Il legame tra la Calabria e Renoir
Per caso ieri mi sono imbattuta in una notizia riguardante la mia Regione e del legame con un grande artista francese: Pierre Auguste Renoir.
Nella chiesa madre di Capistrano, un paesino delle serre vibonesi, c’è un affresco, ”Il Battesimo di Gesù“, che la tradizione attribuisce a Renoir, giunto in Calabria alla fine dell’ 800.
Nella biografia di Renoir, scritta dal figlio, risulta che il padre si recò, in un paesino della Calabria, proprio nel 1881.
Qui Renoir trascorse un periodo di villeggiatura, dipingendo paesaggi, lavandaie, contadini e belle fanciulle.
Aveva già quarant’anni e alle spalle le mostre con gli impressionisti e alcune esposizioni a Parigi.
Ma al di fuori di questa città, era sconosciuto.
Si racconta che realizzò l’affresco per ringraziare la popolazione dell’ospitalità ricevuta e che si fece prestare i colori da un muratore del luogo.
Nei primi anni Novanta, durante i lavori di restauro della chiesa, furono riportati alla luce altri due affreschi fino ad allora nascosti, Noli me tangere e Cristo e la Samaritana.
Anche questi sono stati attribuiti a Renoir.
Nel 1966 tre amici, che avevano letto nella biografia scritta dal figlio Jean, che Renoir, durante il suo viaggio in Italia, aveva soggiornato nella zona delle Serre, mettendo a posto gli affreschi di una chiesa danneggiati dall’umidità, si misero alla loro ricerca.
E si trovarono così di fronte al Battesimo di Gesù nel Giordano, all’interno della Chiesa Madre di Capistrano.
La vicenda di Renoir in Calabria è un fatto noto, e ne scrisse nel 1966 anche lo scrittore Sharo Gambino.
La presenza del pittore, è tuttora percepibile nel borgo vibonese.
A dimostrare il legame tra Renoir e la Calabria, basta ricordare il conferimento della cittadinanza onoraria ad un suo erede il fotografo di fama internazionale Jacques Renoir, i pronipote del maestro dell’Impressionismo, anche lui giunto da Nizza a Capistrano, insieme alla moglie Claude, per trascorrere una breve vacanza.
L’autore della ricerca afferma che l’artista, Pierre Auguste Renoir, era giunto nel piccolo centro calabrese su consiglio di un sacerdote conosciuto a Napoli, originario di quelle parti.
Il prete gli fece avere una lettera di raccomandazione del vescovo, che gli avrebbe consentito di ricevere ospitalità nelle case parrocchiali della zona.
Il pittore francese, viaggiò per mare su una barca di pescatori e per terra su carrozze, a piedi, e fu pure trasportato in braccio da contadine che gli permisero di attraversare un fiume ingrossato dalle forti piogge invernali, raggiunse Capistrano a dicembre del 1881.
Colpito e grato per la generosa ospitalità, avrebbe deciso di ricambiare le loro gentilezze acconsentendo alla richiesta del sindaco di intervenire per recuperare gli affreschi della chiesa, che l’umidità stava danneggiando irrimediabilmente.
Pur non essendo molto esperto di pittura murale, si accinse a riparare i dipinti deteriorati. Messa l’opera a confronto con i suoi quadri, emerge il fatto che Renoir dovette intervenire in alcune zone, rifacendo ex novo certe figure, come quella del Cristo al centro dell’affresco del Battesimo o quella della Maddalena nel “Noli me tangere“, mentre in altri momenti preferì sovrapporre alle parti più deteriorate elementi di sua invenzione, come la tunica rossa drappeggiata intorno al corpo del Battista.
Lo studio si sofferma poi su alcuni particolari, facendo il confronto con celebri dipinti di Renoir.
Nel Battesimo, i due angeli che compaiono nella parte destra della composizione, sono uguali per quanto riguarda la posa e per la fisionomia, a Paride ed Ermes de Il Giudizio di Paride, mentre la figura di Gesù, caratterizzata da postura femminile, pare ricordare quella della Bagnante nel fiume.
In questo stesso affresco, inoltre, vi sono analogie tra il San Giovanni Battista e un bozzetto che Renoir eseguì durante una visita al Museo Archeologico di Napoli.
Simili le fisionomie e identico il colore delle tuniche, e poi una certa attinenza riguarda il gioco di luce.
In “Noli me tangere“, spicca la figura della Maddalena, che tra quelle dei tre affreschi capistranesi è la più vicina all’ideale della pittura di Renoir.
Come la Bagnante bionda ha forme piene, occhi grandi, naso corto, labbra carnose e una lunga chioma bionda.
Una pelle che trattiene la luce, ispirando quelle delicate sfumature che resero famoso l’artista francese.
Per il critico d’arte Federico Zeri è improbabile, ma non è impossibile che le opere siano attribuibili a Renoir, mentre secondo il pittore di Capistrano Franco Natale, premiato alla Biennale di Venezia, l’arte dell’impressionista francese sarebbe riconoscibile sia dallo stile che dai colori adoperati. In attesa di certezze, i cittadini del piccolo comune calabrese hanno deciso di intitolare a Renoir la piazza antistante la chiesa e di chiedere a Limoges paese di origine del pittore, il gemellaggio.
Angela Amendola
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