Alberto Giacometti

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ALBERTO GIACOMETTI (1901- 1966)

“L’uomo che cammina”

Scultura in bronzo, 183 cm.

Collezione privata.

Alberto Giacometti nacque a Borgonovo, Svizzera, nel 1901.

Figlio d’arte (il padre, Giovanni, era un pittore post-impressionista) frequentò sin da giovane la Scuola d’arte di Ginevra.

Soggiornò in Italia (1920-21), soprattutto a Roma e a Venezia studiando le opere dei grandi maestri della pittura veneta.

Nel 1922 si iscrisse alla scuola di scultura all’Accademia di Parigi.

Sempre nella capitale francese iniziò ad esporre le sue prime sculture arrivando al successo e dandogli anche l’occasione di entrare in contatto con grandi artisti come Hans Arp e Pablo Picasso.

La sua scultura, con il passare degli anni, si espresse attraverso figure sottili e filiformi, risentendo in parte dell’influenza della scultura etrusca.

Nel 1962 ricevette il Gran Premio della scultura alla Biennale di Venezia.

Morì a Coira, in Svizzera, nel 1966.

“L’UOMO CHE CAMMINA”

La sensazione di disagio sono le principali caratteristiche di Giacometti.

Le sue sculture, la forma allungata in modo innaturale, mettono a nudo la debolezza e fragilità dell’essere umano.

I personaggi sembrano scheletri corrosi dal tempo, che rappresentano la drammatica condizione esistenziale dell’uomo, impotente di fronte alle difficoltà quotidiane ed alla precarietà dell’esistenza.

“L’uomo che cammina” è una scultura dalla forte potenza emotiva per il senso di allontanamento dalla realtà perché per Giacometti l’arte, non ha ne’ presente ne’ passato.

CONCLUDENDO:

Ancora oggi “L’uomo che cammina” e’ considerata, da critici e storici, il suo capolavoro e uno dei capolavori assoluti della storia dell’arte.

Questa scultura raggiunse il record per prezzo di acquisto di un’opera d’arte (che non sia un dipinto) per più di 100 milioni di dollari.

In un’altra opera, altrettanto nota intitolata “Il cane” (nella foto),

Giacometti la definì un autoritratto: “questo sono io, un giorno mi sono visto cosi’, per strada, solo come un cane”.

L’artista svizzero diventa allora, come nel dipinto “I nottambuli” descritto mirabilmente da Eduard Hopper, l’emblema della solitudine umana.

Bruno Vergani

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