La “Pacchiana lametina”

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A Pacchjana

“Ppi si vistiri ‘a pacchjàna,

prima cosa si ‘nsuttàna;

carma, carma, senza affànnu

pùa si ‘mbùalica ‘ntr’ o pannu;

illu è nìuru o culuràtu,

assicùndu di lu statu:

è russu priputènti

s’ u marìtu l’ha vivènti,

è culùri ‘i vinu ammaccàtu

s’ u marìtu ‘unn ha truvàtu

ed è nìuru villùtu

s’ u marìtu cci ha murùtu.

Pùa si minti lla gunnèlla,

nìura, vìardi, brù ‘i franèlla,

si cci fha ‘n arrucciulàta,

‘a gunnèlla è già ‘mpadàta.

‘N àutru tùaccu pùa di fhinu

si lu dà ccu llu mbustìnu,

ma cchjù bella vo’ parìri

e ssi minti llu spallìari.

‘U mantisìnu ricamàtu

mìanzu pannu cci ha ‘mbarràtu;

prima ‘i jìri a llu purtùni

pìgghja llu fhazzulittùni;

quando nesci ppi lla strata

è cchjù bella di ‘na fhata!

‘A salùtanu d’ ‘i casi

‘a pacchiana ‘i Sambiàsi”

Francesco Davoli

Spesso mi viene in mente la figura della mia nonna paterna, la nonna Angelina, alla quale ero molto legata. Ho un bellissimo ricordo di lei, se chiudo gli occhi un attimo ecco che la vedo mentre si pettina i lunghi capelli. Non l’ho mai vista uscire di casa con i capelli sciolti sulle spalle, li aveva sempre acconciati in un toupet. Acconciava i suoi capelli con una treccia che poi attorcigliava. Mia nonna era vestita col costume tipico “sambiasino”, vestiva da Pacchiana, tipico abbiglimento delle donne calabresi risalente al 1600. Abbigliamento che è stato in uso fino a pochi anni fa vestito dalle donne più anziane del mio paese che cercavano di mantenere vive le tradizioni popolari. Vestirsi da Pacchiana significava il passaggio dall’infanzia all’età matura. Si aspettava il “menarca” per calarsi in quella veste carica di storia, tessuta e cucita dalla ragazza che l’avrebbe indossata. In un giorno speciale, come Natale o Pasqua avveniva la vestizione, la cerimonia che trasformava in donna la giovinetta, una donna che sul proprio corpo avrebbe sostenuto la famiglia. Veniva fatto indossare e realizzare alle ragazze al raggiungimento del 15esimo o 16esimo anno di età, simbolo di passaggio dall’adolescenza “all’età da marito”. Corredato dal regalo, da parte della madre, di preziosi e alcuni gioielli come “boccule, iannacche e berlocchi”.

Tuttavia, il costume di “Pacchiana” è uno tra i più belli per la varietà dei colori, per la ricchezza del vestiario, per il sontuoso ricamo di cui è ornato. La “gunnella” si sovrappone a “u pannu“, molto più di una semplice crinolina (sottogonna).

Era un vero e proprio indicatore dello stato sociale e civile della donna.

Infatti, le donne sposate indossavano il panno rosso, le vedove nero, viola per le nubili.
A sua volta, “u pannu” si posizionava poco al di sopra della “suttana“, che era una sottoveste in lino bianco e con maniche svasate.

Passando alla parte superiore dell’abito femminile delle pacchiane lametine, sicuramente molto ricercato era il corpetto di color nero e allacciato sul davanti che abbracciava il seno, spesso prosperoso. In dialetto era chiamato “u bustinu“.

Sulle spalle, sulle braccia e sul collo “u maccaturu“, un fazzoletto colorato, o una “cammigetta” per le pacchiane nicastresi, oppure un panciotto di colore nero, “u spalliari” per le pacchiane sambiasine.

Il seno veniva celato da un busto di velluto nero, ornato di merletti, e dietro allacciato da una estremità all’altra.

Una camicetta di color avorio, di seta o di lino, tessuto da donne con i telai del luogo, con pizzi al collo e alle maniche appare sotto il busto e un fazzoletto di seta, dopo aver formato sulle spalle un grande cuore, parte dal collo e scende sotto il seno.

I bordi sono fermati al centro del busto da una spilla d’oro.

Un manto rosso, viola o nero (secondo che trattasi rispettivamente di donna sposata o zitella o vedova) copriva quasi l’intera sottana, lasciandola intravedere nelle estremità.

Sul davanti u “mantisinu” (grembiule) nero.

Che tra i molti usi aveva quello principale di accogliere i bambini per farli nascondere se timidi o impauriti.

Alla vita si avvolgeva la “coda” tutta piegata, che consisteva in un indumento di colore, azzurro, verde cupo, nero, che raccolta dietro scende proprio a forma di coda fin sulle scarpe.

E’ in media era lunga una decina di metri, per cui, quando scendevano le scale, veniva sollevata a semicerchio per evitare che potesse, inavvertitamente nei movimenti del corpo, finire sotto le scarpe e far fare un capitombolo.

Due orecchini su cui è scolpita la testa di una regina, una collana di oro massiccio avvolta intorno al collo, la civettuola spilla sul busto, davano risalto al tradizionale costume.

Sulla testa le pacchiane indossavano “u rindiallu“, una larga striscia di stoffa rettangolare nera, che si adagiava sulla testa e si avvolgeva con un rapido gesto sotto alla fronte rivoltandolo all’indietro.

Su questo copricapo si disponeva poi “a curuna” ( uno straccio a forma di ciambella) sulla quale si poggiavano i carichi di ceste trasportati dalle nostre donne con tanta eleganza da fare invidia a qualsiasi moderna indossatrice.

U mbustinu” (bustino rigido) non si indossava per praticità durante il lavoro, così come le maniche di sottane a sbuffo.

A gunnella“, che avvolta caratteristicamente dietro alla schiena, costituiva un impaccio notevole a qualsiasi lavoro, non veniva indossata in casa o in campagna, ma non si usciva di casa e non si tornava dalla campagna senza “a gunnella n’phadata“, magari vecchia, stinta, ma sempre al suo posto.

A gunnella era sciadata” (senza avvolgimento ) e veniva portata esclusivamente nei lutti e nella processione del Venerdì Santo.

U fharsulittuni” era un ampio scialle di lana con frange, che, d’inverno, copriva testa e spalle. “U pannu” di colore rosso, nero o viola, veniva sempre indossato, anche in casa o in campagna.

Sono ormai poche le donne che indossano abitualmente simili costumi, prevalentemente le vecchie mogli dei contadini, in zone molto rurali, che la civiltà e la moda non sono riuscite a trasformare.

Alla Pacchiana, oltre alle tipiche cartoline e alle stampe, è stato anche dedicato un apposito francobollo, di una certa rarità, nel 2011.

Si svolgono dei concorsi di bellezza per premiare le giovani donne che si abbigliano da Pacchiana, ed è sempre un piacere far conoscere ai ragazzi e ai bambini le nostre tradizioni in questo modo.

Il costume della Pacchiana lo troviamo tuttora nei gruppi folk che si esibiscono ballando nelle piazze durante le feste patronali.

Angela Amendola

Io bambina vestita da “pacchianella”. 

In foto Simona Scarpino ballerina e cantante gruppi folk lametini. 

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