Il contesto ambientale in cui si vive e si cresce è fondamentale.
Conosco persone che da figli sono cresciuti con genitori impiegati pubblici e quindi abituati ai ritmi degli orari d’ufficio, al riposino pomeridiano del padre dopo il pranzo fatto alle 14, appena rientrato dal lavoro, alle “fette” in cui veniva diviso lo stipendio per assicurare cibo, bollette, vestiti e tutto quello che serviva e che era possibile realizzare.
Conosco persone che da figli sono cresciuti con genitori artigiani, a volte piccoli imprenditori.
Abituati alla totale assenza di orari, a padri che a volte uscivano alle 6 di mattina con qualsiasi tempo e rientravano quando potevano magari pieni di polvere, sudati e stanchi.
A volte padri e madri che lavoravano anche di notte i cui figli si sono abituati a stare da soli, a fare le faccende domestiche e a cucinare qualcosa da far trovare pronto.
Figli che grazie a quel lavoro e a quei sacrifici, hanno visto concretamente crescere la casa dei genitori dalle 2 stanzette alle 10 stanze, hanno potuto cambiare la macchina quando necessario e, più in generale, abituati al binomio “lavoro uguale crescita” , personale e sociale.
E questo modello, ancorchè banalizzato, rimane valido per una famiglia, per una comunità per una Regione, per una intera Nazione.
Così nelle comunità dove i tanti artigiani, magari prima piccoli poi anche grandi imprenditori erano la maggioranza, la radicalizzazione del binomio “lavoro uguale crescita” è diventata connotazione prevalente.
Nelle aree dove ciò non è accaduto, il lavoro pubblico, l’amicizia magari col politico di turno, il regalino per avanzare di carriera oppure per sistemare i figli, sono diventati modus operandi di un ambiente dove i soggetti di potere, oltre allo Stato centrale, erano solamente due: la massa e la politica… con tutte le “storture creative” alle quali siamo stati poi abituati.
Nei contesti più dinamici, invece, alla fine i poteri sono diventati 4: la massa, la politica, l’impresa, la stampa.
Intendiamoci bene. Anche qui “la creatività” non manca e alle raccomandazioni si sono aggiunte “bustarelle”, appalti magari truccati, camici e mascherine sulla carta … “che noi del Nord l’abbiamo duro” ma, a quanto pare, non dura e si rammollisce facilmente…
L’Italia viaggia ancora con queste due velocità: a 40 anni dalle stragi di Ustica e della stazione di Bologna!
Ma come diceva il mio maestro delle elementari, il “grandissimo” Peppino Gallucci, … “e quindi?”.
Anche quella volta che dovevamo fare una ricerca sulle armi degli uomini preistorici e portarne degli esempi, dei lavoretti, mi disse:
“De Nicola … e quindi?” visto che io, non avendo fatto nessuna ricerca né tanto meno nessun lavoretto, mi presentai con una mazza trovata per strada mentre la mattina andavo a scuola.
“De Nicola e questa cos’è?” – “Professore … una clava degli uomini primitivi” – “Ah una clava. Ho capito. De Nicola… e quindi?”…
E quindi con quella clava mi fece le mani rosse di botte punendomi per non aver lavorato.
Altri tempi. Tempi nei quali le botte facevano bene dato che, rimango ancor oggi convinto, che occorre essere intelligenti anche per capire il senso e il valore educativo di uno schiaffo ricevuto.
In ogni caso, ritornando all’argomento principe di questa mia riflessione, onestamente non credo che il lavoro d’impresa sia da osannare e che tutti gli impiegati pubblici del mondo sono degli scansafatiche.
Io credo piuttosto che denominatore comune in entrambe le situazioni sia lo Stato, un po’ come la figura genitoriale che definisce l’ambiente all’interno del quale i figli poi crescono e si educano.
Lo Stato è una entità bistrattata, un “pozzo di opportunità” interpretato solo come luogo di potere e sempre più spesso “popolato da ignoranti e da incapaci” non sempre in quanto tali ma spesso in quanto poco preparati alla seria gestione della “cosa pubblica” e alla dialettica relazionale.
Gente che diventa onorevole solo per aver avuto più like, gente che quando intervistata dai mass media recita roba scritta da altri, gente che nulla ha a che fare con leader alla De Gasperi, Moro, Berlinguer, Almirante… a servitori come Carlo Alberta Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, a imprenditori come Brunello Cucinelli che ha fatto della dignità morale ed economica di ogni suo dipendente e dell’ambiente, il vero successo della sua impresa.
E quindi? Ci aspetta il ritorno alla clava?