Secondo il racconto dell’Odissea, Calipso era figlia di Atlante e viveva sull’isola di Ogigia.
Donna bellissima e immortale, Calipso fu punita dagli dei per essersi schierata dalla parte del padre nella Titanomachia.
Le Moire mandavano uomini bellissimi ed eroici di cui non faceva che innamorarsi, ma che poi dovevano partire.
Calipso abitava in una grotta profonda, con molte sale, che si apriva su giardini naturali, un bosco sacro con grandi alberi e sorgenti che scorrevano attraverso l’erba.
Ella passava il tempo a filare, tessere, con le schiave, anch’esse ninfe, che cantavano mentre lavoravano.
Ulisse, scampato al vortice di Cariddi, approdò sull’isola. ma non poteva andarsene da lì, non avendo più la nave: era naufragato.
I suoi compagni, trasgredendo un preciso ordine divino, sbarcati in Sicilia, isola sacra al dio Sole, uccisero per cibarsene le vacche sacre.
Helios chiese vendetta al padre degli dei.
Ripartiti, i sacrileghi vengono colpiti da una violenta tempesta scatenata da Zeus.
Il solo Ulisse si salva e dopo dieci giorni di sofferenze e fatiche, viene scagliato dagli dei sull’isola di Calipso.
Calipso se ne innamorò e lo tenne con sé per sette anni.
Per legarlo a sé gli offrì l’immortalità, che l’eroe insistentemente rifiutava.
Calipso è dolce e buona, a parte bellissima, ma Ulisse la rifiuta, assalito dal desiderio disperato di rivedere la sua patria, di riabbracciare la moglie Penelope e il figlio Telemaco.
Atena, dispiaciuta, chiese aiuto a Zeus che mandò Ermes da Calipso per convincerla a lasciar andare Ulisse.
Lei, a malincuore, acconsentì.
Ecco come lo descrive Omero:
E lo trovò [Calipso] seduto sul lido: né mai gli occhi
erano asciutti di lacrime, e la dolce vita si consumava
a lui che piangeva per il ritorno, poiché la ninfa non più gli piaceva;
e la notte invero egli dormiva ma per necessità
nel cavo antro, non volente accanto a lei volente,
e il giorno poi, seduto sulle rocce e sul lido,
in lacrime e gemiti e affanni lacerandosi il cuore
guardava verso il mare inquieto stillando lacrime.
(V,vv.151-158)
Calipso, per onorare la volontà degli dei e salvare la pelle ad Ulisse, accetta di lasciarlo andare anche perché l’uomo che ama ormai è lo spettro di se stesso.
Ulisse, alla notizia della sua improvvisa partenza, non sta più nella pelle, e si mette all’opera per costruirsi una zattera.
Calipso diede a Ulisse legname per costruirsi una zattera, e provviste per il viaggio.
Gli indicò anche su quali astri regolare la navigazione.
Cosciente di procurare a Calipso un immenso dolore, di andare incontro ad altre prove, Ulisse parte entusiasta, lasciandosi alle spalle l’isola sperduta nel grande mare, la donna che aveva amato e che l’aveva trattenuto con sé finché ne era stata capace.
Ma alla fine Calipso si rende conto che per quanto sia forte l’amore che sente, deve lasciar andare il suo amato.
Ulisse, viaggiando per mare, si imbatte in una tempesta scatenata da Poseidone, la cui ira non si fa nemmeno tanto attendere: un altro naufragio incombe sul destino di Ulisse.
Anche questa volta sarà una figura femminile a salvarlo, la dea Ino Leucotea.
Essa gli porge una benda che lui rifiuta di usare finché non si vede nuovamente perduto.
Ulisse è naufragato sull’isola di Feaci.