La vecchia signora

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La filosofia si è occupata spesso della vecchia signora vestita di nero con la falce in mano: la morte. È naturale parlarne in un contesto in cui al centro del pensiero e dell’attenzione c’è l’uomo in tutte le sue manifestazioni e quindi la morte alla quale nessun uomo sfugge interroga, inquieta, dice fine ad ogni bellezza, ai sogni, a tutto. Quando arriva, anche se l’età è tarda, i sogni finiti, il dolore di chi resta è sempre intenso.

Trattando il tema della morte, i filosofi la considerano in modi diversi, coerenti con il modo di pensare di ognuno di loro.

Il filosofo Martin Heidegger (1889 – 1976) sostiene che la morte è << un’imminenza che sovrasta >> l’uomo << nel suo poter essere più proprio >>. L’uomo, però, vive la morte in modo inautentico come se essa appartenesse solo ad altri e ciò perché non riesce a pensarla senza provare un’angoscia profonda.

Per il credente la morte è un viaggio verso la vita eterna e quindi sembra spogliarsi di ogni doloroso dubbio.

Anche per Michel de Montaigne (1533 – 1592) filosofo francese, la morte trova un posto di tutto rilievo all’interno dei Saggi, corposo testo iniziato a scrivere quando aveva trentotto anni e compilato fino alla morte. In esso, per tutti questi anni, descrive di sé ogni cosa, cerca e parla con chi lo legge.

<< Nacqui tra le undici e mezzogiorno, l’ultimo giorno di febbraio 1533, come contiamo adesso, iniziando l’anno in gennaio. Sono appena quindici giorni che ho compiuto trentanove anni, preoccuparsi di pensare una cosa tanto lontana sarebbe follia. Ma via! Giovani e vecchi lasciano la vita allo stesso modo. >>

Per parlare della morte si rifà a quanto disse Cicerone: filosofare è imparare a morire. Nella vita impariamo che le cose sono mutevoli, cambiano continuamente, così è per la morte, essa può colpire una persona giovane o vecchia, può giungere all’improvviso o dopo una lunga malattia. In ogni caso, per il filosofo, ognuno vive il tempo che gli è destinato, tempo che non va sprecato: ogni istante, potendo essere l’ultimo, va utilizzato.

<< In qualsiasi momento la vostra vita finisca, è già tutta intera. L’utilità del vivere non è nella durata, ma nell’uso: qualcuna ha vissuto a lungo, pur avendo vissuto poco, badateci finché ci siete. >>

Per il cristianesimo -pensa Montaigne – la morte è conseguenza del peccato originale e porta con sé il tema del giudizio, quindi non sapere come si verrà giudicati. Ciò rende drammatico il momento del distacco dalla vita e Montaigne, pur essendo cattolico, considera la morte come un fatto naturale, connesso alla vita; è l’ultimo atto della vita, non il primo di un’altra.

Montaigne si allontana anche dai filosofi antichi e nonostante, a volte, si sia avvicinato ad Epicuro, non condivide di questi la famosa, ma per Montaigne, semplicistica frase:

<< Quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi >>.

Per Montaigne, la morte è qualcosa di profondo e doloroso, soprattutto per chi resta. La signora vestita di nero, con la falce in mano ha reciso la vita di Etienne de La Boetie, il suo più caro amico, a soli trentatré anni, già affermato scrittore politico e, per Montaigne, amico indimenticabile.

La stessa signora ha falciato la vita di ben cinque figli del filosofo. E’ vero che nel Cinquecento la mortalità infantile era ancora molto alta ma questi episodi avranno fatto capire che per sopportare il dolore è meglio affidarsi al ragionamento che ci dona anche la impassibilità necessaria a superare le difficoltà del momento.

La filosofia – pensa Montaigne – ha reso retorico il morire come se questo fosse il fine di un’intera esistenza. La vita può essere bella e la morte non è piacevole ma appartenendo a tutti, deve essere accettata come ogni altro evento della vita.

A questo proposito, il filosofo pensa che sia ammirevole la naturalezza con cui i contadini del suo paese, in epoche di carestie o epidemie, scavassero una fossa in cui essere messi in caso di morte. In questa semplice azione nota la naturalezza tipica del vivere che rivela una saggezza superiore a quella dei filosofi.

Spesso però, nota ancora Montaigne, il volgo tende a non pensare alla morte e quando ci pensa si terrorizza o si fa il segno della croce ed è per questo che non usa più la parola: morto. Dice, invece, ha vissuto, ha cessato di vivere, perché vivere è una parola che non ferisce e consola il pensiero.

E poi, mentre ormai il morto dorme per l’eternità incurante delle cose del mondo, <<…le grida delle madri, delle mogli e dei figli, la vista di persone sbigottite ed accorate, la presenza di una folla di servi pallidi e lagrimosi, una camera senza luce, dei ceri accesi, il capezzale assediato da medici e predicatori; insomma solo orrore e spavento intorno a noi. […] Felice quella morte che non concede il tempo sufficiente per i preparativi di un tale apparato. >>

Tale apparato serve ai vivi per esorcizzare la morte, Montaigne rifiuta tutto ciò, si ritira nella torre del suo castello dove si immerge nella lettura e nella scrittura ricordando che il vero dolore è muto, è dentro l’animo e non ha bisogno di manifestarsi, urla e pianti sono per gli altri, per dimostrare, talvolta falsamente, che si è addolorati.

<< Chi mi ha sputato in faccia finché c’ero, viene ad accarezzarmi i piedi quando comincio a non esserci più >>

Siamo nati per agire:<< Io voglio che si agisca e si prolunghino le faccende della vita finché si può, e che la morte mi trovi mentre pianto i miei cavoli, ma incurante di essa, e ancor di più del mio giardino non terminato >>

Nonostante Michel sia il nobile signore di Montaigne non desidera una fine gloriosa, ma una morte coerente con la sua vita. Ognuno ha la “sua” morte, in questo pensiero trovo tanto di ciò che dirà Heidegger, filosofo del Novecento che citavo prima. Egli riteneva che si potesse morire per un altro ma non al posto di un altro.

Pensieri tristi in momenti molto difficili e in cui, curiosamente, si discute anche in Parlamento di fine vita. Leggere Montaigne, apprezzare la sua sottile e corrosiva ironia, sprofondare nel disincanto del mondo è proprio ciò che ci vuole!

Gabriella Colistra

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