“Ho amato tutto”

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” Tu sei l’unica messa a cui io sono andata, un volo che è partito, svanito in fondo al blu“.

Vi propongo un frammento della canzone che ha per titolo ” Ho amato tutto”, un brano che nei giorni correnti gareggia nell’ambito della settantesima edizione del Festival di Sanremo, che stasera chiuderà i battenti su una fetta più o meno discutibile di musica italiana, con la conseguente proclamazione del vincitore della categoria “Big”.

L’interpretazione é stata affidata a Tosca, vincitrice nel 1996, insieme con Ron, della storica e talvolta bistrattata ( ma sempre seguitissima) kermesse canora dal sapore tutto nostrano , con l’indimenticata e sempre in auge “Vorrei incontrarti tra cent’anni”.

“Ho amato tutto” è stata scritta da Pietro Cantarelli, noto collaboratore di Ivano Fossati.

Mi preme porre all’attenzione di chi legge, le motivazioni che mi hanno indotta alla predilezione analitica del suddetto brano.

Una personalissima opinione mi spinge a ritenere che arrangiamento e contenuti del testo siano in assoluto i migliori tra quelli proposti dai ventiquattro artisti in gara.

Le frasi fluiscono in maniera eccezionalmente armoniosa ma con un’incessante tensione verso una tangibile irrequietezza , come spesso accade in una bella poesia che è stata scritta con la consapevole cognizione del dolore.

Così Tosca, vestita d’una classe desueta e di quelle sue straordinarie peculiarità vocali , narra con estremo trasporto emotivo di un amore che ha conosciuto la parola “fine”.

Nonostante tutto non si percepisce alcun sentore che induca al legittimo sentimento di rabbia, da parte di chi subisce l’ingiustizia di un inspiegabile abbandono.

Anzi, in riferimento ad un’esplorazione testuale sempre più approfondita e soggetta alla ricerca dell’ipotetico rancore , non si fa altro che assistere, in maniera del tutto inaspettata, all’esternazione di un sentimento di dolcissima gratitudine, quella che si prova nei confronti di chi, nonostante abbia arrecato un male che attenta alla serenità in senso lato, ha permesso all’altro d’aver piena contezza della felicità.

Tosca, nel corso della sua magistrale interpretazione, affronta l’esibizione con un velo di composta sofferenza nostalgica.

Desidererebbe con tutta se stessa ritornare tra le braccia della persona amata, ma non lascia nemmeno per un istante che l’illusoria ed ingannevole aspettativa prenda il sopravvento.

È pienamente cosciente dei limiti imposti dalla tirannia dei sentimenti, del loro frequente ed irrimediabile svanire, del fatto che, nonostante il voler bene ad oltranza non implichi necessariamente alcun ritorno, la scelta coraggiosa di non accantonare i migliori ricordi può fungere da terapia catartica.

Intravedo un misto di dignitosa rassegnazione e di acquisite ed amare consapevolezze che non inibiscono, malgrado tutto, il desiderio dimesso di ripristinare le dinamiche di un tempo che fu.

Non si riesce a comprendere appieno se quest’uomo, quasi amaramente idolatrato dall’interprete , decida ad un certo punto di ritornare sui propri passi.

Ad ogni modo non muterebbe l’intensità del trasporto emotivo di chi canta il brano, nei confronti di un amore che ha avuto la capacità di imprimere nell’anima, al contempo, degli squarci dolorosi e delle carezze remote.

“Tu sei l’unica messa a cui io sono andata”.

L’intero pezzo musicale avrebbe tranquillamente potuto fare a meno di vestirsi delle restanti espressioni contestuali poiché, in una sola frase, si concentrano influenti e potentissimi sprazzi di una commovente ed esasperata sacralità, attribuiti esplicitamente all’esclusiva ed insostituibile fonte del desiderio.

Il bisogno di lui è molto forte, così disperatamente irrinunciabile da indurre l’interprete a spostare la centralità del soliloquio sull’intenzione di operare dei bilanci, tutto sommato, intrisi di una relativa positività.

Probabilmente la scelta è dettata dall’esigenza di non soccombere al cospetto dell’insopportabile assenza.

” Se tu mi chiedi in questa vita cosa ho fatto, io ti rispondo ho amato, ho amato tutto.

Potrebbe apparire bizzarro e desueto, ma la mia personale opinione mi induce a ritenere che il momento più emozionante dell’interpretazione di Tosca risieda nel profondo sospiro che l’artista emette alla fine del brano.

In quell’afflato liberatorio si concentrano solitudini, amarezze, rimembranze, nostalgie, insostituibili mancanze, intime riflessioni.

Purtroppo o per fortuna ( non amo, infatti, categoricamente e con presunzione sentenziare sui gusti personali), il “baricentro” del sentire comune si è nettamente spostato verso altra tipologia di stili e di sonorità.

Per tale ragione credo che Tosca, seppur è possibile che si aggiudichi un’ottima posizione all’interno della classifica generale, ahimè, non sarà la vincitrice della kermesse canora.

Avremo ovviamente modo di venire a conoscenza, questa sera, dell’insindacabile verdetto

“È tardi, si spegne la candela, è sempre troppo tardi per chi non tornerà“.

No, carissima Tosca, non è affatto tardi.

Stasera tornerai su quel palco che fa sognare da settanta anni e sarai ancora malinconica, magnifica nella tua semplicità, elegante ed intensa.

Ed io resterò lì, immobile ed emozionata, innanzi al mio piccolo schermo, goffamente intenta a celare una lacrima impertinente.

https://m.youtube.com/watch?v=ugvyCoOiETc&feature=youtu.be

Maria Cristina Adragna 

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Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

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