Le donne sono state sempre viste, fin dalla notte dei tempi, “grembi su due gambe”, dei “sacri calici” in cui originare la vita.
La storia biblica racconta che la moglie prediletta del patriarca Giacobbe, non riusciva ad avere figli e questo la faceva molto soffrire, fino al punto di offrire al marito la serva Bilhà:
«Unisciti a lei, che partorisca sulle mie ginocchia, e anche io possa avere figli da lei» (Gen. 30:3).
Giacobbe obbedisce, Bilhà partorisce e Rachele dice:
«Il Signore mi ha giudicato e ha anche ascoltato la mia voce e mi ha dato un figlio» (v. 6).
Bisogna ricordare che la storia di Rachele è la seconda di questo tipo, essendo preceduta da quella di Sara, moglie di Abramo.
Al capitolo 16 della Genesi si racconta che Sara non avendo figli consegna al marito Hagàr, la sua serva con la speranza di avere figli da lei.
Abramo obbedisce, la feconda e a questo punto si scatena un dramma tra le due donne, che porta prima alla cacciata di Hagàr, poi al suo ritorno e alla nascita di un figlio:
«Abramo chiamò il nome di suo figlio che aveva generato Hagàr, Ismaele».
Anche qui si racconta di sterilità che viene gestita con l’aiuto di una seconda figura femminile. Il modello che si propone in alcune parti delle Sacre Scritture è quello di una famiglia patriarcale dove c’è un uomo con la moglie sterile, che ricorre alla maternità surrogata.
Non ricordo perché non abbia visto, negli anni scorsi, la serie tv The Handmans tale.
Ma c’è sempre tempo per rimediare ed è quello che sto facendo in questi giorni.
Resto incollata fino a notte fonda davanti lo schermo incurante delle ore che passano.
È una serie tratta da un romanzo dispotico Il racconto dell’ancella, romanzo con un’ambientazione molto vicina al nostro presente. Si narra dell’instaurarsi negli Stati Uniti di un regime totalitario, strutturato sul potere maschile e sulla divisione delle donne in caste: le mogli relegate ad angeli del focolare, e le ancelle che sono passive portatrici del dovere della maternità, perché costrette a procreare e a mantenere la discendenza della classe dominante.
La storia è ambientata in un futuro prossimo devastato dalle radiazioni atomiche e da un drastico calo di natalità, in cui gli Stati Uniti sono diventati la Repubblica di Galaad. Tutto si regge sul controllo del corpo femminile e le politiche rendono la donna asservita all’uomo per scopi riproduttivi.
Quando un’ancella è in fase di ovulazione, il Comandante ha un rapporto con lei dopo aver letto un brano della Bibbia in cui Rachele chiede a Giacobbe di concepire un figlio con la sua serva, Bila.
Il tutto avviene posizionando l’Ancella tra le gambe della moglie, che le tiene le mani e assiste.
“Noi siamo dei grembi con due gambe, nient’altro: sacri recipienti, calici ambulanti”.
Tutte le donne ancora in grado di procreare diventano le Ancelle delle famiglie benestanti, mentre quelle più anziane o non più fertili vengono trasferite nelle colonie e utilizzate come lavoratrici per lo smaltimento dei materiali tossici. Nella Repubblica di Galaad si può professare una sola religione, decisa dallo Stato, e il potere assoluto è in mano ai Comandanti, coloro che hanno anche il compito di fecondare le Ancelle a disposizione. Sotto i Comandanti si trovano gli Angeli, ovvero le truppe, e poi ci sono gli Occhi, gli agenti segreti.
Le donne, private quindi di ogni libertà, non hanno accesso all’istruzione, non posseggono nessun bene, non hanno alcun tipo di potere decisionale e sono totalmente dipendenti dall’uomo.
“Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood, è un romanzo del 1985.
La scrittrice immagina nel libro una società totalitaria, teocratica patriarcale che è basata sul controllo e sullo sfruttamento del corpo femminile.
La Atwood è considerata una delle più grandi scrittrici contemporanee.
Il mondo femminile è al centro di molte delle sue opere, ma non ama definirsi una femminista.
Ne “Il racconto dell’ancella” descrive una società in cui ogni diritto è vietato.
“Esiste più di un genere di libertà, La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. Non sottovalutatelo”.
L’ancella non ha un nome, le è stato cancellato, così come tutta la sua vita precedente.
Da quando è stata proclamata la Repubblica di Gilead lei è diventata proprietà del Capitano di turno è per l’appunto “Di Fred”. Non ha più un lavoro, un marito, una figlia.
Ora, quello che conta è il fatto che il suo corpo possa dare una discendenza al Capitano:lei è una delle poche donne ancora in grado di procreare. Non deve e non può fare altro.
Nell’instaurata teocrazia, ognuno ha un proprio ruolo ben definito.
Uomini e donne sono spogliati da ogni desiderio e facoltà. In questo scenario nessuno è libero di fare ciò che vuole. Rispettando le regole e l’ordine stabilito, tutti dovrebbero essere liberi da torti, passioni o impulsi.
È sorprendente accorgersi che il passato in cui è cresciuta la protagonista potrebbe essere il nostro presente. Poi, tutto è mutato all’improvviso, senza che ci fosse il tempo di accorgersene.
Gli spunti di riflessione che Il racconto dell’ancella offre sono innumerevoli: la centralità del corpo della donna, la mutevolezza improvvisa di ogni realtà e il pericolo in ogni forma di assoluto.
Le parole della Atwood sembrano un presagio al recente rovesciamento della storica sentenza del 1973 Roe v. Wade che aveva affermato il diritto costituzionale all’aborto negli Stati Uniti. E ci lasciano l’amaro dubbio che altri presagi si nascondano tra le sue pagine.
Con il suo stile diretto, Margaret Atwood ci dice che nessuna verità è unica ed eterna.
Ci mostra come l’ipocrisia sia alimentata dalle costrizioni, in particolare in chi le impone.
È interessante come l’autrice abbia disseminato l’intero libro del tema della “sorellanza”.
C’è un filo rosso del ricordo dell’amicizia che lega la protagonista e Moira, dove complicità, spensieratezza e totale partecipazione alle sorti l’una dell’altra sono in netto contrasto con il sospetto, le invidie e gli asti che la teocrazia di Gilead alimenta.
Qui, al contrario, nessuna figura femminile è mai alleata, ma sempre guardinga, subdola e opportunista.
Angela Amendola
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