Dante e l’amor cortese

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Le donne figurano sempre come il motore che guida l’animo dell’uomo e poco importa se sia inferno o paradiso il luogo in cui conducono.

L’amore tra Dante e Beatrice è il più noto, letto, cantato ma forse non tutti sanno che, in realtà, i due fiorentini non hanno mai avuto una storia d’amore.

Il loro è sempre e solo stato un amore platonico, sognato,ma così romantico da diventare in breve tempo uno dei più famosi e amati di tutta la letteratura.

All’età di nove anni Dante la incontrò… solo uno sguardo. 

La rivide quando entrambi avevano compiuto i diciotto anni e durante quel secondo incontro tutto nella sua vita cambiò.

Pur non avendole mai rivolto parola, da quello sguardo nacque il suo amore per lei, una donna realmente vissuta, ma anche una creatura indefinita.

La donna che esistette davvero, si chiamava Bice, nata a Firenze nel 1266, figlia di Folco Portinari e sposa a diciannove anni di Simone dei Bardi.

Lui, Dante, l’amò dal primo momento, descrivendone la sua bellezza, il suo volto.

Ogni cosa in lei emanava purezza e grazia.

L’amò profondamente seguendo i canoni dell’amore cortese.

L’amò mantenendo intatto quel legame di amore platonico che avrebbe per sempre caratterizzato la loro storia.

Come già detto, il loro primo incontro avviene all’età di nove anni, numero che Dante, studioso dell’interpretazione numerologica, identifica col miracolo.

Il secondo incontro accade nove anni dopo, quando i due giovani incrociano i loro sguardi e Beatrice rivolge a Dante un primo saluto, generando in lui un’immensa felicità, dando vita ai primi germogli di quello che sarebbe diventato presto uno dei canoni “dell’amor cortese”.

Dante, rivede Beatrice in chiesa, ma perseguitato dal timore che altri si accorgano della sua attrazione per lei, sceglie di rivolgere le sue attenzioni a un’altra donna, rendendola schermo di quell’amore.

Quando quest’ultima deve allontanarsi da Firenze, Dante è costretto a scegliere una seconda donna schermo, gesto che inevitabilmente viene frainteso da Beatrice e la infastidisce a tal punto che la donna decida di negare al poeta da allora in poi il suo saluto.

E’ in questo modo che l’oggetto dell’amore del poeta diviene, non più una Beatrice terrena, ma una creatura angelica inviata da Dio stesso sulla terra per ricondurre il genere umano al bene
da cielo in terra a miracol mostrare”.

Condotto da un amico in un luogo dove sono riunite molte nobildonne, Dante ha l’occasione per un terzo incontro con la Beatrice adulta e non riesce più a dissimulare il suo amore per lei.

Schernito dalle altre donne, il poeta dice loro che tutta la beatitudine del suo sentimento non è solo nella figura  della sua attenzione, ma anche nelle parole che la lodano.

È in questo momento che Dante condivide con il mondo che lo circonda il significato platonico del suo grande amore.

A seguito della morte del padre di Beatrice, una visione appare al poeta.

E’ Beatrice stessa a essere portata via dall’Angelo della Morte.

Si fa strada così nella mente dell’uomo la possibilità che l’amata lo lasci in breve tempo, una riflessione che acquista concretezza poco tempo dopo, quando Beatrice, all’età di ventiquattro anni, viene a mancare.

Anche in seguito alla morte di Beatrice, Dante continuerà a proclamare il suo amore per lei, considerata come esempio di femminilità e bellezza, la donna ideale in grado di incarnare tutte le caratteristiche positive dell’amore.

Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: sospira…

Angela Amendola 

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