A Verona, con la piccola Capuleti

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Verona, 31 luglio 2019

La città m’accolse come se fossi stata una figlia che si fa viva dopo tanto tempo.

Non occorre che la gente faccia necessariamente la sua parte forzata o che si lasci trascinare da frivole e stucchevoli ostentazioni.

Ho sempre detestato i ridicoli atteggiamenti di facciata e a maggior ragione sono particolarmente avversa ai convenevoli circostanziali.

Mi basta respirare la carnalità dei luoghi presso i quali mi aggiro, la profonda essenza materna che si sprigiona dalle facciate delle antiche case che mi sorridono.

Nulla vale quanto la percezione dell’invisibile, dell’imponderabile, della consapevolezza che tutti i posti sono detentori di un’anima che inebria e che abbaglia.

E quel tratto di Verona che mi condusse nei pressi della celeberrima arena, pose metaforicamente sul mio capo una corona d’alloro freschissimo.

E fu come se fossi stata insignita di una cittadinanza onoraria immotivata ed immeritata.

Sarà che quando vidi l’arena la salutai come si fa con le gran dame d’un tempo, e le sussurrai pacatamente e sottovoce :

“Buon pomeriggio, mio piccolo Colosseo”.

Si sarà sentita tanto lusingata, al punto tale da farmi avvertire un profondo sentimento d’adeguatezza rispetto all’intero contesto.

Rimasi immobile, al cospetto della sua magnificenza.

Avvertivo l’impellente esigenza di trovare ristoro da qualche parte poiché, intorno alle ore 17.00 , l’elevata temperatura era davvero insopportabile.

” Scusami tanto, mia cara. Potresti indicarmi un bar nelle vicinanze?”

Mi ero rivolta ad una ragazzina che bazzicava nei paraggi.

Ad onor del vero indossava degli abiti alquanto bizzarri, ma era davvero molto, molto carina.

” Un bar? Che cos’è un bar?”

Fui colta, per un interminabile istante, da un senso di intensissima perplessità.

” Beh, un bar… Un luogo dove si può consumare qualcosa da mangiare o da bere”

” Ah, una taverna, vorresti dire! In verità c’è qualcosa che le possa assomigliare da queste parti. Ma credimi, non ne vedo una ben fatta da più di cinquecento anni”

Sorrisi. Le caratteristiche surreali sulle quali stava vertendo la conversazione mi inducevano, al contempo, a provare sensazioni di curiosità e di imbarazzo.

” Senti, piccolina, fai per caso parte di una compagnia teatrale? Eh sì, deve essere  necessariamente così. D’altra parte, che altro potresti fare se non l’attrice? Sei davanti l’arena di Verona, agghindata con dei magnifici abiti di scena. Quant’è emozionante fare la conoscenza di una giovanissima artista! Hai finito da poco di fare le prove per lo spettacolo? “

La ragazzina stette per qualche istante a fissarmi con aria attonita.

Poi seguitò a rispondermi:

” Io non sono un’attrice! Mi chiamo Giulietta Capuleti, ho quattordici anni e questi non sono affatto degli abiti di scena. Sono semplicemente le mie vesti, quelle che indosso abitualmente. Non vedi come sono semplici e sobrie? Non mi hanno mai consentito di indossare il cerchio sotto la gonna. La mia balia diceva sempre che è un accessorio riservato alle tante donne maritate ed io, purtroppo, non lo sono. E sai cos’è che mi rattrista più di ogni altra cosa ? Il fatto che non lo sarò mai.”

Compresi tutto soltanto in seguito alle suddette ed esplicite affermazioni.

Mi ero senz’altro imbattuta in uno dei miei soliti incontri impossibili.

Ma la cosa non mi dispiacque affatto, anzi, ero oltremodo affascinata da quell’esile e gentile presenza.

“Perdonami, cara fanciulla, se la mia perspicacia mi ha abbandonata così, con fare stolto , ma non avevo purtroppo idea di quale fosse la tua reale identità. Ti chiedo ancora scusa per non aver capito immediatamente chi tu fossi. Ma vedi, è tutto talmente strano. Però sei esattamente come ti hanno dipinta nel corso del tempo : tenerissima e bella, con quel velo leggermente opaco di malinconia negli occhi che ha per causa la più immane delle tragedie. “

Giulietta si sistemò la coroncina dorata che le adornava il capo.

I suoi capelli erano dello stesso colore dell’ebano lucidissimo e la carnagione chiarissima le conferiva una sorta di spiritualità divinamente angelica.

È assolutamente vero, ella era prigioniera di una dimensione trascendentale, ma non tutte le personalità che ho incrociato, con un pizzico di fantasia, recavano con sé un’aura di purezza così tangibilmente lampante ed immediata.

Mi scruto’ fugacemente, poi mi domandò :

“Tu lo sai che cos’è l’amore?”

“Credo di sì. Credo di sapere cos’è l’amore. Però, in tutta onestà, penso che lo sappia meglio tu”.

Giulietta annuì : ” Sì, lo credo anch’io. Sai, il mio amore è rimasto in bilico tra la vita che avrei desiderato ed una morte che non meritammo. E così, il Dio amore, potentissimo sovrano di tutti i sentimenti dell’universo, giace dentro di me da tempo immemore . È presente dal primo incontro con Romeo Montecchi, si è abbarbicato con prepotenza sulle pareti cardiache come un’edera dirompente, ha contribuito alla formazione di stalattiti molto appuntite all’interno della mia coscienza, in modo tale che io provassi l’asperrimo dolore del dissidio profondo, ogni qualvolta mi facevano sentire in colpa per il fatto di amare tanto il soggetto della mia idolatria. Non ho mai detto addio ai miei intenti appassionati, e non lo feci finanche nell’attimo in cui mi resi conto che tutto sarebbe andato perduto in eterno. Perché per me, una vita senza quell’amore smisurato e più sensato di quanto si possa immaginare , sarebbe stata amorfa come l’acqua senza argini. E se tu mi chiedessi se fossi disposta a morire ancora per amore io ti risponderei che impugnerei quel pugnale altre mille e più volte, pur di stare con lui, solo con lui, oltre la vita, oltre il tempo, oltre le convenzioni e i dettami sciocchi della mia epoca stolta.
Romeo girovaga per Verona così, un po’ come me. Ci incontriamo solo al calar della sera, quando la gente sensibile ai fruscii dell’altrove si assopisce in silenzio e non può più percepire la grande dolcezza del nostro ansimare. Fare l’amore fra anime è un atto purissimo. Basta solo incrociare i nostri sguardi da lontano e ci riconosciamo all’istante. Io avrò quattordici anni per sempre e lui solo venti, in eterno. Nulla potrà più scalfirci né farci del male. Nulla. Ecco, lo vedi? Io lo so che cosa è l’amore. “

” Sì, tenero arbusto. Tu sai magnificamente cos’è l’amore. Guarda, Giulietta! Il sole sta per tramontare. Corri, Romeo ti starà aspettando da qualche parte. “

” Già, è proprio vero. È ormai giunta l’ora di andare. Grazie per avermi ascoltata. Ricordo che un tempo non m’ascoltava mai nessuno.”

” Ciao Giulietta, credo che ci rincontreremo molto spesso a casa mia, tra i vani gremiti di pagine della grande libreria”.

Quant’è bella Verona, guarnita dal fascino indicibile della leggenda.

Quant’è bella Verona, quando si viaggia convintamente in compagnia di una dissennata fantasia.

A rigor d’amore

Inebriato ed ansimante,
sopra un letto di pensieri,
col suo cuore traballante
egli non rimpianse ieri.

Se ne stette a rimirare
quella chioma bruna e folta
che rassomigliava al mare
o a foresta scura e incolta.

Clandestini e di passaggio
in un tempo indefinito,
ella rosa a metà Maggio,
lui un cuore da bandito.

Se i sussulti di due amanti
emanassero un’essenza,
svelerebbero all’istante
la ragion dell’esistenza.

Ogni logica s’ annienta
quando i baci fan rumore ,
quasi nulla più spaventa,
quel che salva è il grande amore.

Maria Cristina Adragna 

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Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

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