Jan Palach

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Il terribile fatto di cronaca accaduto ieri, mi ha riportato alla memoria ciò che prese il nome di “primavera di Praga”. Di un giovane eroe per il quale non ci sono gadget, né giornate della memoria. Non ne parlano le tivù e le città hanno dedicato appena una via o una piazza ma purtroppo, molti giovani non conoscono la sua storia. Chi è, o meglio, chi era Jan Palach? In poche parole: il protagonista assoluto della Primavera di Praga! Il mio tentativo è solo quello di parlare dell’uomo (o del giovane, visto che all’epoca dei fatti, aveva solo vent’anni), e della motivazione che lo ha spinto a compiere quel gesto estremo, che lo ha portato, dopo tre giorni di agonia, alla morte! Era uno studente universitario, che in un gesto estremo di protesta contro i carrarmati sovietici che occuparono il suolo del suo paese, si diede fuoco a Praga, nella piazza Venceslao. Era il 16 gennaio del 1969 e il tg italiano mostrò quella torcia umana, correre per la piazza, sicchè tutto il mondo vide ciò che stava accadendo. Quando accadde ero solo una bambina e non potevo certo capire, o sapere ma, quel “fuoco che correva”, è rimasto impresso nella mia mente. Era giovane Jan e come tutti i giovani, aveva fatto sicuramente progetti per il futuro, una laurea in filosofia, una moglie, dei figli, una casa tutta sua, tutti progetti ai quali ha rinunciato per amor di Patria. Fin dai più lontani tempi, aggressori e invasori, hanno lasciato dietro di sé una lunga scia di sangue e di eroi, morti nel tentativo di salvare l’amata Patria, di liberarla da ospiti indesiderati.
Provate ad immaginare l’urlo di dolore e di disperazione di quel bellissimo giovane, mentre le fiamme lo divoravano. Provate ad immaginare lo sguardo di una madre che assiste impotente alla morte di un figlio che non accetta l’invasore. In quel momento fu un gesto inutile, i carrarmati avanzarono ugualmente, senza pietà, perché dove ci sono gli interessi dei potenti, non può coesistere la pietà per un popolo! Seicentomila persone, sotto un cielo plumbeo e una pioggia battente, parteciparono ai suoi funerali, il 25 gennaio 1969.
Prima di lui, solo alcuni monaci buddisti vietnamiti, si diedero fuoco per protesta, contro il governo di Dihn Diem. Un modo inusuale e violento di togliersi la vita! Ci fu un altro giovane che protestò contro il colpo di Stato avvenuto nella giovane Repubblica Cecoslovacca, Jan Masarik, ma questo suicidio non fu mai motivato, né da un biglietto, né da un racconto, come invece fece il giovane Palach, il quale lasciò una dichiarazione dove spiegava che il suo suicidio era un atto di protesta contro l’occupazione sovietica, soprattutto contro la censura, introdotta con l’effimera “Primavera di Praga”. Il Governo, consapevole dell’impatto che avrebbe avuto questo suicidio, cercò di minimizzare e di nascondere i motivi ma con scarso successo. Infatti, con le loro testimonianze gli amici, la famiglia, i conoscenti gridarono a gran voce la verità. Ai funerali, il decano dell’Università disse: “La Cecoslovacchia sarà un paese democratico solo quando il sacrificio non sarà più necessario…”
Un mese più tardi, il gesto fu imitato da un altro giovane studente, Jan Zajik, il 2 febbraio e da un operaio, Evzen Plocek, in aprile.
Le spoglie di Palach riposarono per qualche mese nel cimitero di Olsony, ma la polizia che volle fermare il pellegrinaggio dei continui visitatori, studenti e semplici cittadini che avevano trasformato la sua tomba in un mausoleo, fece prima trasferire d’autorità la tomba e poi, ne cremò i resti, consegnando in un gesto di pietà, le ceneri alla madre. Tutti i tentativi di cancellarne la memoria sono risultati vani e il suo ricordo continua a vivere infatti, il 16 gennaio del 1989, Veclov Hovel, fu arrestato mentre deponeva dei fiori, nel punto in cui era caduto Jan Palach. Questo gesto gli costò nove mesi di carcere con l’accusa di “hooligarismo e disturbo dell’ordine pubblico”. Ultimo colpo di coda a quella repressione che ormai aveva i giorni contati!

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