Linguaggio e lavoro: sociale o individuale

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Gli strumenti essenziali di cui si serve e si è servito l’uomo, sono linguaggio e lavoro.

Sin dall’inizio dell’evoluzione tanto la fabbricazione quanto il successivo perfezionamento degli strumenti di lavoro, furono possibili solo attraverso la collaborazione di molti individui.

L’utilizzazione degli strumenti di lavoro in cooperazione ed in comune, dovettero necessariamente condurre al bisogno di comprendersi e di trasmettersi le esperienze.

Questo bisogno creò una struttura, portando, con il linguaggio articolato, ad una forma di comunicazione completamente nuova, tipicamente umana, che costituì, contemporaneamente la base materiale del pensiero.

L’acquisizione del linguaggio, rendendo possibile lo sviluppo del pensiero, indubbiamente influì efficacemente sull’evoluzione dell’uomo.

Viene così confermata la tesi di Friedrich Engels (filosofo, sociologo) secondo la quale il linguaggio ed il lavoro furono i due stimoli essenziali sotto l’influsso dei quali si completò gradualmente il processo di umanizzazione.

Questo ci riporta ad oggi, alla nostra contemporaneità, in cui sembra che questa umanizzazione sia stata azzerata, perché non c’è più per tutti la dignità del lavoro e anche la comunicazione non è più sociale ma individuale.

La discriminazione la fa da padrona e non esclude nessuno: ne è colpita la persona più semplice perché emarginata perché non ha problemi apparenti, la persona con differenze religiose, culturali, politiche, fisiche e via discorrendo.

Ma questo spirito di aggregazione e inclusione di cui tanto si parla a volte sembra un miraggio.

La comunicazione si basa sul feedback: risposta-reazione (effetto retroattivo) di un messaggio o di una azione su chi li ha promossi, detta azione di ritorno. Quindi ad ogni azione-parola c’è una reazione.

Il saper parlare, l’uso corretto del linguaggio non è sufficiente per la comunicazione, perché sia efficace bisogna saper ascoltare e comprendere.

Chissà! Per il momento ci salutiamo, tanto queste sono solo parole…

…di Simona Trunzo

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