una conoscenza non dogmatica o assertiva, ho collegato fatti e circostanze in maniera diversa dalla narrazione convenzionale e a volte superficiale con cui si classificano i fenomeni storici, sociali, scientifici.
Fiore – Come classifichi i tuoi libri?
Pannone – … come appartenenti al genere exotheric – thriller.
Fiore – I protagonisti dei tuoi romanzi sono frutto di fantasia o legati alla realtà che ti circonda?
Pannone – I miei romanzi si ispirano a personaggi reali. Mi piace immergerli in un’atmosfera di mistero, tra spie e sette che si sfidano per accaparrarsi misteriosi oggetti spesso provenienti dal futuro. Scenari alla James Bond, per intenderci, dal ritmo incalzante, almeno ci provo.
Per “I rotoli di Gerico”, per esempio, avevo la storia, l’ambientazione, ma mi mancava un anello di saldatura tra le diverse fasi di sviluppo della trama.
Finalmente la trovai in Paola Francesca Natale, soprano e attrice, incontrata per caso in occasione del ritiro di un prestigioso premio conferitole per la sua attività artistica.
Era la figura adatta con il nome di Francoise Noel per modellare sulla sua attività e sulla sua personalità il libro.
Ed è poi diventata uno dei personaggi ricorrenti negli altri miei romanzi.
Le ho fatto vivere tante avventure nei miei libri ma, credetemi, ne è valsa la pena.
Paola Francesca ovvero Francoise è una donna eccezionale, spiritosa e sensibile, come, del resto, i personaggi femminili dei miei libri: donne bellissime ma soprattutto forti, generose, eroine del Bene.
Fiore – Un tuo modo per celebrarle?
Pannone – Assolutamente sì! È il mio modo di celebrarle. E non conosco mezze misure. Le esalto e le ammiro.
Proprio per questa ammirazione profonda per la Donna, mi sto dedicando alla poesia, il genere letterario più romantico, dolce e difficile in cui uno scrittore possa cimentarsi.
Ho appena pubblicato la Raccolta “Acqua nel Deserto”, che porterò al prossimo Salone del Libro. E poi, vedremo…
Fiore – Lo scrivere, per te?
Pannone – Scrivere, per me, è come fumarsi una sigaretta. Fa male ma lo fai lo stesso.
Scrivere è emozionare ed emozionarsi. Mi fa sognare, dà un senso alla mia vita.
Cosa posso volere di più?
Vincenzo Fiore