Ah, la felicità!

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Ebbene sì, felicità in un momento in cui abbiamo pochi motivi per essere felici. Sappiamo tutti che questo non è un momento particolarmente lieto e non mi ripeto, ma proprio in questi giorni ho pensato alla felicità. Andiamo con ordine.

Noia era quella che provavo nei giorni scorsi guardando in tv la puntuale descrizione dell’apparato formale che si muove, in Inghilterra, dopo la morte della regina Elisabetta. Annoiata dunque, inizio a fare zapping e mi attira un bel paesaggio.

Mi fermo e ascolto la storia di due giovani meridionali, prima studenti al Nord, impegnati poi in professioni di grande prestigio che li hanno portati fuori dall’Italia verso interessanti esperienze di lavoro. Si conoscono in questi anni e scoprono di essere della stessa regione meridionale. Insieme decidono di lasciare il Nord, le professioni di successo e tornare al Sud per far fruttare la terra del padre di lui, abbandonata e incolta. I due giovani, intervistati, dicono che l’idea di tornare c’era sempre stata ma solo il pensiero di essere insieme ha dato loro il coraggio di provare un cambiamento dall’esito incerto.

Sono passati alcuni anni e la scommessa con sé stessi è vinta.

Filari di vigna si offrivano allo sguardo e il vino prodotto versato nei bicchieri era pronto per il brindisi. I due figli ancora piccoli avevano occhi ridenti e felici, i due giovani genitori uno sguardo forte e felice mentre raccontavano della fatica del lavoro e della felicità per il successo conseguito.

Certo, lavoro di due laureati che hanno messo le loro conoscenze a servizio dello sviluppo di un’attività condotta non con vecchi sistemi ma con studi e macchine modernissime. Presiede tutto un esperto fattore, amico di famiglia.

Ho visto la felicità in queste persone che si raccontavano con semplicità e mi dicevo che la felicità è nelle piccole cose che diventano grandi per noi. Può essere nel figlio che torna ad amare e a far rivivere la terra, può essere nella mano fiduciosa di lei che lo incoraggia, nella famiglia che costruisce futuro e non lo distrugge, che costruisce un ponte per unire le sponde di un fiume e non un muro per non far passare l’altro.

Di felicità hanno parlato anche i filosofi e con toni diversi. In genere per loro la felicità risiede nello spirito e nella contemplazione, attività che insieme alla meditazione costituiva, per Aristotele, un’attività umana simile a quella degli dei e quindi di grande valore.

Molto prima di lui anche Eraclito si era chiesto cosa fosse la felicità e si era detto che non potesse essere legata ai piaceri del corpo. Se infatti la felicità consistesse nei piaceri del corpo, dovremmo considerare felici i buoi quando trovano il foraggio da mangiare o i porci quando provano diletto a rotolarsi nel fango piuttosto che nell’acqua pura.

Per i filosofi dell’età ellenistica la felicità si consegue non quando si vuole cambiare il mondo ma quando l’uomo vuole cambiare sé stesso e raggiungere la felicità dell’animo, questo è il compito della filosofia.

La felicità nell’animo avevano, secondo me, i due giovani capaci di sfuggire una vita frenetica e consumistica per tornare alle radici che amavano e che hanno ritrovato nel legame con la terra del padre.

Ancora, di sera decido di andare al concerto di un pianista, in teatro. Un virtuoso, le note che si diffondevano nell’aria facevano ora vibrare l’animo di entusiasmo e passione, ora diventavano un dolcissimo adagio che entrava nel cuore e lo faceva sentire felice di essere lì dove si incontrano amici; nelle pause si parla, si comunica, ci si riconosce dopo anni di assenza e sembra di non essersi mai lasciati. Felice ritorno a casa.

Piccole cose che rendono felici in un tempo in cui ancora un virus dispettoso pesa sulle nostre vite, una guerra insensata tuona alle nostre porte, ma il mondo va avanti secondo le sue leggi incurante del destino dei singoli.

Siamo noi che dobbiamo trovare la felicità che si potrebbe nascondere in ogni cosa e che per troppo tempo abbiamo trascurato.

Ah, dimenticavo, siamo sempre in campagna elettorale.

Gabriella Colistra

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