FOCUS -intervista a forte impatto- a  Giuseppe Ciulla, Catia Catania e Salvatore Quinci

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Giuseppe Ciulla, Catia Catania e Salvatore Quinci

“La cala”

Cento giorni nelle prigioni libiche

Gli eventi culturali sono come le ciliegie… uno tira l’altro, occasione tira occasione, circostanza tira circostanza.

È quanto accadutomi nei giorni scorsi, dopo la presentazione a Molfetta presso Trullo Beach, località Prima Cala, del libro “Senza Paura”, Edizioni ed Eventi Accademia, autrice Fiorella Grillo.

Apro Messenger e mi ritrovo un messaggio di Catia Catania: ”Ciao, Vincenzo, tu sei di Molfetta?

Noi (io e Giuseppe Ciulla, che ha scritto il libro con me) probabilmente verremo anche dalle tue parti a presentare il nostro libro “La cala”, uscito, editore Bompiani, lo scorso primo settembre.”

Coincidenza? Caso? Destino?

Possiamo chiamarlo come vogliamo.

La curiosità mi assale e scopro che “La cala” parla dei 18 pescatori di Mazara del Vallo liberati a Bengasi, giovedì 17 dicembre, dopo 108 giorni di prigionia a partire dalle ore 21 del 1° settembre 2020, quando un gruppo di pescherecci, che sta battendo i fondali davanti al golfo della Sirte, trentaquattro miglia a nord di Bengasi, viene intercettato da un capitano libico che alla guida di una pattuglia di corsari del mare sequestra due pescherecci e diciotto pescatori e li porta a Bengasi come prezioso bottino da offrire al generale Khalifa Haftar.

Ma cosa ci facevano in quel tratto di mare i pescatori mazaresi?

Cercavano di riempire le reti di gambero rosso, l’oro da mettere a tavola e per cui lottano da cinquant’anni!

Ancor di più mi appassiona “La cala” per aver risvegliato in me i ricordi, risalenti al periodo dicembre 1982 – agosto 1983 che mi vide in servizio presso il Ministero della Marina Mercantile, delle prime avvisaglie della battaglia intrapresa dalla comunità di Mazara per avere una pesca sicura e tranquilla e poter garantire un sereno stato sociale ed economico  alle tante famiglie che erano riuscite a mettere su una  delle più consistenti flotte pescherecce d’Italia, anche se con strutture portuali e commerciali non del tutto  adeguate all’entità del movimento.

Ed eccomi con i due autori de “La cala”, Catia Catania e Giuseppe Ciulla.

Giuseppe Ciulla, giornalista e autore televisivo, nasce a Mazara del Vallo, vive a Roma, lavora a La7.

Ha realizzato reportage e documentari nei Balcani e in Medioriente: Capulcu Prigionieri, fuga dall’Isis.

Ha scritto inchieste e racconti di viaggio: Lupi nella nebbia, Ai confini dell’imperoUn’estate in Grecia

Catia Catania è blogger e organizzatrice di rassegne letterarie ed eventi culturali. Vive a Mazara del Vallo ed è autrice insieme ad altri attivisti di Addiopizzo, un movimento che nasce dal basso e si fa portavoce di una “rivoluzione culturale” contro le mafie e per la giustizia sociale, del volume Sicilia. Una guida non convenzionale.

Fiore – Com’è nata la vostra esperienza di scrivere una storia così travolgente e ricca di emozioni, la cui lettura in alcuni passaggi non può non lasciarti scappare lacrime di dolore e di rabbia per quanto i “nostri” diciotto pescatori hanno dovuto sopportare?

Catania Ho seguito, da cittadina mazarese, con trepidazione i 108 giorni del sequestro dei nostri pescatori e la lunga, drammatica protesta delle loro donne a Roma. Ho gioito come tutti per il loro ritorno e per la conclusione positiva della vicenda. L’idea del libro è stata di Giuseppe, è lui che me l’ha proposto e io ho accettato senza esitazione. È stata per me una bella e importante opportunità.

Ciulla – Questa storia non doveva rimanere solo un fatto di cronaca, era importante per me tenerla viva, raccontarla meglio, e con essa raccontare 60 anni di guerra del pesce e di un mondo che è totalmente sconosciuto e non entra mai nel dibattito pubblico. Insomma raccontarla per bene serviva per tenere viva l’attenzione su un problema ancora aperto.

Fiore – Vi siete scelti perché già tra di voi c’era un feeling e per altre vicende culturali eravate già sulla stessa lunghezza d’onda o è stato un fulmine a ciel sereno che vi ha investiti in contemporanea?

Catania – No, nessuno di questi motivi. Ci conoscevamo solo di nome, avevamo degli amici in comune, ma fino a quel momento non avevamo mai collaborato a progetti o eventi culturali insieme, non c’era stata l’occasione. È stato il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, a proporgli il mio nome, quando Giuseppe gli ha esposto il suo desiderio di scrivere un libro a quattro mani sulla storia del sequestro.

Il feeling è nato dopo perché ci siamo trovati subito sulla stessa lunghezza d’onda ed è stata una collaborazione felice, ben assortita e anche riuscita, direi.

Per me è stata un’occasione di crescita perché era il mio primo libro e ho imparato molto dalla sua esperienza.

Ciulla – Avevo bisogno di una sensibilità femminile per realizzare parte del lavoro di questo libro. Catia ha capito subito lo spirito e abbiamo lavorato benissimo, come se ci conoscessimo da una vita.

Fiore – Come vi siete suddivisi  la collaborazione?

Catania – Peppe ha raccolto le testimonianze dei pescatori ed è stato molto bravo nel ricostruire il sequestro in tutte le sue fasi e le sue dinamiche, io ho parlato con le donne, principalmente con Rosetta e con chi ha vissuto i drammatici giorni del presidio romano.

Insieme abbiamo lavorato sul racconto della nostra città, sulla storia della marineria e della guerra del pesce.

 

Fiore – Siete mai stati prigionieri del cosiddetto blocco dello scrittore o la storia era così avvincente e coinvolgente da non esserci mai incappati?

Catania No, le cose da raccontare erano talmente tante che questo problema non si è posto. Abbiamo avuto forse il problema opposto: più ci addentravamo in un mondo – quello della marineria mazarese – e nella sua storia, che conoscevamo marginalmente come mazaresi ma non per averla vissuta “da dentro”, più ci rendevamo conto che le cose da dire erano così tante che un solo libro non avrebbe potuto contenerle tutte.

Ciulla – Nessun blocco, anzi come sempre succede quando le storie sono avvincenti, più esploravamo la storia di Rosetta Ingargiola e Piero Marrone, più scoprivamo come le vicende private e quelle pubbliche della marineria mazarese fossero intrecciate.

Era un mondo sconosciuto che ci chiedeva solo di venire allo scoperto.

Fiore – Qual è il messaggio che vorreste lasciare nel cuore del lettore alla fine della lettura de “La cala”?

Catania – Spero che nel lettore, alla fine della lettura, resti innanzitutto il rispetto per queste famiglie: madri, mogli, figli in molti casi ancora bambini, che non meritavano di vivere un calvario così drammatico per quasi quattro mesi.

Non lo meriterebbe nessuno, meno che mai delle famiglie perbene, di onesti lavoratori che vanno in mare e affrontano già tanti rischi per portare il pane a casa. Come dice Rosetta Ingargiola, “noi accettiamo tutto, il maltempo, le tempeste, perché sono cose che non si possono controllare, ma i mitragliamenti, i sequestri, il carcere, questo non si può sopportare”.

E poi quello che spero rimanga è il motivo per cui abbiamo scritto questo libro: far conoscere agli italiani le condizioni in cui vanno a pescare i nostri marinai, i pericoli che corrono, la mancanza di sicurezza, il costo, altissimo dal punto di vista umano, che ha il gambero rosso che arriva sulle loro tavole.

Ciulla – Catia ha ragione, aggiungo che c’è una questione di giustizia che rimane irrisolta, non affrontata.

Il Governo italiano dovrebbe pretendere giustizia per ciò che è successo ai nostri pescatori, le inchieste devono andare avanti, qualcuno dovrebbe rispondere di ciò che è successo.

Nel libro c’è anche un elemento d’inchiesta che gli investigatori dovrebbero prendere in esami: i pescatori riconoscono dal fotogramma di un documentario che ho trovato, l’autore delle principali torture fisiche e psicologiche, il capo delle guardie del carcere El Kufia di Bengasi. Lo stesso che sempre loro hanno visto torturare i detenuti libici.

Fiore – Il vostro libro è composto da due storie parallele, il dramma e la forza dei diciotto pescatori e il dolore e la forza di Rosetta Ingargiola, la madre del capitano del Medinea Piero Marrone, la quale ha già perso un figlio in mare e non vuole perderne un altro..

Vi siete suddivisi le due parti o il tutto è frutto di una condivisione massima, considerato che mi sono sforzato di individuare le quattro mani, ma non ci sono riuscito? Ne apparivano sempre due… Colpa o merito del vostro DNA mazarese?

Catania Come dicevo prima, all’inizio c’è stata una divisione dei compiti, soprattutto nel raccogliere le storie. Abbiamo scritto entrambi, ma c’è stato anche un lungo lavoro di revisione e di sintesi. Merito, forse, del nostro comune DNA, ma anche del talento e dell’esperienza di Giuseppe.

Fiore – Completiamo questo incipit prima di addentrarci per summa capita nell’analisi de “La cala”: scrivere in due significa “così facciamo prima e finiamo prima”?

Catania – No, tutt’altro. Noi abbiamo trascorso ore a confrontarci, a rileggere quello che scrivevamo ed eventualmente modificarlo, aggiustarlo, limarlo.

Se fosse servito solo “a fare prima” tu non saresti rimasto con il dubbio di non riuscire ad individuare le quattro mani e di chi avesse scritto cosa.

Ciulla –  C’era anche un problema logistico legato alle restrizioni covid. Io, che vivo a Roma, per mesi ho parlato con i pescatori solo telefonicamente, mentre Catia ha potuto incontrare Rosetta di persona.

Fiore – La vostra è una prosa profondamente intimistica con il pregio dell’universalità, in quanto, a mio avviso, ogni lettore che si avvicina con viva partecipazione alla vostra fatica letteraria, spinto anche dalla curiosità di conoscere i segreti pubblici e privati di quei 108 giorni di prigionia, non può non lasciarsi prendere dal fascino della forza espressiva delle vostre parole che creano immagini stupende e lo trascinano con potente emozione, sino alle lacrime, nei luoghi della vicenda rendendolo un testimone oculare.

In sintesi il vostro è un modo bello, attraente e dinamico  di “fare letteratura” e “romanzo”  nel cui mondo si rischia di essere statici e di non interessare a nessuno.

Catania – Sono lieta che questo libro riesca a suscitare forti emozioni in chi legge e che il lettore venga trascinato dalla forza vivida delle immagini. Il nostro intento non era solo raccontare un fatto di cronaca in maniera fredda o giornalistica, ma raccontare una storia dalla parte delle vittime e insieme a  questa storia restituire ai lettori un mondo purtroppo dimenticato, quello di chi va per mare, spesso segnato da lutti, tragedie, sofferenze.

Ciulla – Abbiamo scritto cercando di allineare il rigore giornalistico con una prosa che portasse il lettore là dove l’azione si svolgeva. Il tentativo era quello di calarlo il più possibile nella realtà delle vicende che queste persone hanno vissuto.

 

Fiore – Angoscia, speranza, nostalgia sono per me le tre parole chiave sempre presenti nelle pagine del vostro libro, parole, però, con lo sguardo volto all’ottimismo, anche nei momenti più terribili e bui della prigionia dei diciotto, della vita e delle catene della 74enne Rosetta.

Catania – Rosetta è una donna a cui la vita ha tolto tanto, troppo, ma non ha mai perso il suo sguardo positivo sul mondo. È caduta e si è rialzata tantissime volte e anche quando si è trovata ad affrontare le prove più dure ha sempre trovato dentro di sé la forza di lottare e di ricominciare. Non si è mai arresa, è un esempio di coraggio e determinazione, ma anche di generosità e dolcezza. Per me Rosetta è un’eroina, e la sua storia dovrebbe essere raccontata a tutte le donne che, di fronte alle avversità, decidono di mollare e di soccombere.

Ciulla –  Ai pescatori di Mazara la tentazione di mollare è venuta diverse volte, hanno passato l’ultimo mese in una cella completamente dipinta di nero, con sole due ore di luce al giorno. Ancora oggi non so cosa li abbia tenuti attaccati alla speranza della liberazione, probabilmente proprio le donne e gli uomini che dall’altra parte del Mediterraneo lottavano per loro.

Fiore – Particolarmente intrigante ritengo il vostro aver legato il racconto della paura e dello stress che investono i pescatori durante i giorni della prigionia con la storia più ampia del tessuto economico e sociale di Mazara del Vallo, punto essenziale, importante e rilevante della marina del  Mediterraneo.

Catania – Mazara è la sua marineria, è stata la flotta peschereccia più grande d’Italia.

La marineria, nei suoi anni d’oro, dagli anni Sessanta ai Novanta, ha fatto la fortuna di questa città, tutto il tessuto economico e sociale cittadino ne ha beneficiato.

Per questo è stato naturale per noi parlarne.

Per questo, man mano che raccontavamo del sequestro e dei pescatori, siamo andati a ritroso alla ricerca delle radici di questa città, della sua identità marinara, della guerra del pesce che negli ultimi 50 anni ha segnato la vita di questi uomini e di queste famiglie. I mazaresi hanno un debito di riconoscenza verso i pescatori, va coltivata la memoria ma va anche offerta loro, oggi, vicinanza e solidarietà.

È stato un viaggio che abbiamo compiuto con molta sofferenza ma anche con nostalgia per quello che è stato e per quello che avrebbe potuto ancora essere.

CiullaLa storia dell’economia di Mazara passa dall’economia della pesca, è imprescindibile. Ma la guerra del pesce, alcune restrizioni di Bruxelles, il senso di abbandono da parte delle istituzioni stanno portando i nostri armatori ad abbandonare la pesca.

Anche a questo speriamo serva il libro: a non cedere alla facile soluzione della rottamazione dei pescherecci per riprendere il mare e la voglia di partire. Ovviamente se lo Stato riuscirà a garantire la sicurezza dei pescatori.

Fiore – Altro elemento interessante del libro il forte messaggio di integrazione derivante dal “fare gruppo” delle donne musulmane, tunisine, italiane che, per ben quaranta giorni ed oltre, davanti alla Camera dei Deputati fanno sentire la loro voce per evitare che il Palazzo metta in naftalina  il problema della liberazione dei propri uomini. Un bel segnale etico e di immensa sensibilità umana…

Catania Si, ma se questo per il resto degli italiani è motivo di stupore, per noi mazaresi è la normalità.

L’accoglienza, l’inclusione, la convivenza armoniosa con la comunità magrebina fanno parte del nostro tessuto sociale da almeno tre generazioni.

Il nostro è un modello di integrazione rispettoso delle peculiarità culturali di ciascuna comunità che non ha mai voluto forzare la mano nella direzione di una fusione ma piuttosto ha preferito l’accettazione e il rispetto delle diversità. Ha funzionato, pur con i suoi limiti, abbastanza bene. È questo il collante che ha tenuto insieme donne di diversa religione e cultura nei 108 giorni e che da almeno quarant’anni tiene insieme i loro uomini sui pescherecci in una convivenza serena e rispettosa.

Ciulla – Anche tra i pescatori questa condivisione è stata molto forte. Nonostante i libici abbiano diviso gli equipaggi, italiani da una parte, stranieri dall’altra, in ciascuno di loro c’era la consapevolezza di vivere una dramma comune, di essere parte dello stesso destino.

Fiore – Considerato che non c’è due senza tre, altro dato fondamentale del vostro libro, dell’interesse che sta trovando nell’opinione pubblica, delle tante presentazioni effettuate e in itinere, è costituito dall’essere una spina nel fianco  della politica e del governo che a volte, se non sempre, dimenticano le Mazara del Vallo ritenendole fanfaluche, salvo poi a correre ai ripari quando si verificano fatti intollerabili e incresciosi descritti nel vostro “La cala”.

Catania – Questa è una questione spinosa e il motivo per cui purtroppo questa guerra del pesce si trascina da 50 anni.

Chiaramente non c’è mai stata la volontà politica di risolvere definitivamente la questione.

Chi ci ha provato, pochi per la verità, o non c’è riuscito o purtroppo, come nel caso di Giovanni Tumbiolo, non ne ha avuto il tempo

Ciulla – Anche per questo abbiamo scritto il libro.

Dopo questo sequestro non è più possibile far finta di niente, serve sedersi attorno a un tavolo e trattare per una pesca sicura in quelle acque, che poi sono quelle in cui si pesca il gambero rosso.

Fiore – Dopo questo bruttissimo episodio di sequestro e prigionia cosa rischia  Mazara del Vallo?

Catania – Mazara continua a rischiare la sicurezza, e quindi la vita, dei suoi pescatori. Gli episodi di aggressione che hanno continuato a subire i pescherecci da parte dei libici, anche dopo il rilascio dei 18, lo dimostra. L’alternativa è di non andare più a pescare il gambero rosso, che scomparirà dalle nostre tavole perché né i tunisini né tantomeno i libici lo pescano.

Ciulla – Mazara e la sua marineria rischiano l’isolamento, l’abbandono. E i pescatori che prendono il mare rischiano la vita.

Fiore – In conclusione possiamo tranquillamente affermare che l’amore di una madre per il figlio, l’amore di Rosetta per suo figlio Piero, è l’anello di congiunzione dell’intero romanzo epico che è “La cala” e costituisce la vicenda di un popolo, il popolo di Mazara del Vallo, che vede sempre più scendere l’asticella dell’entusiasmo per aver creato un grande e vasto polo marinaro e  alzarsi quella della paura, del tirare i remi in barca e non indirizzare più le prue verso l’altra sponda del Mediterraneo per far arrivare sulle tavole degli italiani l’ottimo e prelibato gambero rosso.

Aggiungo, completamente d’accordo con Luca Telese, che altro tema importante del vostro libro  è il futuro del meridione: cosa fare nel futuro e come evitare che i lavoratori diventino dei trasformatori che appiccicano le etichette sui barattoli, tenendo presente che l’Unione Europea dà un enorme contributo per ogni peschereccio che viene demolito. Una politica che ha ridotto ad appena 80 i pescherecci di quella che era la flotta di pescatori più numerosa.

Catania – Hai centrato molto bene la questione. La politica delle demolizioni ha fatto molto male al comparto pesca, perché insieme alla demolizione dei pescherecci ha demolito un intero settore produttivo e lavorativo. Se “aiuti” ci sono stati sono andati nella direzione sbagliata. La fragile realtà economica del Mezzogiorno va aiutata e tutelata in altro modo, non certamente aiutandola a scomparire, a chiudere i battenti o a ridimensionarsi.

Poi, chiaramente, la guerra del pesce ha contribuito a soffocare il comparto e gli sta dando  il colpo di grazia nel silenzio della politica e dell’Europa.

Ciulla –  Se le cose non cambiano Mazara diventerà una città di commercianti e non più di pescatori. Ma di questa prospettiva si devono far carico i rappresentanti istituzionali, anche quelli che finora hanno proposto scelleratamente la politica delle demolizioni. 

Fiore – Non mi resta che ringraziarvi anche a nome dell’intera redazione di ScrepMagazine per la vostra disponibilità e augurarvi ancora tanto successo nell’attesa di potervi abbracciare, conoscervi e salutare in occasione della presentazione de “La cala” in qualche Cala di Molfetta.

Buon tutto, ragazzi…

Catania – Grazie a voi per l’ospitalità all’interno del vostro magazine e a te per la lettura attenta e partecipe del libro, per averne colto ogni sfumatura.

Sarà un grande piacere incontrarti, amo tantissimo la Puglia e i pugliesi e vi ritorno sempre volentieri.

Anche noi auspichiamo di organizzare presto un tour del libro in Puglia che comprenda anche la tua città. A presto, dunque.

Ciulla – Grazie e a presto…

Il tempo di chiudere le telefonate con Catia Catania e Giuseppe Ciulla ed ecco in linea il Sindaco di Mazara del ValloSalvatore Quinci, che ho fortemente voluto in questo “Focus” sul libro  “La cala” e sul complesso tema della pesca del gambero rosso e della sicurezza dei pescatori mazaresi nel Mediterraneo.

In effetti, mi dice il Sindaco, appena Ciulla mi ha parlato della sua idea di voler scrivere un libro a quattro mani sulla vicenda del sequestro dei 108 pescatori subito gli suggerii il nome della mia concittadina Catia Catania che avrebbe fatto anche da trade union con i sequestrati e avrebbe raccolto le testimonianze dirette egregiamente riportate nel libro.

Mi sono speso a favore dell’idea di Ciulla perché la vedevo, a libro pubblicato, come strumento di divulgazione e di pressione culturale e civica sul governo italiano, ma soprattutto sul Consiglio europeo per evitare che si prosegua con la politica della dismissione dei pescherecci che porterebbe l’economia di Mazara a sprofondare in una crisi dalle conseguenze incalcolabili e molto negative”.

Fiore – Perché, Sindaco?

Quinci – Perché, come ho detto al Ministro degli Esteri, Di Maio, e il 12 maggio scorso nell’audizione davanti alle  Commissioni Riunite Affari Esteri e Agricoltura alla Camera, la pesca mazarese ormai è al bivio: o si trovano soluzioni immediate o andranno perse tutte le occasioni di sviluppo venutasi a creare con tanti sacrifici nel corso degli anni.

In altri termini siamo davanti a una questione vitale per la città di Mazara del Vallo, che attiene all’’identità stessa della città, messa sempre più a dura prova da aggressioni esterne, come le mitragliate subite per ore dalle motovedette libiche il 6 maggio scorso, che solo il caso ha fatto sì che non ci siano state vittime.

Se si fermasse la pesca del gambero rosso di Mazara del Vallo, una delle tante eccellenze della cucina italiana apprezzate in tutto il mondo, verrebbe meno un brand fondamentale ed essenziale per l’esistenza stessa della più importante flotta peschereccia del Mediterraneo, dedita alla pesca d’altura con la conseguente trasformazione in commercianti dei pescatori e quindi della società mazarese.

Provi ad immaginare cosa accadrebbe se, visti i rischi di andare per mare in questo periodo per l’incolumità fisica, economica e la sostenibilità finanziaria, gli  armatori di questo comparto economico, che vale 200 milioni compreso tutto l’indotto e migliaia e migliaia di posti di lavoro, tirassero i remi in barca.

Sarebbe fallimento totale.

Fiore – Quale sarebbe l’augurio, Sindaco?

Quinci – L’auspicio e l’augurio sarebbero che le possibili soluzioni affrontate e pianificate sui vari tavoli per supportare il comparto pesca industriale di Mazara del Vallo vengano attuate e messe in essere in modo che la mia città possa conservare la propria identità.

Per questo mi auguro che il libro “La cala” venga presentato in tutti i luoghi possibili, io sono a fianco degli autori, in modo che gli eventi facciano da cassa di risonanza e siano da stimolo a non mettere nel dimenticatoio il problema Mazara del Vallo.

Fiore – Grazie, Sindaco… noi di ScrepMagazine siamo disponibili ad ospitare alcuni eventi…

Quinci – Grazie a lei per avermi fortemente voluto sul vostro Blog… 

… a cura di Vincenzo Fiore

P.S. Si ringrazia la segreteria del Sindaco di Mazara del Vallo e Catia Catania, coautrice del volume “La cala”  per le significative foto del fotografo Roberto Rubino ( https://www.robertorubino.com/ ) messe a disposizione di ScrepMagazine a corredo dell’intervista.

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

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Vincenzo Fiore
Sono Vincenzo Fiore, nato a Mariotto, borgo in provincia di Bari, il 10 dicembre 1948. Vivo tra Roma, dove risiedo, e Mariotto. Sposato con un figlio. Ho conseguito la maturità classica presso il liceo classico di Molfetta, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Bari con una tesi sullo scrittore peruviano, Carlos Castaneda. Dal 1982 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti. Amo la Politica che mi ha visto fortemente e attivamente impegnato anche con incarichi nazionali, amo organizzare eventi, presentazioni di libri, estemporanee di pittura. Mi appassiona l’agricoltura e il mondo contadino. Amo stare tra la gente e con la gente, mi piace interpretare la realtà nelle sue profondità più nascoste. Amo definirmi uno degli ultimi romantici, che guarda “oltre” per cercare l’infinito e ricamare la speranza sulla tela del vivere, in quell’intreccio di passioni, profumi, gioie, dolori e ricordi che formano il tempo della vita. Nel novembre 2017 ho dato alle stampe la mia prima raccolta di pensieri, “inchiostro d’anima”; ho scritto alcune prefazioni e note critiche per libri di poesie. Sono socio di Accademia e scrivo per SCREPMagazine.

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