Anton Giulio Grande: l’intervista di Caterina Carnevale, Alessia Casella e Mariateresa Suppa 

Definito “l’enfant prodige dell’haute couture” per il suo precoce esordio, è ancora il più giovane stilista dell’alta moda italiana, con quasi venticinque anni di sfavillante carriera costellata da numerosi riconoscimenti in Italia ed all’estero. Lametino, di fama internazionale, brillantemente laureato al Polimoda (premiato come miglior allievo in occasione dei venti anni dell’Università della Moda) e in parallelo all’Università di Firenze, Laurea Magistrale con il massimo dei voti in Lettere moderne, e Master al Fashion Institute of Technology (FIT) della New York State University.

Per noi semplicemente Anton Giulio, ex alunno del Fiorentino, in una chiacchierata intensa e illuminante, a riprova di come l’atavica caparbietà calabra, l’ambizione e la voglia di riscatto possano condurre lontano.

Anton Giulio, hai lasciato la nostra terra da ragazzo: cosa ti è rimasto e che rapporto hai oggi? 

Ho un rapporto bello che non si può e non si deve recidere: amo viaggiare e ve lo consiglio, ma tagliare i ponti con il passato è da ingrati, equivale a voltare le spalle alla propria Madre. Sono orgoglioso di essere calabrese, nato da una famiglia perbene che mi ha insegnato valori importanti e l’educazione. Lamezia, città molto bella, sarà sempre il mio porto sicuro, pur avendo vissuto a Parigi, in Svizzera, negli Stati Uniti. Negli anni non ho visto la Calabria molto cambiata: sta a noi non abbandonarla e farla evolvere, ricordando che siamo figli della “Magna Graecia” con un patrimonio culturale immenso. La cultura è l’unica vera arma di riscatto!

In passato hai rivelato d’aver subito atti di bullismo. Vuoi parlarcene?

Sì, ho subito bullismo: al tempo era molto forte anche perché tabù; oggi se ne parla e spero sia meno diffuso ma, se vi capitasse di assistere a tali atti, abbiate il coraggio di denunciare. Ancora ricordo con sofferenza gli scherni per le mie passioni, come la moda, e sebbene ciò mi abbia spinto a realizzare i miei sogni con maggiore fermezza, vi esorto a non essere gregari: il branco può uccidere se una persona non ha un carattere forte!

Ti sei formato professionalmente a Firenze: come hai maturato la scelta del Polimoda? 

Inizialmente nemmeno i miei credevano che l’amore per il fashion, manifestato fin dalle medie, potesse essere più di un hobby: ero un bravo liceale, autodidatta nel disegno, destinato a ben altro che a un mestiere ritenuto effimero e fuorviante. La vocazione, però, si era impossessata di me, rendendo sempre più pressante il desiderio di evasione da un contesto opprimente, sicché ho maturato la decisione del ‘salto’ studiando tanto pur di concludere in anticipo, ma con onore, il liceo. Grazie ad un’inserzione rinvenuta su una rivista femminile comprata in segreto, venivo a conoscenza della prestigiosa Scuola di Moda di Firenze, a numero chiuso, e inviavo la mia candidatura, forte solo della mia ambizione. Sono partito a 17 anni con una valigia piena di sogni, su un treno notturno, con mia madre che mi accompagnava mal volentieri, ma da lì si è aperto un mondo: dal brutto anatroccolo quale ero considerato qua… mi sono trasformato in un cigno!

Hai debuttato a Piazza di Spagna con la tua griffe a soli ventitré anni: ricordi la prima sfilata?

La più bella, quella che ricordo ancora perché era esattamente ciò che desideravo: Roma, l’Alta Moda, fare la mia sfilata personale e poi essere ‘promosso’ dal Presidente della Camera della Moda a fare la scalinata dei giovani. Era il 1997, timido, impacciato, scendevo la scalinata di Trinità dei Monti con a fianco modelle bellissime e in diretta mondiale. Che grande emozione, che bel riscatto!

Come ha influito la formazione classica sulla tua vita?

Ha influito tantissimo. La mia tendenza sarebbe stata frequentare il Liceo artistico, ma era a Catanzaro e sconsigliato. I miei genitori mi hanno orientato al Liceo classico e ancora li ringrazio. Spesso vi sentirete dire che le lingue classiche siano inutili ma io sono convinto che se più gente studiasse il Latino, il Greco e la letteratura il mondo sarebbe soprattutto meno violento. Se potessi tornare indietro, rifrequenterei il “Fiorentino” e con uno spirito nuovo: non con l’obbligatorietà dello studio scolastico ma apprezzando appieno la bellezza e la modernità di autori, come Cicerone, che poi si riscoprono nel tempo. Durante il lockdown, mi hanno fatto compagnia molti libri: ho riletto anche la Divina Commedia e lo consiglio, con il supporto video di grandi attori teatrali.

Qual è stato il tuo primo approccio al mondo della Moda?

Segretamente, con la paghetta settimanale, compravo le riviste di settore come Grazia, Amica. Al tempo non c’era Internet e diversamente bisognava aspettare il sabato sera per vedere, in televisione, un vestito di alta moda indossato da artiste come la Carrà, la Cuccarini. Ammiravo queste donne bellissime vestite con piume e paillettes e, probabilmente, è stato quello il mio primo approccio alla moda. Il mio stile è stato influenzato da quelle reminiscenze, riecheggiando Ferrè, Valentino, Versace… i grandi stilisti di un mondo fantastico che coniugava bellezza ed eleganza.

Si discute spesso della dieta troppo rigida delle modelle, tu cosa ne pensi?

Ogni periodo storico ha dei canoni di bellezza differenti. Un tempo le donne troppo magre venivano associate alla fame e al duro lavoro, si preferivano le donne con curve abbondanti. Oggi, invece, la tendenza è diversa. La modella, però, svolge un mestiere, non bisogna dimenticarlo: necessita di alcuni requisiti, per quanto discutibili possiamo reputarli. La modella pubblicizza un prototipo e ha il compito di sfilare e di indossare bene l’abito: le diete sono molto rigide ed è un lavoro estenuante, anche psicologicamente, data la brevità della carriera. Tuttavia, esistono tante forme di bellezza, non tutte ricollegabili al lavoro di modella, per cui ognuno dovrebbe assecondare le reali inclinazioni e valorizzare la propria unicità. In questo periodo, più che mai, anche gli stilisti stanno sdoganando gli stereotipi estetici e ogni tipologia di corpo sta avendo la sua rivincita. Basti pensare a Paloma Elsesser, modella curvy tra le più famose al mondo, o Armine Harutyunyan, che si è fatta strada con la sua bellezza non convenzionale fino a lavorare per Gucci.

In particolare, quali stereotipi vuoi abbattere con le tue collezioni?

Vorrei scardinare l’idea che la bellezza sia appannaggio di un’élite di persone. Tutti devono poter apparire belli. Ho vestito donne di ogni età e taglia ed è questa la bravura di uno stilista: saper valorizzare qualsiasi tipo di corpo. Frequentemente utilizzo le piume: segno di rispetto per l’animale (che non muore) e, soprattutto, simbolo della donna leggiadra che sogna la libertà ma, purtroppo, ancora oggi è spesso vittima di violenza. Auspico un mondo fondato sul rispetto, sull’autentica parità e indipendenza anche economica della donna. A voi adolescenti suggerisco di investire nello studio, di ritenere la scuola il vostro posto di lavoro ove venire per affinare le conoscenze e competenze, vestendo in modo garbato, decoroso e sempre nei limiti della decenza.

Nelle tue collezioni sono costanti pizzi e paillettes. Ti sei ispirato alla tradizione calabrese?

Assolutamente sì: ho sempre amato, ad esempio, i costumi tradizionali delle pacchiane e, soprattutto, le gonne plissettate, gli scialli, il bustier… sono stati questi capi rivisitati a rappresentare la mia fortuna. In Calabria abbiamo una tradizione del cucito e del ricamo stupenda che mi ha aiutato molto nella mia carriera.

Leopardi nel Dialogo della Moda e della Morte è critico verso la Moda che definisce sorella della Morte, entrambe nate dalla Caducità e immortali. Cosa pensi al riguardo? 

Ritengo che il concetto di moda esista da sempre: gli uomini primitivi si coprivano non solamente per ripararsi dal freddo o per nascondere le nudità ma anche per essere attraenti. Attraverso la storia del costume possiamo conoscere la sua evoluzione nel tempo e i pionieri di questa meravigliosa arte come Coco Chanel, simbolo della femminilità e del progresso, che ha reso le donne eleganti e anche più libere. Credo che la moda serva non semplicemente a coprirsi ma, soprattutto ad abbigliarsi, come mezzo di comunicazione per trasmettere messaggi, valori o emozioni, talora legata ad eventi storici: tutti ricordiamo, ad esempio, il tailleur di Jackie Kennedy durante l’omicidio del marito oppure gli iconici abiti di Lady D. La moda è sì caduca ma nel contempo immortale. Credo che la moda non passerà mai di moda: un abito che approda ad un concetto di ideale, come l’abito scultura di Roberto Capucci, è eterno o se mai dovesse morire, rinascerà.

Dove trovi l’ispirazione? Nel lavoro segui una routine giornaliera per favorire il successo?

L’Alta Moda è libertà senza costrizioni: la mia ispirazione non è legata ad una matita, un foglio e tot ore di disegno al giorno. Le idee possono nascere da qualsiasi cosa, da una mostra d’arte o anche da quest’intervista, dai vostri volti o parole; non esistono regole per essere artista. L’ispirazione è dentro ognuno di noi: non possiamo scegliere il momento e il modo per farla emergere ma solo accogliere la vena creativa e trasformarla in un’opera d’arte. La manualità e la cultura devono appartenere allo stilista ma… viva la creatività!

Nel mondo della moda l’eventuale rivalità tra colleghi è un sentimento sano oppure no?

No, non lo è quando degenera in cattiveria. A me piace solo la sana competizione: devo poter guardare ogni mio collega più capace con ammirazione, capire il perché del suo successo e emularlo, senza danneggiarlo o esserne invidioso. Parafrasando Oscar Wilde secondo cui l’invidia nasce quando si ha consapevolezza d’essere dei falliti, ritengo che sia un sentimento assai negativo.

Il registra Franco Zeffirelli è stato il primo a credere in te: ci regali un suo ricordo?

È stato il mio mentore. Il nostro primo incontro è avvenuto al Polimoda, alla sfilata di fine corso in cui era ospite d’onore. Ogni studente doveva creare 5 abiti ed io, avendo saputo dalla mia tutor Micol Fontana della sua presenza, ho deciso di creare la mia mini collezione ispirandomi ad un suo capolavoro, Romeo e Giulietta, anche per farmi notare, vista l’ammirazione che provavo nei suoi confronti! Alla fine della sfilata si è complimentato, dicendomi: “Sei stato il più bravo, the best!”. Dal quel momento mi ha “preso sotto la sua ala”, mi ha invitato a trascorrere un weekend a casa sua, mi ha chiesto di collaborare per dei costumi teatrali per l’Aida. All’età di 21 anni ho incontrato un uomo rigoroso, di grande gusto e di una cultura eccezionale. Mi ritengo molto fortunato per avere respirato l’aura di uno dei più grandi registi italiani e, pertanto, mi ha molto emozionato vedermi conferire l’Oscar della moda 2021, proprio da suo figlio presso la Fondazione Zeffirelli.

Quali altri incontri, nella tua lunga carriera, ti hanno sorpreso particolarmente e perchè? 

Ho avuto un bellissimo incontro con Rita Levi Montalcini, proveniente da un mondo completamente diverso dal mio: un’antesignana che ha superato i limiti dell’istruzione femminile, una scienziata, verso cui tutto il mondo dovrebbe provare gratitudine, ma di un’umiltà e semplicità disarmante. Nel 2004 sono stato da lei premiato nella sala della Protomoteca in Campidoglio dove, l’anno dopo, ho avuto l’onore di premiarla io: incontri che cambiano la vita!

Altre belle esperienze sono state con Claudia Cardinale e con Sofia Loren: la prima, in occasione del festival del cinema di Vibo Valentia, per l’emozione di avere a fianco un’icona, famosa pure all’estero; la seconda per la sfilata dedicatale e ispirata a ‘La ciociara’, film manifesto (ad oggi molto attuale), durante un evento Rai.

Infine, vorrei ricordare per i suoi insegnamenti, anche Umberto Eco, uomo rigoroso, equo e giusto.

Abbiamo parlato di passato e di presente. Che progetti hai per il futuro?

Nutro tanta incertezza per il futuro. Vivo alla giornata, ma tenendomi pronto per quando arriverà la rinascita dopo questo periodo buio. Vorrei poter dare a voi giovani messaggi positivi, ma al momento mi sento così. Reputo che non si possa rimanere indifferenti alla guerra alle porte dell’Ue. Resto ottimista, credo che le cose brutte termineranno, speriamo al più presto, puntando sul dialogo, sulla cultura e sulla bellezza che, per dirla con il principe Miškin di Dostoevskij, “salverà il mondo”. Mi piacerebbe, pertanto, valorizzare il patrimonio culturale ed artistico della Calabria, non solo bel mare e buon cibo, fondando un comitato della bellezza di archeologi, architetti e speleologi per svelare siti come Locri, Sibari, castelli, palazzi storici e bei musei (fra cui il Museo Diocesano progettato dal nostro compianto Natale Proto), affinché la Calabria divenga meta di un turismo culturale anche internazionale.

Per concludere, ci racconti un aneddoto o un’esperienza del Liceo che ricordi con più affetto?

Ricordo con piacere la festa del Liceo e il Ballo di Carnevale organizzati annualmente nella palestra, abbellita in modo eccezionale. Ognuno di noi voleva essere impeccabile e indossava l’abito più bello, anche confezionato per l’occasione. Vi invito fortemente a riprendere questa tradizione soprattutto dopo gli anni di restrizioni che stiamo vivendo. Inoltre, seguite gli insegnamenti dei vostri docenti e coltivate le amicizie che nasceranno al Liceo, poichè quelle vere e pure dureranno anche dopo la fine del percorso di studi, indipendentemente dalle città in cui vivrete.

Caterina Carnevale, Alessia Casella e Mariateresa Suppa

Liceo Classico Artistico “Francesco Fiorentino”

Lamezia Terme 

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