È meraviglioso ciò che avete ora, non quello che ricorderete più in là, nella nebbiolina della memoria piagnucolosa.
Mario Benedetti
Chi non vorrebbe rivivere nel passato almeno per un pò, per continuare a godere della gioia dell’infanzia o di una di quelle estati in cui avevamo tutta la vita davanti?
Ma il passato è solo un ricordo, ed è un luogo in cui non sarà mai più possibile accedere se non con l’immaginazione.
La situazione nella quale le persone provano tristezza ripensando ai ricordi è la nostalgia.
Per ogni cosa c’è il suo momento e il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
“C’è un tempo per nascere e un tempo per morire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per amare e un tempo per odiare“.
(Ecclesiaste)
Il passato non può tornare e il ricordo che si scatena in noi riguardando una fotografia o un vecchio film, provoca malinconia che diventa dolore se il presente è per noi angosciante.
E più nella vita che si è vissuta si sono fatte esperienze, più si diventa malinconici e nostalgici.
La nostalgia è una lacrima che scende giù ripensando alla gioventù, è quel sentimento che fa riaffiorare tutti i ricordi.
Tutto questo in portoghese si chiama saudade, ed è quello che ha provato Umberto Saba quando un giorno uscendo dalla sua libreria in via San Nicolò a Trieste, incrociò alcune ragazze che avevano finito gli allenamenti di nuoto nella piscina a pochi metri dalla sua libreria.
Fu quel giorno che Umberto Saba, vedendo le nuotatrici così giovani piene di vita e sorridenti, conobbe la malinconia e la nostalgia per la sua gioventù.
Tra le ragazze c’era una campionessa di nuoto, la bellissima Sergia Toso alla quale dedicò una poesia.
CAMPIONESSA DI NUOTO
Chi t’ha veduta nel mare ti dice
Sirena.
Trionfatrice di gare allo schermo
della mia vita umiliata appari
dispari.
A te mi lega un filo, tenue cosa
infrangibile, mentre tu sorridi,
e passi avanti, e non mi vedi. Intorno
ti vanno amiche numerose, amici
giovani come te; fate gran chiasso
tra voi nel bar che vi raccoglie. E un giorno
un’ombra mesta ti scendeva – oh, un attimo! –
dalle ciglia, materna ombra che gli angoli
t’incurvò della bella bocca altera,
“che sposò la tua aurora alla mia sera”.
Umberto Saba
(da Ultime cose, 1944)
La malinconia è un albero che a volte dà frutti deliziosi come opere letterarie, poesie.
Questo è il caso della poesia di U. Saba. La presa di coscienza del tempo che passa, il vedersi “vecchio” davanti alla giovani nuotatrici, lo resero malinconico.
Si sentì invisibile davanti a loro che si affacciavano al mondo, loro erano l’aurora della vita, lui ormai sul viale del tramonto.
La stessa malinconia la troviamo in una canzone interpretata magistralmente da Renato Zero ma scritta da Mariella Nava.
E ogni volta che Renato Zero la canta, lo fa anche con espressioni del viso e del corpo, che lo portano ad una vera e propria recitazione del testo.
La canzone è “Spalle al muro“, è un brano di un’intensità fuori dal comune, fu troppo per il Festival di Sanremo manifestazione in cui notoriamente vengono presentate canzonette d’amore.
A mio parere fu sprecata per quanto era profonda e poi non ottenne nemmeno il giusto riconoscimento perché non vinse il Festival.
Proprio come accadde con Ave Maria e Renato ancora una volta rimase deluso da quel risultato.
La canzone narra perfettamente la condizione degli anziani che vivono la paura di ritrovarsi soli, persone a cui restano soltanto i ricordi di una vita perché il resto della società pensa che non siano più utili.
Vengono insultati dai più giovani proprio con il termine “vecchio”, vengono tagliati fuori perché si pensa che le loro idee non siano più contemporanee, che non hanno ragione di esistere, diventano invisibili.
Molto spesso Renato ha affrontato questo triste argomento e ci ha ricordato di tutti quegli anziani che vengono lasciati negli Istituti o vengono abbandonati l’estate. Sono molti i figli che mettono i loro genitori nelle case di cura e li vanno a trovare magari la domenica convinti così di avere la coscienza a posto.
E capita spesso di incontrare vecchietti che si sentono soli e lo si capisce perché cercano subito il dialogo con chiunque gli sia accanto. Certo ad un certo punto della vita si perde inevitabilmente il coniuge, i nipoti crescono e la solitudine diventa quasi inevitabile.
E voi avete paura della malinconia?
Vi capita mai di pensare al vostro futuro ?
Angela Amendola
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