Le foto di famiglia

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Mio padre, per quasi 50 anni, ha svolto la professione di fotografo.

Un fotografo “vero“, senza ausilio della tecnologia, quando tutte le foto erano sviluppate nello studio fotografico, in una camera oscura dove c’erano vaschette con gli acidi di sviluppo e fissatori.

Altri tempi, altri modi di svolgere un’attività così particolare negli anni ’60, per il sud Italia. Tra le migliaia di foto che i miei genitori hanno in casa, ci sono quelle scattate durante serate estive al mare nei locali, e feste patronali.

Sono foto di cantanti degli  anni ’60 e ’70, quelli famosi allora.

E una foto che sono andata a ricercare, questa settimana, è quella di Nada, perché settimane fa la RAI ha mandato in onda un film a lei dedicato.

Nada era una bambina prodigio della musica italiana, ed è ancora oggi l’adolescente che conquistò tutti cantando “Ma che freddo fa“.

Un’apparizione indimenticabile che le regalò una popolarità incredibile.

Il film andato in onda mercoledì, ha raccontato i primi 15 anni della cantante e il rapporto complesso con la madre.

Nata nel 1953 vicino Livorno, Nada Malanima era figlia di un clarinettista e di Viviana, una donna che ha sofferto di una forte forma di depressione.

Lo strano nome della cantante fu scelto dalla madre perché una zingara, che si chiamava Nada, le predisse il futuro leggendole la mano.

Nada da piccola, viene spinta dalla madre a cantare alle feste di paese, a scuola e in Chiesa.

Controvoglia, a 14 anni, Nada viene iscritta a una scuola di musica, dove un talent scout l’invita per un’audizione.

Debutta nel 1969 a Sanremo con la canzone che le cambierà la vita: “Ma che freddo fa“.

La giovanissima ragazzina toscana non ha nemmeno 16 anni, ma ha una voce così matura per la sua età che le regala un successo clamoroso.

Nada spazza via il ricordo di Gigliola Cinquetti, non solo per come canta la disperazione di un amore ferito, ma per come si presenta con un look che per l’epoca è audace.

Vestita da un mini-abito bianco e da stivaloni coordinati.

È l’immagine di una adolescente ribelle, eppure molto perbene che vincerà poi Sanremo.

La casa discografica la obbliga a lasciare la scuola e a esibirsi continuamente in giro per tutta Italia.

Appena ventenne si trova prigioniera di un sistema che la considera una macchina di hit musicali e purtroppo finisce per ammalarsi di anoressia.

Stanca decide di mollare tutto e andarsene in America.

Al ritorno comincia a collaborare con il poeta Piero Ciampi.

L’abbandono della facile canzonetta pop per quella di autore, coincide per lei con l’incontro del compagno di una vita che è Gerry Manzoli.

Bassista dei Camaleonti, il ragazzo fa breccia nel cuore della giovanissima cantante, che con lui lascia Roma per andare a vivere nella campagna toscana.

Una vita ritirata e, dopo la nascita della figlia Carlotta, si allontana dalla musica.

Ci pensa Gerry a convincerla a riprovarci.

E arriva il successo con “Amore disperato“.

Grazie al sostegno del marito, in pieni anni ’80, Nada torna agguerritissima, sulla scena musicale abbracciando le nuove sonorità tipiche dell’epoca.

La canzone diventa un tormentone e le fa vincere il FestivalBar e Vota la Voce.

Di pari passo, cambia anche il look, e la sua chioma passa da hippie a quelle tipiche di quegli anni.

La vita di Nada è descritta in un libro autobiografico “Il mio cuore umano“.

Nel libro viene descritta come una bambina che non vuole mangiare, non ha fame.

Ha bisogno di attenzioni ma è una bambina invisibile, lei nota tutto, ogni dettaglio, ma nessuno si accorge di lei.

Aveva l’abitudine di girare per le strade senza una meta e fantasticava e immaginava come si vivesse dentro quelle case.

Immaginava una grande stanza al centro, con un camino sempre acceso e di fianco una scala di legno che conduceva nell’unica camera da letto spoglia come la sua.

È il racconto malinconico di una ragazzina che ha dovuto fare i conti, con tante difficoltà e privazioni.

Una voce che all’inizio non riusciva ad emergere con una vita che sembrava non poter controllare.

Leggendo queste pagine, si ha davvero l’impressione di leggere la confessione di una donna che, dopo anni e grandi cambiamenti fa pace con il suo passato fino a rimpiangere la sua vita in paese. Il mio cuore umano, è come un sussurro che arriva alle nostre orecchie.

Alla fine del libro sono presenti anche alcune fotografie.

Nada Malanima si denuda di fronte a noi, niente segreti, nessun artificio letterario.

Avrei voluto che il libro durasse di più.

Angela Amendola 

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