I fileja o maccheroni calabresi

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Avete mai assaggiato i fileja?

In molti si sono sbizzarriti nel creare sempre nuovi condimenti ma la ricetta di base è sempre la stessa: acqua e farina!

Per i neofiti, si tratta di un tipo di pasta tramandata dalle massaie che dovevano inventarsi ogni giorno per sfamare la famiglia.

Non esistono dosi, tutto è affidato all’esperienza e al sentimento. Farina quanto basta e acqua quanto basta per creare un panetto solido ma non troppo.

Qualcuno ha aggiunto un uovo alla ricetta ma è a discrezione e non va usato nelle ricette che prevedono i legumi come condimento.

Cercherò di spiegare la semplice ricetta, quella che fa parte della tradizione vibonese.

Bisogna prima di tutto, disporre la farina a fontana su un piano di lavoro e mescolare  tanta acqua quanta ne richiede, impastare energicamente e quando l’impasto diventa elastico, lasciarlo riposare per una mezz’ora. Mentre si aspetta, si prende una cesta piatta e si copre con una tovaglia immacolata.

Si riprende in mano l’impasto e si divide in piccoli pezzi, giusto per rendere facile il lavoro. Si deve lavorare in modo da creare tanti bastoncini lunghi circa otto cm. e larghi uno.

Le più esperte non usano il coltello per dividerli ma sentono sotto le mani se è della giusta dimensione e li staccano con un gesto veloce delle dita.

Mescolare i bastoncini alla farina per evitare che si attacchino tra di loro poi prendere un legnetto (a ligami) delle dimensioni di un ferro da calza e in mancanza del legnetto, anche il ferro da calza va bene, attorcigliare intorno ad esso un bastoncino di pasta, e appoggiato al tavolo, filare con un colpo secco delle mani. Sfilare con delicatezza e mettere sulla cesta in maniera ordinata, mai sovrapporli per non schiacciarli o farli appiccicare.

Andare avanti fino a finire tutto l’impasto. Mentre i fileja si asciugano, si può procedere alla cottura, prepareremo proprio la ricetta tradizionale di Vibo Valentia.

Mettere sul fuoco una pentola d’acqua, sempre q.b. quando l’acqua bolle, buttare dentro i broccoli, precedentemente tagliati e lavati, aggiustare di sale.

Quando sono cotti, buttare i fileja, prendendoli con delicatezza. La cottura è breve, trattandosi di pasta fresca e poco prima che si sia completata, scolare l’acqua in eccesso, condire con olio evo e finire la cottura.

È importante che i fileja non risultino troppo asciutti o troppo annacquati. Lasciar riposare un paio di minuti, una spolverata di peperoncino piccante ed è tutta goduria.

Ci sono, come detto prima, le varianti: con legumi e sugo di carne di maiale.

Nei ristoranti troviamo la ricetta con sugo di melanzane o pesce spada.

Tutte ricette ottime, da leccarsi letteralmente i baffi. Ora, voglio raccontarvi di quando era difficile procurarsi farina e broccoli e legna per accendere il fuoco.

La fame aguzzava l’ingegno e univa le persone, i giovani si adoperavano per procurare gli ingredienti mentre le madri di famiglia pensavano alla cucina.

Il più scaltro rubava l’impasto, spesso lievitato, dai forni; c’era chi andava a cercare legna e chi, per campagne a rubare broccoli.

C’era chi doveva procurare olio o meglio ancora, lo strutto . Quindi, come potete ben capire, i tempi erano lunghissimi.

Bisognava filare l’impasto, cuocere i broccoli e fare attenzione che la fiamma restasse sempre viva.  Alla fine, dopo aver mangiato, la soddisfazione era immensa.

A volte cadeva un pezzo di pasta filata sul pavimento e ovviamente, trattandosi di pasta lievita, il filejo, aveva triplicato le sue dimensioni.

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