L’opinione di Vincenzo Fiore
Il codice di comportamento dell’uomo è costituito da una catena di doveri e diritti strettamente regolamentati da un assoluto bisogno di giustizia.
Senza giustizia non esiste civiltà e di conseguenza non esistono i valori della libertà e dell’uguaglianza.
Ecco perché per avere una democrazia compiuta c’è bisogno che il cittadino avverta in maniera chiara e trasparente la forza della giustizia e che il sistema operativo che l’amministra sia efficace e degno di fiducia dal più povero al più ricco e dia assoluta efficacia al motto “la legge è uguale per tutti”, sintesi dell’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale.
La giustizia non può e non deve soddisfare esigenze di bottega, né può essere sovrastata dalla necessità di issare bandiere ideologiche, come pare stia avvenendo nel dibattito in corso per la riforma del codice penale, né tanto meno per marcare un cambio di passo nella corsa alla conquista della leadership di un partito.
La vera sfida, e in questo ha assolutamente ragione la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, è “ricondurre la durata del processo penale e civile a tempi ragionevoli, in linea con gli standard dei Paesi più avanzati dell’Unione Europea” e a non tenere il cittadino, presunto colpevole, vita natural durante sotto la “spada di Damocle” della giustizia.
Vanno eliminate la lentezza e la farraginosità del sistema giudiziario in modo che lo stesso possa rispondere con immediatezza ed assoluta efficacia alle prerogative del cittadino, che, sin da quando muove i primi passi nell’agorà della vita, deve sentirsi avvinghiato da una convinta educazione alla legalità idonea ad aggredire quelle sacche di illegalità che sempre più circolano nei vari meandri della nostra società e a mettere in moto il meccanismo del certo e giusto cambiamento.
Solo così si potrà avere una società armoniosa e dare compiutezza a quell’idea filosofica di giustizia risalente a Platone quale sintesi armonica delle facoltà dell’anima e delle varie classi sociali dei cittadini, ad Aristotele quando sostiene che iustitia est ad alterum, la giustizia riguarda il mio rapporto con l’altro, importante fondamento e virtù delle relazioni umane.
Ecco perché oggi più che mai, visto il dibattito in corso, ritengo molto importante che chi per caso si trova a legiferare vada a prendere, prima che sia troppo tardi, qualche lezione privata di storia giuridica del passato e ne faccia buona memoria.
In maniera molto attiva, però!
E quindi riattualizzi e rigeneri quanto il passato ha detto e fatto.
Altrimenti, tolga l’incomodo e non crei altri guai più di quanti non ne sono stati creati sino ad oggi.
Non è più il tempo di schermaglie, né di sparate sopra le righe di Travaglio, né di emendamenti a raffica miranti ad affossare tutto.
Il Paese Italia non se lo può permettere.
Questo è il tempo della celerità e della fiducia.
Chi ci sta, ci sta!
Vincenzo Fiore
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