Ero una madre

116451

Sapete? Quando si è madri non esiste una sostanziale differenza tra le diverse specie presenti sul pianeta terra.

Una madre è una madre, e basta!

Che tu sia una donna, che tu sia una colomba, che tu sia una gatta piuttosto che una cerbiatta, serberai negli anfratti più reconditi del tuo essere genitrice la consapevolezza indiscussa di quanto amore possa esistere dentro te stessa.

Le madri sono intoccabili.

Nessuna creatura dovrebbe mai essere privata della presenza imprescindibile ed insostituibile della sua mamma.

Nessuna!

La madre è l’unico essere umano ad aver contezza di quel che ad un tratto significhi avvertire quel desueto “battito d’ali” in prossimità del ventre, che la rende cosciente dell’avvento del miracolo di una nuova presenza che s’avvinghia all’anima.

È la sola che sa dell’incostanza dei palpiti del nostro cuore prima ancora di ascoltarne il ritmo altalenante, talvolta cauto, in altre occasioni tenero, in altre ancora profondamente ribelle e tumultuoso.

La madre è l’anelito che attinge ad un’inesauribile fonte d’ossigeno, affinché possiamo esalare profondi ed ampi respiri di benessere e di pace profonda.

E lei era una madre, solo che non le è stato concesso il privilegio né il tempo di espletare il suo delicato e dolcissimo compito, poiché l’hanno brutalmente indirizzata sulla rovinosa strada del vile massacro.

Ma il particolare ancor più triste e disarmante risiede nel fatto che, insieme con lei, si è inconsapevolmente spenta anche l’innocente creatura che ella portava amorevolmente in grembo.

La protagonista di questa incresciosa e disumana vicenda è un esemplare di elefante femmina.

Lo sfortunato pachiderma è stato ritrovato in un fiume, in condizioni disperate , vittima impotente di una crudeltà che purtroppo esonda tiranna, all’interno di uno scenario che si inoltra ben al di là di tutto quello che è possibile concepire in modo razionale.

La povera elefantessa stava ancora in una posizione eretta , il suo cavo orale si mostrava totalmente dilaniato, a causa della terribile esplosione provocata dall’alimento che qualche ingiustificabile folle, di certo in preda ai personali deliri di sconfinata cattiveria , le aveva sicuramente offerto con atteggiamenti bonari.

Ci troviamo innanzi ad un epilogo degno della più cruenta delle pellicole dell’orrore.

L’efferatezza del dramma ha avuto inizio quando il meraviglioso ed austero elefante, una femmina in stato d’attesa, era uscito dalla foresta del Silent Valley National Park nel distretto di Palakkad, in India.

Proprio lì, a quanto pare, era stata ingannata da una serie di squallidi soggetti che avevano architettato ad arte una trappola, inspiegabilmente ed appositamente a lei destinata.

La finalità ultima?

Mero ed insensato divertimento.

Uno di questi è già stato arrestato.

Lo splendido esemplare di elefante, perfettamente conscio del fatto che fosse molto affamato, aveva seguitato a girovagare in cerca di qualcosa da mangiare.

Il destino beffardo ha purtroppo stabilito che l’animale decidesse di sostare nei pressi di un vicino villaggio.

A questo punto, senza pietà alcuna e in totale mancanza di un benché minimo barlume di sensibilità e di raziocinio , pare che qualcuno abbia offerto al povero animale un frutto saporito.

Nella fattispecie si sarebbe trattato di un ananas succoso.

Quell’alimento tanto anelato però, serbava in sé delle terrificanti insidie mortali.

Era stato brutalmente colmato di una serie di petardi, divenendo di conseguenza un vero e proprio ordigno preposto ad intenti infausti.

Nel momento in cui l’elefantessa si è accinta ad ingerirlo, il frutto è esploso immediatamente , provocando delle lacerazioni profonde ed irreversibili alla vittima ignara la quale, devastata dalle sue indicibili sofferenze, aveva invano cercato di trovare un po’ di sollievo nelle acque decongestionanti di un fiume, il Velliyar, dove da lì a breve è stata trovata ansimante.

Una delle guardie forestali che avevano tentato disperatamente di offrirle il proprio ausilio, riferisce che l’elefantessa, sin da subito, avrebbe fornito la certezza di versare in gravissime condizioni.

Sul posto sono persino stati fatti giungere due elefanti allevati in cattività, ma nemmeno i suddetti animali sono stati in grado di salvarla.

Ed è stato proprio in quell’attimo che, dopo gli estremi ma inutili tentativi di fare qualcosa per migliorare le sue condizioni, lo splendido esemplare di elefante femmina, che sarebbe diventata mamma dopo non molto tempo, si è abbandonata con arrendevolezza all’inclemenza della morte.

Lo ha fatto nella foresta, così, nel bel mezzo di una giornata di ordinaria e dissennata follia, inaspettatamente, ingiustamente.

Chissà come cantano le “ninna nanna” gli animali ai propri cuccioli.

Magari emanano dei suoni incomprensibili all’essere umano, ma intrisi in egual misura di un’amorevolezza che sa d’eterno.

“Quando il frutto che aveva mangiato è esploso, ha scritto sui social il forestale Krishnan, deve aver pensato al suo cucciolo che doveva nascere, più che a se stessa”

Lo credo anch’io.

Ed in merito alle ragioni che determinano certe priorità del sentimento non occorrono spiegazioni superflue.

Perché come ho scritto in precedenza :

Una madre è una madre, e basta!!!

Maria Cristina Adragna

Previous article“Sconosciuta me” Maria Grazia Del Franco
Next articleIl Primer
Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here