CAMILLE COROT (parte prima)
“Il ponte di Mantes”
Olio su tela 38×55 cm
Museo del Louvre, Parigi.
Jean-Baptiste Camille Corot nasce a Parigi da un’agiata famiglia di commercianti d’origine elvetica.
Dopo un’educazione liceale a Rouen, inizia a lavorare nel commercio dei tessuti, ma pur odiando la vita del commercio lavora fino a 26 anni, sino a quando il padre, stanco delle sue pressioni, acconsente a fargli adottare la professione dell’artista.
Si consacra quindi alla pittura e segue con entusiasmo i corsi di disegno all’Accademia di Charles Suisse.
Entra due anni dopo nell’atelier di Victor Bertin, noto pittore francese di tendenza neoclassica.
Seguendo i suoi preziosi consigli nel 1828 visita l’Italia, una meta quasi obbligata per tutti i futuri grandi artisti.
Il suo soggiorno in Italia, prevalentemente Roma e Napoli, dura circa 3 anni, durante i quali instancabilmente dipinge 350 opere tra disegni e dipinti.
Di ritorno in Francia inizia a dipingere in “plein air” nella foresta di Fontainebleau applicandosi sempre più spesso allo studio dal vero.
La critica, ormai favorevole, comincia a vedere in lui un grande maestro.
Espone regolarmente le sue opere al Salone di Parigi ottenendo un grande successo con il soggetto italiano “Il ponte di Narni”.
Nel 1846 il governo francese lo decora con la croce della Legion d’Onore.
Charles Baudelaire scrive che Corot è uno dei maggiori pittori francesi della sua generazione.
Dal 1856 al 1861 i viaggi intorno all’Europa si susseguono, così come i capolavori.
Contrariamente ad alcuni suoi colleghi artisti, Corot durante la sua vita non ha mai avuto bisogno di denaro. Di generosità proverbiale, dona 20.000 franchi ai poveri di Parigi.
Con il passare degli anni esegue magnifici ritratti e nudi in uno stile innovativo.
Torna una seconda volta in Italia, nel 1834, e visita Venezia e la Toscana.
Ma sulla strada del ritorno, incrociando la Lombardia, rimane incantato dalle leggere foschie sospese sull’acqua del Lago di Como, influenzando per sempre e in modo decisivo la sua arte futura.
Durante gli ultimi giorni di vita
si avvicina alla religione cattolica, anche se alcuni studiosi ritengono che si sia convertito anni prima.
Muore a Parigi in seguito a un cancro e viene sepolto tra gli applausi dei colleghi artisti, al cimitero di Père Lachaise.
Lascia in eredita’ più di 3000 quadri.
“IL PONTE DI MANTES”
“Il ponte di Mantes” rappresenta l’apice della produzione di Corot.
L’artista organizza lo spazio in modo complesso, intrecciando linee verticali, diagonali e orizzontali.
È anche il periodo nel quale i colori di Corot esprimono poesia, con forme ambrate.
Accordando cosi tutti i colori sul motivo del grigio-argento l’artista riesce a raggiungere l’effetto di un pomeriggio piovigginoso.
L’ambientazione autunnale è palese, sottolineata dai toni soffusi e dalle luci smorzate.
Mentre il bordo della riva ritaglia un angolo della tela, i rami degli alberi spogli in primo piano svettano verso il cielo quasi abbracciandolo.
Nell’orizzonte leggermente velato, Corot diffonde una luce dolce su questo paesaggio, attraversato dalle calme acque della Senna.
Unica concessione, ma che poco si riesce a distinguere, è il rosso vivace del cappellino del pescatore sulla riva bassa del fiume.
La presenza del personaggio nella barca può essere interpretato come il desiderio di Corot di essere in totale comunione con la natura. Quasi un autoritratto.
Tra i tronchi distanziati dei salici, vestiti di un fogliame diafano, s’intravvede uno scorcio del ponte scandito da potenti archi, che disegna una leggera curva.
L’edificio è completato da una casa, una volta occupata da un doganiere.
Sulla destra si vede un vecchio mulino.
La composizione presenta un equilibrio molto classico e modulato da una resa atmosferica sottile.
Con questa opera Corot ci pone di fronte ad una scena immobile, dove sembra regnare un’eterna quiete.
CONCLUDENDO:
La datazione del dipinto può collocarsi presumibilmente tra il 1886 e 1870 in un periodo in cui l’artista lavorò a Mantes-la-jolie, una gradevole cittadina sulla riva della Senna, a circa 60 chilometri da Parigi, dove l’artista eseguì numerose altre vedute.
Jean-Baptiste Camille Corot era assai amato dai colleghi per il suo altruismo, tanto da meritarsi il soprannome di “padre” per via dei legami di stima, generosità e affetto che aveva stretto con gli altri pittori.
Bruno Vergani
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