“7×7” con Emiliano Cheloni
Oggi incontro Emiliano Cheloni per la Rubrica “7×7” ovvero “7 domande per 7 risposte”, cercherò di stanare e meglio farlo conoscere a tutti voi, cari affezionati lettori di SCREPmagazine.
“7×7” è un format pensato e realizzato in sintonia col direttore editoriale, Giuseppe De Nicola, per far conoscere le nuove produzioni letterarie di alcuni Blogger di SCREPmagazine e Soci di Accademia.
Ed eccomi a casa del professore Emiliano Cheloni, un grazioso appartamento all’ultimo piano di un palazzo di Montesacro, la “città-giardino” nel cuore di Roma.
La radio in sottofondo suona musica rock e l’aroma del tè versato in due tazze di porcellana ci avvolge.
Una locandina originale di Ligabue (che Emiliano racconta essere riuscito a farsi regalare da un negozio di dischi) campeggia sullo scrittoio, su cui si trovano le copie del suo libro (“Fare Filosofia” con le canzoni di Ligabue) fresche di stampa e che sta autografando per gli amici e i lettori che glielo hanno ordinato.
1_VF._ In poche parole chi sei, cosa ami fare e qual è il ruolo della scrittura nella tua vita.
EC._ Emiliano Cheloni.
Faccio un “mestiere”, che non è un semplice mestiere, bensì una passione, una vocazione: l’insegnante, l’educatore.
Ho scelto questo percorso lavorativo e di vita, fin dalle scuole superiori, quando molti miei compagni di classe del liceo venivano a casa mia per fare i compiti, praticamente tutti i pomeriggi.
Ho contratto ormai da moltissimo tempo (senza alcuna possibilità di guarigione) la «malattia» socratica della maieutica: mi piace aiutare le giovani menti a tirar fuori il meglio di sé, a sviluppare un pensiero critico, ad appassionarsi alla cultura.
Cultura, la parola chiave della mia vita.
Non mi stanco mai di leggere un romanzo o un saggio, di guardare un film, di ascoltare una buona musica, di andare a teatro, al cinema o a una mostra d’arte.
Sono sempre stato curioso: da piccolo mi piaceva ascoltare i discorsi degli adulti e poi li estenuavo con una raffica di perché.
Tutto ciò mi ha portato a diventare un cultore della filosofia, la cui essenza, infatti, consiste nel continuare a meravigliarsi per il mistero della vita, conservando lo sguardo dei bambini, che non hanno pregiudizi e sanno porre senza filtri le domande cruciali sul senso dell’esistere, con una radicalità che spesso gli adulti non hanno più.
Parallelamente, ho sviluppato un amore altrettanto viscerale per la musica rock, prima per quella anglosassone e statunitense e poi per Ligabue, che per me ha rappresentato un decisivo punto di svolta nel mio modo di stare al mondo.
Nel tempo libero, infatti, io e mia moglie, oltre a condividere la passione per i libri, il cinema e il teatro, facciamo i fan del Liga: ascoltiamo continuamente le sue canzoni, compriamo magliette e gadget di ogni tipo e, soprattutto, andiamo ai suoi concerti: a «ballare sul mondo», ad «urlare contro il cielo», la nostra voglia di leggerezza, di libertà, di vivere «in pieno rock’n’roll ».
La scrittura svolge un ruolo centrale nella mia vita, sia nel lavoro di insegnante, sia nella mia attività di ricerca e di divulgazione culturale.
Mi dedico, soprattutto, alla scrittura di articoli e saggi di carattere filosofico.
2_VF._ Hai delle abitudini particolari durante la scrittura?
EC_ Per scrivere ho bisogno del mio notebook, di stare a casa, alla mia “postazione”, circondato dai miei libri e con la radio (sintonizzata su stazioni che trasmettono solo rock) in sottofondo. Scrivo direttamente usando un programma di scrittura, in prevalenza il word.
Quando però devo apportare delle correzioni o revisionare i miei elaborati, stampo tutte le pagine, le leggo ad alta voce, ed aggiungo le annotazioni con la penna.
Il rapporto con la carta stampata resta per me imprescindibile.
3_VF._ Quanto conta la conoscenza diretta della vita quando si racconta?
EC._ Non riuscirei mai a raccontare ciò che non conosco. Sarebbe pretenzioso e poco onesto intellettualmente.
Io scrivo in prevalenza saggi e articoli di filosofia, per cui si potrebbe pensare che si tratta di lavori astratti, avulsi dalla vita quotidiana.
Ma non è così: nel mio saggio “Le beatitudini di Gesù. Dalla vulnerabilità alla felicità. Un itinerario etico e antropologico” ho messo in campo la mia visione della vita, frutto di quello che ho sperimentato in prima persona e nel rapporto con gli altri, affrontando questioni etiche, teologiche e filosofiche che, secondo me, sono rilevanti nella vita di tutti i giorni:
la possibilità di essere felici, nonostante la precarietà e la fragilità della vita;
l’impegno etico nel rispondere all’appello implicito lanciato dalla vulnerabilità psicologica e antropologica insita in ciascuno di noi.
Nel mio nuovo libro, “Fare filosofia con le canzoni di Ligabue”, c’è tutto di me: mi sono davvero messo a nudo, come si legge nella Prefazione, che inizia con la mia data di nascita.
Solo raccontando di noi, possiamo raccontare anche degli altri.
4_VF._ Che messaggio hai voluto lanciare con il libro “Fare filosofia con le canzoni di Ligabue?”
EC._ “Fare filosofia con le canzoni di Ligabue” per me è un libro molto importante.
È una grande scommessa.
Non mi piace parlare di un messaggio da lanciare perché, da bravo discepolo di Socrate, non ho niente da insegnare, salendo in cattedra.
La mia intenzione, la “piccola-grande ambizione” di questo libro è quella di appassionare chi lo leggerà alle grandi questioni affrontate dai filosofi, partendo, però, da un inedito punto di vista, ossia dall’analisi delle canzoni di Luciano Ligabue.
Esse possiedono, secondo me, uno speciale potere creativo: ricorrendo istintivamente ad un linguaggio simbolico arcaico ed universale, il “rocker di Correggio” apre squarci di senso sul mistero stesso dell’essere.
Le sue canzoni raccontano storie di uomini e donne alle prese con la vita, la morte, la gioia, il dolore, lo scorrere del tempo, la speranza, la delusione, l’impegno sociale, l’amicizia, l’amore, Dio e molto altro.
Sono le questioni fondamentali affrontate nei secoli dai poeti e dai filosofi.
In sette capitoli ho cercato di mettere in dialogo i due mondi che meglio conosco e che forgiano il mio modo di essere e di pensare: rock e filosofia, storia di un incontro possibile!
5_VF._ Esiste un libro che ha avuto una grande influenza nella tua vita? C’è uno scrittore che consideri il tuo mentore?
EC._ Per me è impossibile parlare di un unico libro, perché ho sempre letto moltissimo, fin dai primi romanzi letti alle scuole medie, come Zanna bianca o Il buio oltre la siepe.
Leggere per me è come respirare, è qualcosa di cui non posso fare a meno.
A casa mia, i libri sono dappertutto ed io e mia moglie li compriamo in modo quasi compulsivo.
Sicuramente la Bibbia e i grandi classici della storia filosofia hanno svolto e svolgono un ruolo fondamentale:
i dialoghi di Platone, la Metafisica e l’ Etica a Nicomaco di Aristotele, le Enneadi di Plotino, le Confessioni di Agostino, i Pensieri di Pascal, la Critica della Ragion Pura di Kant, la Fenomenologia dello Spirito di Hegel, le Ricerche logiche di Husserl, Essere e tempo di Heidegger (ma l’elenco è molto più lungo).
E poi le opere di Freud, di Jung, di Jaspers, di Binswanger e di moltissimi altri psicologi e psichiatri.
E i nostri grandi scrittori e poeti italiani:
Leopardi, Montale, Ungaretti, Pirandello, Buzzati, per citarne solo alcuni.
Gli scrittori russi. Gli americani.
Ad esempio, amo molto Irvin D. Yalom ed in particolar modo il suo romanzo Le lacrime di Nietzsche.
Un discorso a parte va fatto per Luciano Ligabue, che nel mio libro ho definito un «poeta rock».
Ho ascoltato e cantato le sue canzoni praticamente tutti i giorni negli ultimi dieci anni: sono diventate parte integrante nel mio immaginario linguistico.
Ligabue ha scritto anche la sceneggiatura di tre film (che ha pure diretto come regista), ha pubblicato racconti, un romanzo e raccolte di poesie.
Il suo stile è inimitabile: gli invidio la capacità di riuscire, con una metrica asciutta ed essenziale (come impone la forma della canzone pop-rock) a catturare la vita, in tutte le sue sfumature, in modo che i testi sembrano rivolgersi in modo diretto a chi ascolta, parlando proprio di lui.
Come per i classici della filosofia, non ho un’unica canzone preferita di Ligabue: tutte, in qualche modo mi appartengono e mi risuonano dentro.
Chi leggerà il libro lo scoprirà.
Infine, non posso non citare il professore Michele Mazzeo, docente universitario ed affermato biblista, dal quale ho imparato davvero tanto: correggendo assieme a lui le bozze dei suoi libri, dialogando e confrontandoci su questioni teologiche e filosofiche, ho appreso, a mia volta, il “mestiere” di saggista.
Dotato di “grandeumiltà evangelica”, Mazzeo mi ha insegnato che lo scopo principale di chi scrive un libro non è quello di dimostrare la propria bravura o la propria preparazione culturale, bensì quello di farsi capire da chi legge, di essere chiari e diretti, di adottare un linguaggio comprensibile e accessibile a tutti.
6_VF._ Stai pensando a un futuro in cui la scrittura diventerà sempre più importante per te oppure la scrittura sta solo occupando una parentesi temporanea della tua vita?
EC._ La scrittura riveste già ora un ruolo importante e spero di continuare a scrivere saggi ed articoli, a condividere con gli altri la mia passione per la cultura.
É il motivo per cui sono Socio di Accademia e faccio il Blogger su SCREPmagazine: è un progetto in cui credo molto e che sta crescendo ogni giorno di più.
7_VF._ Quanto è importante la promozione per il successo di un libro?
EC._ Chi scrive, vuole essere letto. È innegabile.
E sogna che il proprio libro sia letto da più persone possibili: dai colleghi di lavoro, dai parenti, dagli amici e, soprattutto, da chi ci non ci conosce e che sceglie di acquistarlo perché ne é incuriosito. Oggi più che mai, nell’era “postmoderna” e della comunicazione digitale e multimediale, è necessario usare tutti i mezzi a disposizione – con i social in prima linea – per far conoscere la propria opera.
Anche se personalmente, la modalità che più prediligo è quella del caffè letterario: ho bisogno di guardare in faccia le persone, di rispondere alle loro domande, di consegnare a mano una copia della mia opera e di sentirmi felice come un bambino, quando qualcuno mi dice che il libro gli è piaciuto, che lo ha trovato interessante.
I rapporti umani, prima di tutto.
VF._ E… ORA SI BALLA SUL MONDO caro prof. “in bocca al lupo”!
Emiliano Cheloni, laureato in Filosofia presso l’Università Cattolica di Milano, ha studiato Teologia presso la Pontificia Università Lateranense di Roma e l’ISSR di Reggio Calabria.
Insegna nelle scuole superiori da oltre quindici anni.
Nel 2016 vince insieme ai suoi studenti il concorso SFI (Società Filosofica Italiana) “Tommaso Campanella”.
Ha pubblicato: «Il problema filosofico della tecnica», in Comunicazione filosofica 12 (2003); «Il destino degli ebrei italiani», in Linea tempo 3 (2003); Le(g)ali al Sud. Figure e testimonianze di un’esperienza didattica innovativa (Polistena 2012); Le beatitudini di Gesù. Dalla vulnerabilità alla felicità. Un itinerario etico ed antropologico (Collana Parola ed ethos. Itinerari per l’agire umano oggi , Aracne, Roma 2017).
Socio ed Editor dell’Associazione “Accademia Edizioni ed Eventi”, come Blogger pubblica regolarmente su SCREPMagazine ed è raggiungibile a questo link:
https://screpmagazine.com/author/emiliano-cheloni/
Vincenzo Fiore
Trovate il libro del Prof. Emiliano Cheloni a questo link:
“FARE FILOSOFIA” CON LE CANZONI DI LIGABUE (Emiliano Cheloni)