D’Annunzio e le donne

190806

Non so che darei per averti qui tra le mie braccia… Fuori il sole abbaglia; si sente il rumore del mare; in un vaso i gigli mandano un profumo acutissimo spirando; le cortine dei balconi ondeggiano come vele in un naviglio. Io ti chiamo, ti chiamo, ti chiamo.”

Abbiamo capito leggendo le sue biografie che le donne sono proprio necessarie alla creatività di D’Annunzio.

D’altra parte è impossibile per le donne non rimanere soggiogate dal fascino del Vate che esercitava l’arte di una seduzione fatta di simboli e segrete carezze non solo al corpo ma, soprattutto, all’anima.

Ma passato il fuoco iniziale, D’Annunzio suscitava nelle sue donne una profonda lacerazione, condannandole a un dolore intenso…

Irresistibilmente passionale fu il suo rapporto con Barbara Leoni, bella e provocante, sarà la protagonista del “Trionfo della morte“.

Sofferente e clandestino invece, quello con Giuseppina Mancini, fatto di incontri segreti e scenate di gelosia che portarono la sfortunata allo squilibrio mentale.

Una relazione che gli diede tre figli, ma complicata e dolorosa, fu quella con Maria Hardouin di Gallese, vissuta tra sospetti e tradimenti fino addirittura al tradimento con la madre di lei.

In convento finì, invece, i suoi giorni la splendida e trasgressiva Alessandra di Rudinì Starabba, dapprima restia dinanzi al corteggiamento del poeta ma poi irrimediabilmente caduta nella sua “rete mortale“.

Ma la più tragica tra le turbolente relazioni dannunziane, fu quella con Maria Gravina che gli costò persino una condanna a 5 mesi di reclusione per adulterio dopo la denuncia del marito di lei.

Da questo rapporto nasce una figlia, Renata e un altro, quando il rapporto si era ormai concluso, che il poeta si rifiutò di riconoscere.

Era, già iniziato l’idillio con la Divina, Eleonora Duse, la donna più importante della vita del poeta.

Parallelamente alla nascita di questo nuovo amore, il poeta realizza una fitta produzione: “Il Fuoco”, “Sogno d’un mattino di primavera”, “Sogno d’un tramonto d’autunno”, “La città morta”, “La Gioconda”, “Francesca da Rimini”, “La figlia di Jorio”…

L’incontro fra la Duse e D’Annunzio è stato vitale.

La Divina era l’unica capace di mettere sulla scena l’anima e probabilmente i testi dannunziani, senza le sue incantevoli interpretazioni non avrebbero mai avuto un successo.

Eleonora, fragile e malata, diede al poeta più di quanto avessero fatto le altre, con la sua passione e la sua generosità.

Una vita, quella di Gabriele d’Annunzio, caratterizzata dalla continua ricerca sia in ambito emotivo che sentimentale, testimoniata tra l’altro dalle migliaia di lettere.

La sua vita e le creazioni artistiche si intrecciano al Vittoriale.

Là D’Annunzio vive tantissimi incontri fino alla solitudine della vecchiaia, delineandosi come personaggio, scrittore, politico e grande amante.
Sensualistica, ferina e decadente” così Benedetto Croce definì la nota dannunziana, una nota mai sentita, fino a quel momento.

Protagonista de “Il Piacere e alter ego” di D’annunzio.

Andrea Sperelli inaugura un modello di vita tutto governato dal principio secondo cui “bisogna fare la propria vita come si fa un’opera d’arte“.

Mi chiedo spesso D’Annunzio è veramente l’amante che tutte vorremmo avere?

Le donne se lo contendono e lo accudiscono. Tutto in una situazione coinvolgente ed eccitante fra dramma e commedia.

Nelle stanze del Vittoriale di giorno lui le cerca, le manovra a suo piacimento, le eccita e sobilla tra loro, mentre di notte, seduto allo scrittoio, litiga con Mussolini e dialoga con Eleonora Duse, la donna che non c’è più nella sua vita, l’unica veramente amata e da cui fu riamato.

La custode delle clarisse al Vittoriale.

Era il 1911 e Gabriele d’Annunzio cercava disperatamente una guardarobiera per la sua dimora francese. La trovò nella contadina Amélie Mazoyer, che ben presto lo coadiuvò in altre piacevoli attività, fu per lui concubina, confidente, complice e amante.

Devota servitrice, per le sue apprezzatissime qualità viene ri-battezzata Aélis in assonanza col francese hélice, elica, per evocarne le virtù nella sua arte amatoria.

Conosciamo tutti Luisa Baccara e la Duse per ricordi scolastici, ma forse non Amelie Mazoy, che aveva ventiquattro anni e lui quarantotto quando la conobbe e la portò al Vittoriale.

Ne divenne la sua ancella, la governante delle donne di servizio, le “Clarisse”così le chiamava, e divenne la volenterosa assistente delle sue operazioni erotiche, talvolta come protagonista e come co-protagonista.

Non era bella. Era quella che si dice un tipo.

E allora perché d’Annunzio, che aveva avuto innumerevoli amanti, tra cui Eleonora Duse (la Marilyn Monroe dell’epoca), se ne incapricciò?

Lo diceva lui stesso…Perché aveva “una bocca meravigliosa” e “una mano donatrice d’oblio”.

Il Comandante l’aveva ribattezzata così, aveva la mania di ribattezzare tutti quelli che conosceva, le amanti soprattutto.

Esiste un diario, di Amelie, un diario segreto, il Vittoriale segreto ancora oggi inedito.

E’ un’opera sui moti dell’animo di uno scrittore negli ultimi anni di vita, vecchio ma vitalissimo, tragico e comico, circondato e accudito dalle sue amanti, la pianista Luisa Baccara e la governante Amelie Mazoyer.

Quindi il “D’Annunzio segreto“, nel suo aspetto più nascosto e più autentico e umano, troppo umano.

Amelie è una figura particolare nella vita di D’Annunzio è un personaggio sconosciuto ai più, l’unica che non abbia avuto anche una vita pubblica, come la Duse.

I suoi diari raccontano tutte le dinamiche private del Vittoriale, i rapporti tra gli abitanti, tra D’Annunzio e le donne che venivano ricevute.

Angela Amendola

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1 COMMENT

  1. Perché non si parla mai di d’Annunzio come di un debosciato immorale e irresponsabile, quale è veramente stato. Come uomo, passatemi la parola, un ces.. elegante? Ma voglio chiedere l’eleganza, per caso, è una paccottiglia di stili accumulati in montagne di oggetti? Sicuramente una personalità a sé stante, “tipo da bordello” pur avendo un intelletto elevato ed essendo stato capace di fare quello che a nessuno, se non pochissimi, è riuscito di fare. Le donne lo hanno seguito perché era sfuggente e chi fugge vince, almeno fino ad una certa punto di rottura. Sicuramente una grande penna, il primo scrittore moderno.

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