Era l’anno 1999 quando la scrittrice americana Tracy Chevalier pubblicò il romanzo “La ragazza con l’orecchino di perla“, ispirato a una delle opere più famose di Vermeer.
Ambientata nel XVII secolo in Olanda il libro narra la storia della ragazza ritratta nel quadro.
Il libro ha venduto oltre cinque milioni di copie in tutto il mondo, e questo prova come ci sia un’evidente curiosità da parte di molti sul lavoro di Vermeer.
Perché la “Ragazza con l’orecchino di perla” di Johannes Vermeer è un dipinto così popolare?
Soprannominato la “Monna Lisa del Nord“, ha iniziato ad avere riconoscimenti al pari del capolavoro di Leonardo Da Vinci.
È stato usato sulla copertina di molti libri d’arte e si può ritrovare anche su cuscini, sottobicchieri, magliette, borse, calze, valigie e altri souvenir.
E’ esistita davvero?
I dubbi su chi fosse veramente la bella fanciulla raffigurata nel quadro “Ragazza col turbante“, più noto come “Ragazza con l’orecchino di perla“, sono molti, soprattutto perché scarsa è la documentazione pervenuta fino ad oggi.
Tuttavia il fascino che lo sguardo della misteriosa ragazza, raffigurata nel dipinto del 1665, ha generato negli uomini ha fatto nascere tante leggende circa la sua identità.
Uno dei primi studiosi ad occuparsene fu Pieter Swillens, storico olandese che nel 1950 smentì l’ipotesi secondo cui la Ragazza con l’orecchino di perla fosse il ritratto di una figlia di Vermeer.
D’altro lato infondata sarebbe l’ipotesi secondo cui si tratti di un dipinto frutto della fantasia del pittore.
Questo perché un ritratto ideale non avrebbe mai potuto presentare tratti così personalizzati, come l’orecchino o la fascia azzurra tra i capelli della donna.
Inoltre il soggetto è colto in movimento e lo sguardo sembra guardare il pittore, come se appunto lo conoscesse.
Si presume la ragazza sia Griet, una giovinetta di sedici anni che per motivi di povertà è costretta ad andare a lavorare come domestica nella casa del pittore.
Quella di Griet è una natura duplice perché alla simulata castità del linguaggio del corpo si oppongono le passioni del cuore e le trasgressioni della mente.
Fin dall’inizio la Chevalier presenta Griet come un personaggio complesso e stratificato.
Sotto la superficie di un volto pulito che sembra non sapere nulla del desiderio, si nasconde la sua impetuosità.
Griet non mostra mai i capelli, li tiene sempre raccolti sotto la cuffia, perché essi la tradirebbero, rivelando agli altri il suo vero temperamento.
Questa strana unione di mite e selvaggio viene colta da Vermeer e immagina Griet che sta lavando le finestre del suo atelier e, sentendo la presenza del padrone nello studio, gira intimidita il capo verso di lui.
È questo il momento in cui il quadro nasce, e Vermeer traduce l’espressione sorpresa sul volto di lei in qualcosa che in quell’istante non c’è, ma che lui solo vede.
La ragazza, immortalata, intrattiene uno strano gioco di seduzione con lo lui.
Sul volto c’è una malizia.
E sulla tela, c’è anche ciò che non si vede, che vibra e aleggia nei giochi di luci e ombre che l’orecchino di perla crea.
Il dipinto è conservato al museo Mauritshuis, nei Paesi Bassi.
Jan Vermeer (Delft, 1632 – Delft, 15 dicembre 1675) è sicuramente l’esponente della pittura olandese del XVII secolo più conosciuto ed amato. Gran parte della sua vita è ancora avvolta nel mistero così come le sue opere e questo ne ha accresciuto il successo e la notorietà.
Si conoscono soltanto quaranta quadri, un numero esiguo per un artista così famoso, e pochissimi documenti che ci offrono l’immagine di questo pittore dal tratto unico e delicato ed attento alle dinamiche artistiche europee.
Sappiamo, dai documenti, che fu battezzato il 31 ottobre del 1632 a Delft, città nella quale rimase per tutta la vita, nella Nieuwe Kerk con rito protestante.
Si pensa, quindi, che nacque il giorno precedente, il 30 , da una famiglia della media borghesia, il padre era tessitore di seta e mercante d’arte.
Ben presto, nel 1641, i genitori acquistarono una locanda, chiamata la Mechelen, che il giovane pittore erediterà alla morte del padre.
Di notevole importanza è la sua conversione al cattolicesimo nel 1653, sicuramente avvenuta per poter sposare Catharina Bolnes, figlia di una ricca famiglia di Gouda con la quale ebbe 15 figli.
Il matrimonio portò al pittore un notevole innalzamento economico e sociale e la famiglia apprezzava ed invogliava la sua carriera artistica tanto che, il 29 dicembre dello stesso anno, Jan Vermeer fu ammesso in un’associazione di pittori che si interessava tra l’altro della formazione dei giovani artisti.
Nonostante la vendita dei quadri e le nuove commissioni le condizioni economiche della famiglia non furono mai ottimali ed alla sua prematura morte, avvenuta il 15 dicembre del 1675, il pittore lasciò pochi beni e molti debiti.
Angela Amendola
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