…e dico questo pensando a semplici carote…

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L’alluvione di Sarno e Quindici, o frana di Sarno, è stato un movimento franoso di vaste dimensioni che, tra il 5 e il 6 maggio 1998, colpì, in particolare, le aree urbane campane di Sarno, Quindici, Siano, Bracigliano e San Felice a Cancello, causando la morte di 161 persone.


E di nuovo si ripete questo film già visto questa volta a Ischia.


Sono passati quasi venticinque anni, un quarto di secolo, e siamo di nuovo qui a guardare in TV scene apocalittiche e bambine in pigiamino rosa trovate morte sotto un materasso coperto dal fango!
Un quarto di secolo! (La foto  ritrae una bimba di Sarno…)

E in TV si susseguono “presunti leader” che rivendicano cose già fatte, cose che avevano proposto ma che “chi allora governava non ha fatto”, Sindaci che chiedono soldi e miliardate sventolate per mettere in sicurezza il “fragile territorio italiano” dal rischio idrogeologico.
Già questo famigerato rischio idrogeologico, che – vuoto per pieno – corrisponde agli effetti indotti sul territorio dal superamento di livelli pluviometrici giudicati critici lungo i versanti, dei corsi d’acqua, della rete idrografica minore ed, in generale, della rete di smaltimento delle acque piovane.
Come a dire che cosa può succedere in un determinato sito se piove tanto, così tanto da superare un certo livello giudicato critico? Come se il problema fosse solo quello delle piogge.
Ed è passato un quarto di secolo e ancora non lo abbiamo capito?

Leader e noti esperti continuano a parlare in TV della necessità di mettere in sicurezza, di mappe di rischio, di fondi stanziati e di deleghe date ai Presidenti di Regione per mettere in atto i dovuti interventi…quando la questione è – purtroppo – diventata davvero banale.
I cambiamenti climatici porteranno in circolo sempre maggiori quantità di acqua.
Gli sbalzi termici e le “una volta normali” perturbazioni, diverranno sempre più intense e saranno in grado di concentrare eventi atmosferici molto violenti in archi temporali ridotti.
Parlo di acqua, di vento, di sole, di grandine, di maree…
Questo vuol dire una sola cosa: gli insediamenti antropici che si trovano adagiati su fianchi di montagne, magari a valle, in cima a montagne, in riva al mare, nei pressi di fiumi ecc… sono a rischio e, con i moderni mezzi di monitoraggio e la potenza di calcolo a nostra disposizione, non è difficile effettuare simulazioni per capire, se piove tanto sulla montagna alle spalle di Casamicciola, le acque che strade prendono e dove vanno a ingrossarsi di fango e dove poi alla fine “fanno sfogare” quella massa.
Non è complicato capire quindi come fare, per lo meno, per ostacolare, riconvogliare, smaltire nel modo più innocuo possibile quelle masse devastanti.
Analogamente per le abitazioni che si trovano praticamente a livello del mare delle tante bellissime cittadine italiane lungo la costa.
Provate a pensare cosa succederebbe per esempio a Salerno durante un acquazzone con vento forte se il livello del mare si alzasse solo di un metro sotto riva…
E allora se questo evento sta diventando non improbabile, perché non prendere oggi contromisure a largo per tutelare domani la città e i suoi abitanti?
E per favore senza cementificare e dico questo pensando a quello che fa una attenta “signora delle pulizie” ed alle carote…sì alle carote.

Gli argini di molti fiumi e versanti spogli mostrano spesso cedimenti a cui, in certi casi, si cerca di mettere una pezza con opere in cemento o compattando la terra.
Tutto questo per non spendere nella manutenzione e nella pulizia dei letti, degli argini, delle rive e dei boschi.
In caso di piena, però, l’acqua fa franare la terra intasando i canali naturali e fa cedere le strade che si trovano a ridosso, invadendo poi le campagne e gli abitati a livello.
Eppure, gli alberi che crescono ad esempio proprio lungo i corsi d’acqua sono i più adatti a trattenere il terreno, naturalmente a condizione che siano del tipo giusto, nella quantità giusta e tenuti sotto controllo.
Infatti, nel caso di corsi d’acqua, se è bene non lasciare che la vegetazione invada l’alveo, è male che gli alberi li si tolgano addirittura del tutto.
Se sono troppi tolgono spazio all’acqua, se sono troppo pochi non riescono a rallentarla abbastanza da ridurne la violenza devastatrice e questo discorso vale sia lungo le rive che sui versanti delle montagne, come quella da cui è sceso il fango a Casamicciola.
Un camion che investe una casa a 30 km all’ora, farà qualche danno, ma se arriva a 150 km/h la demolisce.
Così fa l’acqua, che oltretutto si insinua e scava come una trivella.
E qui entra in gioco la carota, tipico esempio, in miniatura, di radice e fittone.

Esistono alberi ad altissimo fusto che hanno radici a fittone che vanno sottoterra per la stessa profondità della loro altezza diventando, di fatto, delle vere e proprie palizzate.

Occorrerebbe “usare meglio la natura” lasciandole fare il suo lavoro, consolidando versanti con alberi ed arbusti che si propagano da soli meglio se con radici avventizie, vale a dire quelle che si espandono sottoterra facendo spuntare molte nuove piante, senza bisogno di seminarle.
E tutto ciò si può fare subito intervenendo in tutte quelle zone che, tramite un adeguato monitoraggio satellitare e/o aereo e relative simulazioni, appaiono come le più votate a far defluire enormi masse di acque, le più critiche.
Basta questo? No certo.
Forse qualche schiera di barriere a differenti quote sui costoni delle montagne, strade costruite con fondi stabilizzati e non su una semplice “leccate di asfalto”, barriere a largo a protezione delle coste…potranno aiutare e non risolvere ma sarebbe già tantissimo.
Aspettiamo altri vent’anni? Gli alberi sarebbero già belli alti se piantati “dopo Sarno”…
Giornalisti e politici non fanno che parlare di ecosostenibilità e dei fondi del PNRR…ecc… ma i soldi … bisogna saperli spendere!

3 COMMENTS

  1. Ma si da più importanza al ponte sullo stretto o ad altre opere inutili che servono solo a fare cassa in termini di consenso politico.

    • Ovvio ma se ci pensi l’uno non esclude l’altro … sono capitoli differenti e per mettere in sicurezza il territorio si possono implementare soluzioni di prevenzione amministrativa in sede di rilascio autorizzazioni ed interventi NATURALI senza cementificare di più

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