IRAN…la resa dei conti?

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IRAN: la resa dei conti…

Intervista a Tiziana Ciavardini

La nostra giornata è fatta, come tutta la vita, di misteriose rispondenze, di sottili collegamenti“, scriveva Leonardo Sciascia.

Ed io ci credo…

Se non avessi avuto un profilo twitter e non avessi pubblicato il tweet della mia intervista al fotografo-cardiologo siciliano Mario Benenati, in occasione della sua mostra fotografica “Donne e minoranze nel Mondo” tenuta nei giorni scorsi a Scicli, forse non avrei conosciuto Tiziana Ciavardini.

Un suo “like” al tweet attira la mia attenzione: spulcio nei suoi Social Network, navigo in rete e scopro la sua profonda cultura e preparazione e  il suo immenso amore per l’Iran.

Approfondisco la ricerca anche per colmare il buco nero delle mie conoscenze sull’Iran e comprendere i motivi dell’attacco americano causa dell’uccisione di Qassem Soleimani, il numero due di quel Paese e capo delle forze QUDS, il corpo speciale delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane.

Le chiedo l’amicizia su Facebook, la contatto via Twitter e le propongo, con una certa timidezza, una intervista per SCREPmagazine.

Felicità e gioia…

Mi dice sì, nonostante i suoi tanti impegni esplosi a più non posso in questi giorni per la sua nota e notevole competenza sulle questioni iraniane.

Antropologa, giornalista e scrittrice italiana, Tiziana Ciavardini ha studiato presso l’Università ‘La Sapienza’ di Roma e, per anni, si è dedicata allo studio delle religioni, del dialogo interreligioso ed interculturale.

Ricercatrice presso The Department of Anthropology – Faculty of Social Science – The Chinese University of Hong Kong, alla metà degli anni ’90 ha svolto un’inedita e lunga ricerca etnografica, in una remota zona del Borneo Occidentale in INDONESIA, presso i tagliatori di teste chiamati Daiachi, nel West Kalimantan spesso raccontati da Emilio Salgari nei suoi romanzi di avventura. Di questo gruppo ne ha studiato i rituali religiosi e animistici.

Presidente dell’Associazione Ancis Anthropology Forum, Centro Internazionale di Studi, con sede a Roma, è autrice di numerose pubblicazioni accademiche, saggi e articoli di attualità.

Ha vissuto 24 anni tra Medio Oriente, Estremo Oriente e Sud Est Asiatico.

Ha vissuto in Qatar, Emirati Arabi, Singapore, Indonesia Malesia e Hong Kong e Teheran.

In particolare ha trascorso 13 anni nella Repubblica Islamica dell’Iran.

Conoscitrice dell’Islam Sunnita e dell’Iran Sciita, si occupa della condizione delle donna e dei bambini in Iran.

Nel 2005 ha collaborato con il centro Dialogue Among Civilizations (dialogo tra le civiltà) promosso dell’ex presidente iraniano Mohammad Khathami.

Ha più volte incontrato l’ex Vice Presidente Iraniano Shahindokht Molaverdi, attivista per i diritti umani e delegata dal Presidente Hassan Rouhani alle politiche della famiglia e della donna in Iran.

Molti dei suoi articoli sono stati tradotti e pubblicati sui maggiori quotidiani iraniani.

Ha scritto su testate iraniane appartenenti sia all’ala ultra-conservatrice, Tasnim, FarsNewsAgency, che quella riformista Shargh.

Ha intervistato Mohammad Javad Larijani, Segretario del Consiglio dei Diritti Umani in Iran, consigliere della Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei nonché fratello del più famoso Ali Larijani, Presidente del Parlamento iraniano e ha commentato più volte sulle tv locali iraniane Irib, Tasnim News Agency, Press tv, le lettere contro l’Islamofobia della Guida Suprema Iraniana Ayatollah Khamenei.

Ha incontrato, per lavoro, vari personaggi politici di spicco nel panorama iraniano tra i quali l’ex Presidente Mahammoud Ahmadinejad, nonché professori universitari e intellettuali di rilievo.

É particolarmente interessata agli sviluppi interni socio-politici del paese iraniano, nonché alla conflittuale situazione mediorientale di cui, da anni, promuove la linea culturale sostenendo attività divulgative delle reali condizioni di vita, non dettate dalle correnti politiche o dalla propaganda giornalistica.

Si occupa inoltre di formazione, fake news, linguaggio d’odio, comunicazione etica e deontologica, e dialogo tra le culture attraverso articoli mirati alla lotta contro la manipolazione delle informazioni.

Ha organizzato numerosi convegni e corsi di formazione per l’Ordine dei Giornalisti sulle tematiche di cui sopra.

Scrive di temi relativi a Iran, Islam, terrorismo, immigrazione, donne nelle società islamiche, profughi afghani.

Collabora con Repubblica.it, IlFattoQuotidiano.it, VanityFair, Art.21, QCode, Art.21 ed in particolare con Il Fatto Quotidiano.it sul quale ha un blog.

É spesso docente di Master presso la Link Campus University di Roma.

Recentemente è stata nominata consulente di Mete Onlus per la Causa iraniana in riferimento alla Campagna “Woman’s Freedom in Iran”.

Ed eccoci, qui, oggi, domenica, 12 gennaio, in un telefonico “a tu per tu” con la Dott.ssa Tiziana Ciavardini…

Fiore _ Il grazie di SCREPmagazine, del suo direttore editoriale, Giuseppe De Nicola, di tutta la Redazione e mio in particolare per la sua disponibilità a essere riuscita a incastrarmi per qualche minuto nell’affollata agenda dei suoi impegni… è stata gentilissima, anche perché mi ha detto subito sì senza alcun tentennamento.

Ciavardini_ Sono molto felice di essere stata cercata da SCREPmagazine.

Questo mi dà la possibilità di occupare un angolo del vostro blog, che sinceramente non conoscevo e mi permette di ampliare e allargare il mio messaggio sulla meravigliosa popolazione iraniana: pertanto sono io a ringraziarla.

Fiore_ Come nascono il suo amore e la sua attenzione per le variegate e complicate problematiche dell’Iran?

Ciavardini_ Per motivi personali mi sono dovuta trasferire in Iran e, per le mie specificità culturali, venivo invitata alle conferenze di antropologia organizzate nelle varie Università iraniane, e anche di Teheran, partecipazioni e presenze che sfociano nella collaborazione con un’associazione molto importante, la Dialogue Among Civilizations dell’ex Presidente Khātami che come programma aveva l’idea e la proposta del dialogo tra le varie civiltà, al fine di creare una volontà di empatia tra di loro in alternativa al paradigma principale delle relazioni internazionali che si basava solo sul linguaggio del potere.

Si sosteneva che, senza la volontà di empatia, non ci sarebbe speranza per la prevalenza dell’ordine nel mondo.

Vivendo in Iran sviluppo sempre più i miei interessi antropologici e ulteriormente tesso la tela di ricercatrice sul campo con lo studio della cultura persiana che mi porta sempre più ad avvicinarmi a essa.

Così comprendo com’era la vita iraniana, approfondisco soprattutto il cambiamento sociale profondo e radicale avutosi con l’avvio della Rivoluzione islamica del 1979 e inizio a raccontare, con cognizione di causa e senza suggerimenti esterni, la società contemporanea iraniana a chi non la conosce, soprattutto in Italia.

L’Iran è un Paese di 80 milioni di abitanti con il 70% che non supera i 35/40 anni. Quindi una popolazione molto molto giovane.

Questo è stato anche uno dei motivi essenziali che mi ha spinto a voler capire il sentimento di questo Paese.

E così mi innamoro dell’ospitalità di questa popolazione, della sua sensibilità e profondità, tanto che l’Iran ormai fa parte della mia quotidianità, e nonostante tutte le varie “brutture”, per me rimane il Paese nel quale ho trascorso una bellissima parte della mia vita e che, in termini di spiritualità, mi ha sicuramente regalato molto.

L’Iran, come si legge nella quarta di copertina del mio libro “TI RACCONTO L’IRAN – I miei anni in terra di Persia”, Edito da Armando Editore, curato da Michela Fioretti e presentato nel dicembre 2018 alla fiera dell’editoria “PIÙLIBRIPIÙLIBERI presso La NUVOLA Roma/Eur, è una terra caratterizzata da mille paradossi e contraddizioni, ma allo stesso tempo permeata da una profondissima spiritualità che pulsa, respira e vive nella quotidianità della sua gente.

Fiore _ Leggo di una campagna denigratoria nei suoi confronti solo perché fa il suo onesto lavoro di inchiesta da giornalista esperta e dotata di occhi obiettivi e soprattutto di memoria storica non schierata…

Ciavardini _ Più che denigrata vengo molto spesso diffamata ricevendo offese, insulti, minacce, intimidazioni, non ultima quella a livello mediatico, e uscita sui giornali, da un ex addetto stampa dell’ambasciata iraniana della Repubblica islamica dell’Iran a Roma, dopo aver mostrato la foto di Nasrin Sotoudeh, l’avvocatessa finita in carcere, condannata a 148 frustate e 38 anni di reclusione per aver provato a difendere i diritti delle donne.

Ovviamente la gente mi ha vista in Iran, mi ha vista con le autorità iraniane alle quali ho fatto varie interviste, mi ha vista con il Presidente Mahammoud Ahmadinejad per le foto pubblicate, mi ha vista commentare persino la lettera della Guida Suprema della Repubblica Islamica l’Ayatollah Seyyed Alì Khamenei, che aveva scritto il 21 gennaio 2015 ai giovani d’Europa e d’America, subito dopo i vari atti terroristici che c’erano stati in Francia, con l’intento e la speranza  che potessero informarsi direttamente sull’Islam studiandolo e seguendolo con apertura mentale.

Questo non significa che ero o sono dalla parte del regime ma ho cercato e cerco, e questo continuerò sempre a farlo, di raccontare una parte di quel sistema che anch’io ovviamente non accetto, non ammetto e critico in continuazione, (lo testimoniano anche tutte le campagne che sto facendo), ma nello stesso tempo mi sembra giusto raccontarlo, come mi è sembrato giusto raccontare dei funerali del Generale nella maniera in cui li ho raccontati, ponendo l’attenzione sul fatto  che c’è tanta parte della popolazione, quella che si è unita al corteo funebre, che ancora sostiene purtroppo o per fortuna, forse purtroppo, e questo noi non lo sappiamo, ancora il regime iraniano.

Questa parte di popolazione è una realtà, esiste e chi racconta l’Iran, come me, non può fare finta che non esista.

E mi sembra giusto, ogni volta che ho la possibilità di poterlo riferire, come in questa intervista, raccontare che esiste anche quella parte.

Spesso sono stata criticata per questo mio racconto e addirittura è stata avanzata l’ipotesi di un mio pagamento per parlare bene di quel paese.

Non sono assolutamente pagata né dall’una né dall’altra parte ma assolvo nel migliore dei modi il mio lavoro più come antropologa che come giornalista, raccontando quello che vedo sul campo.

Questo è sempre stato, e sarà, il mio agire.

C’è a chi piace, c’è a chi non piace ma questo a me interessa poco.

Oggi sono molto contenta del fatto che questo mio messaggio ultimamente sta arrivando alla gente tant’è che, sui miei profili social, ricevo in continuazione commenti di apprezzamento e di ringraziamento dagli stessi iraniani, pro e contro il regime, per quello che faccio e per come racconto il loro paese.

Io non racconto l’Iran da un punto di vista strategico o geopolitico, non m’interessa,  non sono un’analista politica, sono una semplice antropologa che trascrive e dice quello che vede sul campo.

Tutto questo è stato possibile farlo per aver avuto il privilegio e l’onore di essere per 13 anni vicina alla popolazione iraniana senza alcuna esclusione: mi sono avvicinata al ricco, al povero, all’autorità, ai rifugiati afgani, agli stessi bambini afgani che, non andando a scuola, vanno mendicando per i parchi.

Fiore_ Il drone di Trump è stato lanciato per distrarre l’opinione pubblica americana dal movimento pro impeachment o per il controllo del petrolio iraniano?

Ciavardini_ Per quanto riguarda l’uccisione del generale Soleimani ho molto riflettuto in questi giorni: la sua morte mi ha ovviamente lasciata molto sorpresa perché mai mi sarei aspettata che si potesse colpire il numero due iraniano anche per le tante sfaccettature che sarebbero venute fuori da questo dramma per la popolazione iraniana.

Non so se Trump l’abbia fatto seguendo i consigli di qualcuno.

Sono sicura, però, che non abbia calcolato gli effetti collaterali che la sua decisione avrebbe provocato, come la riunificazione di una gran parte del popolo iraniano che era sparpagliato, non sosteneva più questo regime e soprattutto questo governo.

Di conseguenza abbiamo visto con quanta forza le due grandi fazioni, riformisti e conservatori, si sono coesi per trovare una soluzione alla grande perdita che hanno subito e individuare il come poter sconfiggere Trump per difendere i propri confini.

Fiore_ Lei che si occupa di questioni iraniane, ormai da oltre 15 anni, con occhio da antropologa ma con il cuore di chi racconta quella che è stata casa sua per tanti anni, ben dodici, prevedeva una così grande partecipazione ai funerali di Soleimani, pare addirittura maggiore di quella presente nel 1989 al funerale di Khomeini?

Ciavardini_ Sì! In effetti ho scritto da qualche parte che, per partecipazione, questi probabilmente sarebbero stati i secondi funerali dopo quelli dell’ayatollah Khomeini, padre della Repubblica islamica, quando persero la vita otto persone.

Il fiume umano, che ha interessato i funerali di Soleimani, ha toccato Ahvaz e Mashhad, Teheran,  Qom e infine la natìa Kerman, dove è stato sepolto.

Le strade di Teheran sono state completamente invase da milioni di persone per dirigersi all’Università della capitale dove si è tenuta la cerimonia funebre.

A guidare le preghiere per il generale iraniano è stato Ali Khamenei, guida Suprema dell’Iran.

Presenti anche il leader di Hamas Ismail Haniyeh, il suo vice Salah al-Aruri e il leader della Jihad islamica Ziad Nakhale.

A Kerman per la calca si sono avuti 56 morti e più di 200 feriti perché tutti i partecipanti cercavano di toccare la bara del generale.

Al riguardo mi piace sottolineare che, mentre per le manifestazioni pro governo mi è capitato di vedere i vari messaggi che giravano e chiedevano di partecipare, in questo caso non ci sono stati né inviti né costrizioni per alimentare la partecipazione.

Ho testimonianze di tantissimi ragazzi che hanno partecipato al funerale senza che nessuno avesse chiesto nulla ma perché si sono sentiti colpiti personalmente.

In questi giorni, per esempio, mi ha scritto Parsa, un ragazzo iraniano, dicendomi che, pur non sostenendo il regime, ha partecipato ai funerali del generale Soleimani,  “per quel senso di patriottismo e quel sentimento di appartenenza che ci porta a difendere sempre la nostra terra che per noi è una mamma e noi siamo i suoi figli”.

“Chi pensa di sostituire questa mamma con una diversa”, ha aggiunto Parsa, “anche se più bella, ci troverà sempre a difendere la nostra, perché per ogni figlio la sua mamma è sempre la più bella”.

Una partecipazione dovuta anche al fatto che il Generale era un personaggio molto amato all’interno del paese e che, per il suo carisma, era diventato un mito, tanto che circolavano dei disegni che lo ritraevano arrivare in Paradiso accolto dall’Imam Hussein, nipote del profeta Maometto, ucciso nel 680 dalla dinastia degli Omayyadi, che ogni anno viene ricordato durante la cerimonia religiosa dell’Ashura, un rito osservato da milioni di fedeli in tutto il mondo in ricordo del suo martirio.

Quindi un abbraccio profondamente umano, senza se e senza ma, del popolo iraniano al suo Generale.

Fiore _ Hai scritto che “il lutto passerà, la popolazione tornerà alla vita normale e una parte della popolazione tornerà a mostrare il proprio dissenso verso un regime che oggi piange un uomo, ma che non ha avuto problemi a ucciderne centinaia che chiedevano solo libertà.”

Non credi che quello della “libertà” sia il vero problema del popolo iraniano?

Ciavardini_ Assolutamente sì!

Nel capitolo dedicato ai Diritti Negati del mio libro scrivo:

«E, comunque sia, quella libertà che noi intendiamo in Occidente non la ritroviamo certo qui. Quello che emerge, secondo la mia esperienza, è un popolo che è riuscito a creare una “vita parallela e alternativa” a quella imposta, in cui ci si si rifugia nella propria sfera privata e nascosta per poter esprimere finalmente quella libertà sociale fortemente inibita. Questo circolo vizioso, fatto di negazioni e contrasti alle negazioni, crea un vortice pericoloso e assai doloroso perché il pesante clima restrittivo conduce a un’alta percentuale di suicidi e di consumo di droghe. Il paradosso è proprio questo: in un paese in cui tutto è vietato, la trasgressione alle regole, in quanto tale, diventa l’unica alternativa possibile».

E l’atmosfera repressiva è alimentata continuamente dalla paura (di sbagliare qualcosa, di essere spiati, controllati).

Una nuova coercizione è poi quella legata all’uso del web: in Iran è considerato illecito l’accesso libero ai social network, anche se lo stesso presidente Rouhani possiede due account Facebook e Twitter (in inglese e in farsi).

Anche la musica è sottoposta a limitazioni: suonare nell’illegalità di una cantina o di un garage è la norma, per i giovani iraniani.

Che dire, poi, dell’omosessualità, considerata una malattia e come tale bisognosa di essere curata?

Il popolo sente il peso di tutte queste restrizioni e delle sfide che lo attendono, tra crisi economica, sanzioni americane, inflazione.

È questo il momento per una nuova sollevazione?

Forse no: le idee non sono chiare su quel che si desidera per il prossimo futuro e il problema principale è la mancanza di un’alternativa in grado di sostituire il regime teocratico.

In tutto questo s’intreccia il mio messaggio che vuole sempre più far crescere nel sistema teocratico di quel paese l’idea che la libertà è un diritto di ogni essere umano che non può e non deve essere calpestato.

A noi occidentali tocca il grande compito di perseverare nell’invio di messaggi come il mio che, in questo momento, mi piace chiamare “coriandoli di libertà”.

Fiore_ Il Generale Soleimani dalla notte del 3 gennaio è divenuto il martire dell’Iran, Shahid Soleimani.

C’è chi giura che la sua figura sarà molto più importante di quando era in vita.

Cosa mi dice al riguardo?

Ciavardini _ La figura di Soleimani, diventato martire, dopo essere caduto per la patria, già era importante in vita anche per il suo particolare carisma, oggi lo è e lo sarà sempre di più, tant’è, per esempio, che l’attacco alle basi americane in Iraq è stata chiamata in suo onore “operazione Soleimani martire”.

Mi piace confessarle che, se fossi stata in Iran, io, donna occidentale, cristiana, praticante e molto credente, sarei andata ai suoi funerali.

Forse per motivi di sicurezza non avrei portato mio figlio dodicenne, nato a Roma e vissuto in Iran dal suo quarantesimo giorno di vita sino ai cinque anni, ma io mi sarei vestita di nero, a lutto come le donne iraniane, per unirmi al loro sentimento nei confronti del generale Soleimani, a quella folla oceanica, immensa, a quella marea umana che è stato il corteo funebre del generale e avrei fatto di tutto per toccare la sua bara e dargli l’ultimo saluto.

Non ci sarei andata né da giornalista né da antropologa ma da persona che conosce l’Iran e sa quanto dolore ha provocato questo tragico evento.

Ti aggiungo che tanti iraniani mi hanno scritto dichiarando il loro dispiacere per la mia non presenza in questo periodo nel loro Paese e la certezza che, se fossi stata là, avrei pianto insieme a loro il valoroso Generale.

Queste manifestazioni di stima e di affetto mi fanno molto piacere e mi ripagano di qualche altro stupido e incivile commento.

Sapevo e so benissimo che Soleimani per loro era  un idolo,  un tutor, un uomo di bell’aspetto, dal forte carisma, con uno sguardo magnetico, magico, dotato di un amore particolare per i bambini, com’é possibile vedere dalle varie foto.

Tutto questo ha contribuito giorno per giorno ad alimentare quel grande sentimento nei suoi confronti che è esploso in occasione delle sue onoranze funebri.

Fiore _ È stata innalzata la bandiera dell’Imam Hussein, nipote del Profeta, sopra la moschea di Jamkaran nella città di Qom in Iran.

È il segno che precede ogni grande battaglia: il rosso indica il sangue che verrà versato in guerra come sacrificio e vendetta per la morte del Generale Qassem Soleimani.

E le prime vittime, 80 pare, ci sono state con gli attacchi missilistici alle basi militari di Ayn al-Asad e di Erbil in Iraq che ospitano personale americano e della coalizione internazionale anti-Isis. 

Un suo commento…

Ciavardini_ La storia delle 80 vittime è una sorta di giallo: l’Iran afferma che queste vittime ci sono state, come dai primi bilanci forniti da fonti iraniane che parlavano di almeno 80 «terroristi americani» uccisi, l’America con i primi rapporti del Pentagono nega «l’esserci vittime» tra i soldati americani, come anche ribadito da fonti della Difesa USA ai media statunitensi.

E il giallo sta tutto nella stranezza della forte diversità delle affermazioni dell’una e dell’altra parte.

Sinceramente non so che dire con esattezza su questo versante, anche per la gran confusione della cronaca dell’8 gennaio, che è stata una giornata molto particolare.

Ci siamo svegliati con l’idea di un imminente attacco da parte dell’America in risposta agli attacchi alle basi militari di Ayn al-Asad e di Erbil e relative conseguenze da parte dell’Iran o viceversa e…  invece no!

Ci siamo ritrovati con il passo indietro di Trump che dichiara di non voler iniziare una guerra con l’Iran.

Passo indietro consigliato?

Oppure fredda e razionale valutazione che sarebbe stato meglio non scatenare l’ira dell’Iran non conoscendo appieno il tipo delle armi e le strategie militari che un Paese dittatoriale quale l’Iran avrebbe potuto prendere se fosse continuato l’attacco bellico?

Un fatto, però, è certo: l’imposizione di nuove sanzioni all’Iran è un atto e un segno di guerra volto non al regime ma alla popolazione già economicamente stremata.

E il grave è che in questi giorni abbiamo visto e sentito di tutto dagli analisti, dai politologi e strateghi ma mai nessuno che abbia preso in considerazione questo aspetto umano.

Eppure dovrebbe essere il primo.

Fiore_ Quale dovrebbe essere la strategia degli organismi internazionali per disinnescare le vendette e le contro vendette?

Ciavardini_ Assolutamente vero, le vendette portano altre vendette, la guerra porta altra guerra, nonché distruzione e morte.

Ecco perché è da evitare in tutte le maniere il complicarsi della crisi e va messa in campo tutta la forza della diplomazia anche perché, come da me affermato e detto in vari scritti e interventi televisivi e radiofonici, un conflitto bellico nel Medioriente avrebbe a partire dall’Italia delle ripercussioni socio – economiche non indifferenti, per non parlare dei rischi che correrebbero i nostri ragazzi in servizio, come già si è visto, presso la base militare di Erbil.

Fiore _ Le donne in Iran…

Ciavardini_ Le donne in Iran sono donne per le quali mi batto da una vita.

Ho conosciuto donne a tutti i livelli.

Da quelle religiosissime a quelle che non lo sono ma seguono le ideologie della repubblica islamica, a quelle che vogliono cambiare, a quelle che addirittura si sono tolte il velo per manifestare in mezzo alla strada.

Le donne dell’Iran sono il mio cruccio nel senso che ogni giorno penso a loro.

Al riguardo insieme alla Sociologa, Scrittrice ed Advocacy, Giorgia Butera, all’Associazione Mete Onlus, presieduta dalla stessa Butera, e all’avv. Francesco Leone, Presidente dell’Associazione Giuristi Siciliani, ho messo in campo tutta la mia collaborazione per WOMAN’S FREEDOM in IRAN, una campagna per la giustizia a tutela della libertà di ogni donna iraniana e contro il clima  di ‘oppressione’ e ‘repressione’ nei suoi confronti.

Ovvio, c’è la piena consapevolezza che non riusciremo a cambiare il loro status ma sicuramente con questa campagna, i vari seminari e convegni riusciamo a raccontare, per esempio all’Italia, come si vive in Iran da donna iraniana: il velo è obbligatorio anche se rappresenta una banalità rispetto al lavoro e all’inserimento all’interno della società.

Netta è la divisione tra uomini e donne malgrado ci sono donne che hanno avviato una carriera di business e hanno trovato il loro modo per poter accedere a ruoli che normalmente sono dedicati agli uomini.

Le donne iraniane hanno fatto tantissimi passi in avanti per la loro forza, tenacia e voglia di vivere difficilmente comparabili con le donne occidentali e per il possesso di una forte intelligenza e una grande cultura oltre che di una immensa educazione.

Una riflessione documentata: le donne rappresentano il 60% degli iscritti alle Università e difficilmente trovi una donna iraniana non laureata e con mancanza di audacia.

Molte donne sono anche plurilaureate.

Queste sono le donne che cambieranno nel prossimo futuro l’Iran, queste sono le donne che lotteranno, come già stanno facendo, per rivendicare e avere i propri diritti e che dimostrano di non essere quelle chiuse nel chador nero che per anni ci hanno o vi hanno voluto far credere.

In questo periodo di lutto non riusciranno a fare molto ma poi, dopo aver ottenuto di andare allo stadio, piano piano, ne sono sicura, faranno capire, con la loro tenacia, a quella mentalità molto chiusa dei religiosi iraniani, che è un loro diritto avere uno spazio anche all’interno della società iraniana religiosa.

Ecco perché hodedicato a tutte le donne iraniane, a quelle del cambiamento e quelle della tradizione, la cui forza e determinazione mi hanno trasformato in una donna miglioreil mio libro.

VF_ Cosa dovrebbe fare il Governo italiano? 

Ciavardini_ Il Governo italiano finalmente, dopo giorni di silenzio, si è deciso a fare delle dichiarazioni con il Ministro degli Esteri, Di Maio.

Dichiarazioni che, condannando la reazione iraniana all’uccisione del generale Soleimani, suonano essere dalla parte degli americani.

Questo era invece il caso, l’occasione di non dire “bravo questo, cattivo quello”, ma di farsi valere una volta per tutte anche agli occhi dell’Europa, che, in questa circostanza, è stata inesistente e inconsistente viste anche le diverse posizioni sul ritiro o meno dei vari contingenti, la Germania sì, la Francia, l’Italia no e  le mancate informazioni, come per l’Italia, sulla decisione del Presidente Trump di un raid da realizzare con il lancio nel centro di Baghdad di quattro missili da un drone per colpire il convoglio del Generale iraniano.

L’Italia con questo governo, non so con gli altri, sta facendo poco nel campo della politica estera. Forse – e mi assumo la responsabilità di quello che affermo – noi italiani che ci occupiamo di politica estera, di culture internazionali e del medio oriente, come nel mio caso, dovremmo auspicare che ai vertici del nostro Paese ci siano persone competenti e qualificate a trattare di politica estera.

In questo caso, invece, mi sembra che di essere molto lontani da quella che sia la competenza che ci vorrebbe.

Fiore_ So che ha fretta ma mi deve assolutamente concedere altri due minuti…

Ciavardini _ Accordati…

Fiore_ Possiamo dire che l’Iran con la morte di Soleimani non sarà più lo stesso?

Ciavardini_ Assolutamente sì. A mio avviso il suo futuro però non è solo nelle mani di chi comanda ma anche, e potrei dire soprattutto dei giovani, donne e uomini, che potrebbero cambiarlo davvero…

Fiore_ Soprattutto alla luce delle proteste in netta lievitazione in queste ultime ore contro il Governo dopo l’ammissione delle autorità iraniane di aver colpito per sbaglio il PS572 diretto a Kiev che ha causato la morte di 176 passeggeri tra i quali molti iraniani.

Ciavardini _Sì, in effetti si stanno registrando delle proteste a Teheran presso l’Università Amir Kabir dove gli studenti gridano:

“Vergognatevi”

dopo aver saputo che l’Iran ha commesso l’errore umano abbattendo l’aereo PS752. E oggi, domenica, 12 gennaio alle ore 18,00 ora iraniana, 15,30 ora italiana, sono previste possenti manifestazioni nella AZADI SQUARE (Piazza della Libertà) per chiedere addirittura le dimissioni del Comandante delle Forze Armate ovvero l’ayatollah Ali Khamenei, nonostante che la polizia durante ha iniziato ad usare lacrimogeni e gas contro i dimostranti.

Da antropologa che sa delle tante anime, dei tanti sentimenti contrastanti esistenti all’interno del Paese Iran, oggi più che mai, dopo aver visto e saputo della forza e tenacia di queste manifestazioni di dissenso nei confronti del Governo, affermo che  mai come in questo momento dalla Rivoluzione del 1979 l’Iran è alla soglia di grandi disordini.
Potranno uccidere i manifestanti che chiedono libertà, potranno continuare ad arrestare e giustiziare chi è contro il Regime, ma quel sentimento di ribellione rimane  e rischia di implodere.

Prima o poi si arriverà alla resa dei conti.

Fiore_ Grazie, dott.ssa Ciavardini, e in bocca al lupo per tutto.

Ciavardini_ Ancora grazie a lei e a voi tutti di SCREPMagazine.

E a me piace chiudere questa significativa, completa e notevole intervista, che mi ha arricchito e mi ha messo nelle condizioni di entrare in un mondo che poco conoscevo, con una frase della prefazione di Dacia Maraini al libro di Tiziana CiavardiniTI RACCONTO L’IRAN – I miei anni in terra di Persia”:

“Non si può non seguire con trepidazione questa storia d’amore fra una italiana colta, certamente attenta ai valori universali della giustizia e della libertà e un popolo prigioniero di una teocrazia intollerante, spesso crudele e che si appella, per il governo del paese, a regole scritte quasi duemila anni fa.”

Intervista rilasciata domenica, 12 gennaio 2020, via telefono, ore 11.30.

Vincenzo Fiore

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Vincenzo Fiore
Sono Vincenzo Fiore, nato a Mariotto, borgo in provincia di Bari, il 10 dicembre 1948. Vivo tra Roma, dove risiedo, e Mariotto. Sposato con un figlio. Ho conseguito la maturità classica presso il liceo classico di Molfetta, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Bari con una tesi sullo scrittore peruviano, Carlos Castaneda. Dal 1982 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti. Amo la Politica che mi ha visto fortemente e attivamente impegnato anche con incarichi nazionali, amo organizzare eventi, presentazioni di libri, estemporanee di pittura. Mi appassiona l’agricoltura e il mondo contadino. Amo stare tra la gente e con la gente, mi piace interpretare la realtà nelle sue profondità più nascoste. Amo definirmi uno degli ultimi romantici, che guarda “oltre” per cercare l’infinito e ricamare la speranza sulla tela del vivere, in quell’intreccio di passioni, profumi, gioie, dolori e ricordi che formano il tempo della vita. Nel novembre 2017 ho dato alle stampe la mia prima raccolta di pensieri, “inchiostro d’anima”; ho scritto alcune prefazioni e note critiche per libri di poesie. Sono socio di Accademia e scrivo per SCREPMagazine.

5 COMMENTS

  1. Ciavardini è la prima ad aver diffuso Fake-news, rivolgendosi a chi la criticava in modo offensivo.
    Mi spiace che diate sempre voce a cosidetti “esperti”, 12 anni a Tehran… sappiamo benissimo cosa faceva: niente.

  2. Tiziana Ciavardini è dispensatrice di esperienze e saperi sull’Iran che non ha confronti.
    Prova lampante i suoi reiterati inviti sui vari canali televisivi e su importanti testate giornalistiche.
    La Ciavardini ha tessuto una tela di cultura formidabile nei suoi anni di permanenza in Iran grazie al suo essere innanzi tutto antropologa e dopo giornalista.
    Il suo racconto sull’Iran mai di parte ma semplicemente il racconto di quello che avveniva e avviene sul campo!
    Ci sono fake news? Ci sono fatti e circostanze concrete e documentabili a riprova di quanto affermato? Noi di SCREPmagazine non potremmo che essere felici qualora si tirino fuori, in questo come in tutti gli altri articoli qui pubblicati… ma in tutta onestà abbiamo difficoltà quando si lanciano pietre e poi si nascondono mani!
    Altrimenti, a malincuore, dobbiamo citare lo scrittore spagnolo Carlos Ruiz Zafón: ”L’invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità sino a credere che siano virtù e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraverseranno la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri”.
    Tutto quello che è stato argomento dell’intervista è frutto di attenta analisi e di accurate informazioni che nessuno può smentire.

  3. Non vuol dire che essere invitata in televisione ne faccia un’esperta, di prove sul suo conto ce ne sono, tra cui anche una denuncia della polizia postale da parte di una vera giornalista.
    Caro Vincenzo Fiore, non è invidia, nella sua permanenza qui in Iran non ha tessuto nessuna “tela di cultura formidabile” e da quanto si è dichiarata “giornalista” non ha fatto altro che scrivere apprezzamenti al regime iraniano, diffondendo fake-news sulle ultime elezioni iraniane di 3 anni fa, ma purtroppo la Ciavardini avendomi bloccato sui social, non posso ritrovare i post. Perchè questa è la sua vera forma: critica ai suoi articoli uguali insulti e blocco da facebook e instagram, per non parlare delle volgarità che scrive in privato agli utenti che criticano in modo costruttivo i suoi articoli, di cui ho ancora numerosi screenshot.
    In 10 anni che abito e lavoro in Iran ho avuto modo di conoscerla, donne bambini cultura? Figuriamoci…
    “L’invidia è la religione dei mediocri” lo chieda direttamente alla Ciavardini.

  4. Gentile sig. Riccardo Viola Pitoni se leggo e capisco bene, ha scritto cose di cui ovviamente si assume tutta la responsabilità.
    Per quanto riguarda noi di SCREPmagazine non si interverrà più anche perché non è nostro costume giocare a ping pong sulle polemiche. Laddove invece volesse condividere contenuti attinenti la sua professione, può inviare una email alla nostra Redazione.
    Saluti.

  5. Me ne assumo e c’è tutta Tehran che può confermarlo, un ultima cosa, una “giornalista” che si permette di insultare e bloccare sui social chi non la critica non è la persona giusta per le sue “battaglie” sulla libertà di stampa e parola.
    I veri giornalisti sono impegnati a dare notizie serie, e non a fare il riassuntino, o come faceva anni fa a vedersi ai giornali di regime iraniano.
    Posso anche provarlo rispolverando gli articoli in Persiano dove elogia l’attuale governo iraniano e faceva il tifo per i conservatori, ovviamente quando era presente nel suo ultimo anno a Tehran, ma ahimè sono stato bloccato sulle sue pagine. Fortuna qualche screenshot di insulti su noti giornalisti, o alla Mogherini li ho ancora.

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