Draghi Presidente? I Partiti Politici si arrovellano su chi sarà il successore di Mattarella? Ma cos’è un Partito Politico?
Le definizioni sono tante e nel corso degli anni, hanno assunto varie sfaccettature.
Per chi scrive un partito politico è un “soggetto” che nasce da ciò che accomuna cittadini con una medesima identità e visione, linea, stile e finalità di interesse pubblico ovvero relativa a questioni fondamentali circa la gestione dello Stato e della Società civile.
L’attività di questo soggetto è finalizzata all’interesse comune, locale e/o nazionale, si esplica attraverso lo spazio della vita pubblica con la definizione di un concreto programma politico da perseguire e, nella democrazia rappresentativa quale la nostra, ha per “ambito prevalente” quello elettorale.
I partiti sono anche mediatori tra lo Stato e i cittadini svolgendo la funzione di controllo dei governati sui governanti.
I candidati, infatti, presentandosi all’interno di liste di partito, sono (sarebbero) facilmente “punibili” nel caso di un’eventuale rottura del patto di fiducia tra il candidato eletto e gli elettori che lo hanno votato.
I partiti svolgono (?) una indiscussa funzione di socializzazione politica, poiché attraverso la loro azione educano gli elettori alla democrazia.
L’origine dei partiti, manco a dirlo, risale alle teocrazie, cioè alle prime forme di governo a base religiosa.
Le città-stato avevano un dio patrono, rappresentato da una classe sacerdotale e dal Re ed i templi erano, di fatto, le sedi di quei “partiti”.
Gli Egizi, ad esempio, diedero vita a una fiorente civiltà, durata oltre 3500 anni, frutto dell’unione di più “partiti religiosi” che governavano varie città.
I partiti laici, svincolati da caratteristiche religiose, nacquero nell’antica Grecia grazie al pensiero dei filosofi che fondarono la politica sull’analisi razionale della società e sui valori da seguire.
Tuttavia i gruppi-partito greci furono l’espressione dei clan tribali fino alla riforma di Clistene (565 a.C.-492 a.C.) che ruppe questo sistema dividendo Atene in 10 aree geografiche (gli antichi “collegi elettorali”), mescolando così le tribù.
Ogni area eleggeva i magistrati e fra di loro vi erano sorteggiati 50 rappresentanti alla Bulè, il consiglio dei 500 con potere legislativo.
Con Pericle nel V secolo a.C. la democrazia si rafforzò anche attraverso il pagamento dei rappresentanti del popolo: i magistrati ricevevano uno stipendio per non essere condizionati dall’esterno e un indennizzo (un gettone di presenza) per assenza dal lavoro era dato alle migliaia di rappresentanti all’Assemblea Generale dei cittadini liberi, che si riuniva quattro volte al mese e votava le proposte di legge dell’Assemblea dei Cinquecento.
All’Assemblea generale partecipavano tutti gli ateniesi liberi maggiorenni con diritto di parola e di voto e si votava anche l’ostracismo contro alcuni cittadini, ovvero l’ineleggibilità per coloro giudicati “indegni”.
Nell’antica Roma la politica era caratterizzata dalla divisione fra patrizi, la minoranza dei ricchi, e la maggioranza dei plebei, i poveri che erano molto meno rappresentati nei comizi centuriati.
Nel Medio Evo tra i secoli XII e XIV la contrapposizione fu data da guelfi (partigiani del Papa) e ghibellini (partigiani dell’imperatore del Sacro Romano Impero Germanico).
Il primo nucleo di bipolarismo politico tra “conservatori” (Tories) e “progressisti” (Whigs) nacque in Gran Bretagna nel XVII secolo: i primi erano inizialmente sostenitori della monarchia assoluta, i secondi della monarchia costituzionale.
Sedevano in Parlamento ma poteva accedervi solo chi aveva un certo censo: il diritto di voto spettava solo a chi possedesse una terra con una rendita di 40 scellini.
La Rivoluzione francese del 1789 delineò invece le tre componenti della politica moderna: centro, destra, sinistra. Quando il Re Luigi XVI fu rovesciato, il Terzo Stato si proclamò Assemblea Costituente diventando il rappresentante di tutta la nazione.
I membri si divisero nell’emiciclo: i conservatori si sedevano a destra, i radicali e i rivoluzionari a sinistra.
Il centro, chiamato Palude, era uno spazio indistinto, senza identità politica precisa…esattamente com’è diventato oggi il Centro in Italia: una vera e propria palude o forse, meglio, un puntino cui mirare al tiro a segno!
E nel tentativo di ridare dignità politica al Centro, sono tanti i presunti leader e le iniziative e le bocche che si riempiono di questo termine.
Obiettivo esplicito e dichiarato, ridare vita, al più presto, ad un Partito simile, di “leggera …non eccessiva” ispirazione Cattolica, a quello che nel dopoguerra ha guidato il Paese alla rinascita: la Democrazia Cristiana, quella “nobile” di Don Luigi Sturzo e di De Gasperi…rinascita dopo-guerra…rinascita dopo-covid…
Un Partito che abbia nella Dottrina Sociale della Chiesa la sua identità e visione socio-politica, in un evidente, odierno deserto di idee e di populismo.
Dottrina Sociale della Chiesa, tre parole che oggi suonano quasi come una delle definizioni più ostiche di un cruciverba.
Molto semplicemente, invece, dall’analisi di quelle tre parole, emerge in primis che la dottrina sociale della Chiesa è un insegnamento, “uno stile” che riguarda la sfera del vivere sociale.
Il pensiero sociale nacque già dai primi secoli della Chiesa, tuttavia divenne vero punto di riferimento con l’Enciclica di Leone XIII “Rerum novarum” (1891), nata per dare risposte, manco a dirlo, alle precarie condizioni umane e lavorative degli operai.
Possiamo affermare che la dottrina sociale della Chiesa si occupa principalmente dell’uomo in quanto creatura di Dio, dotata di dignità spirituale e soprannaturale, centro dell’ordine economico, sociale, politico; della famiglia; del lavoro, che va visto, come già richiamava Giovanni Paolo II, «Nel quadro più ampio di un disegno divino utile ai singoli alla realizzazione dello scopo fondamentale della loro vita, mentre l’impegno dell’occupazione di tutte le forze disponibili è un dovere centrale dell’azione degli uomini di governo, politici, dirigenti sindacali ed imprenditori e le autorità responsabili sono preposte perché mettano mano ai provvedimenti necessari a garantire ai lavoratori la giusta retribuzione e la stabilità».
Si occupa dello Stato, perché esso deve essere una società organizzata, dove è garantita la convivenza civile, le giuste libertà individuali e sociali e la giustizia giusta, nel perseguimento del bene comune, dell’intera comunità e non di pochi, ma nel rispetto della libertà religiosa di tutti i culti.
La Dottrina Sociale della Chiesa tocca pertanto tutto ciò che ci riguarda da vicino la persona umana, prossimità divina, verità dell’uomo, solidarietà, salvaguardia del creato, bene comune, principio di sussidiarietà, famiglia, lavoro, vita economica, comunità politica, pace, comunità internazionale… insomma tutto ciò che ci circonda è Dottrina Sociale della Chiesa!
La questione ambientale, con la perenne emergenza clima-spazzatura nella nostra Terra; la sicurezza stradale; le difficoltà incontrate dalla famiglia oggi; l’immigrazione, che porta con sé vicende tanto dolorose; la mancanza del lavoro e dello sviluppo specialmente nel Meridione e per i giovani, lo spopolamento, le fabbriche che chiudono, modelli economici e sociali da rifondare, spinte ambiguamente politico religiose …come ci continua a ripetere testardamente Papa Francesco.
La sfida non è banale ma qualcosa va fatto per uscire da questa palude ormai senza fondo e di certo non servono nuove teocrazie (ne abbiamo già una che invade e minaccia il mondo da decenni).
E se qualcosa va fatto, a mio avviso, occorre partire da una chiara visione progettuale del nostro Paese e – direi assolutamente – dell’Europa che, all’interno dei principi di una chiara, rinnovata e “francescana” (nel senso di “Papa Francesco”) identità di ispirazione cattolica, detti linee politiche e stili di leadeership capaci di coinvolgere i giovani (ripeto e sottolineo “i giovani”) in questa sfida superando l’approccio approssimativo ed interessato degli attuali partiti e movimenti politici italiani, cattivi maestri…
Visione progettuale da affrontare nell’ambito di una primissima iniziativa di “La Formazione Politica al Centro”, una vera e propria Scuola di Formazione Politica e Socio-Economica residenziale dove formare nuovi Nuovi Leader Politici davvero.
La lezione del Presidente Draghi insegna: competenza, leadership riconosciuta e visibile a livello internazionale, modestia (sono un “nonno al servizio del Paese”), determinazione, superiorità rispetto allo “scalpitare di piccole donne di altrettanti piccoli partitini”…
La prima sfida da affrontare è quindi culturale perché nell’attuale palude non rischia di affogare solo il Centro…purtroppo…
E’ per questo spero davvero che le opportunità offerte dal PNRR vengano colte nella loro interezza, senza speculazioni e strumentalizzazioni, anche se la “carente competenza” dilagante nella attuale Pubblica Amministrazione Locale mi fa temere davvero NON POCO !!!
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