“a tu per tu con…” Vito Butera, Tecnico Sanitario di Radiologia Medica

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Vito Butera, Tecnico Sanitario di Radiologia Medica

Nel nostro Paese, sin dall’inizio del periodo dell’emergenza sanitaria da COVID-19, si è parlato tantissimo dei medici, degli infermieri, delle OSS, ma pochissimo, se non per nulla, delle altre professioni sanitarie e, in particolare, dei TSRM ovvero dei tecnici sanitari di radiologia medica.

In realtà pochi sanno, me compreso, qual è il lavoro di questi professionisti, che controllano e valutano dal lato radiologico gli eventuali focolai da infezione da Coronavirus, avvalorano i sospetti o confermano le guarigioni.

Oggi ne parliamo con Vito Butera a Salemi, sua città di nascita e di residenza.

Dove?

All’ombra del Castello Normanno-Svevo, costruito dai Normanni tra il 1070 e il 1130, e situato nel punto più alto della città.

Un castello che, nel corso degli anni, ha avuto diverse destinazioni d’uso, da quella di carcere a quella di Biblioteca Comunale.

Oggi, dopo i lavori di restauro del 2010, finalmente  è tornato fruibile ed è sede di mostre ed eventi.

Vito Butera, 46 anni, è Tecnico Sanitario di Radiologia Medica presso  l’A.S.P. di Trapani – Unità Operativa Complessa di Radiologia, diretta dal dott. Rosario Urso, dell’ospedale “Paolo Borsellino” di Marsala, convertito il 28 marzo 2020 e fino al 18 maggio per il periodo dell’emergenza sanitaria nel trapanese causata dalla Pandemia di COVID-19  in Covid Hospital, ricoverando e occupandosi solo di soggetti positivi al tampone del COVID-19 con sintomi.

Il 20 ottobre è stato nuovamente convertito in Covid Hospital mantenendo però attivi per i casi non covid alcuni reparti.

Per questo “a tu per tu con…” non potevo scegliere una location diversa dal Castello e per l’amore che Vito nutre per la sua città di particolare valore storico, artistico e monumentale e per l’amicizia che mi lega alla “gens Butera” che ho avuto il piacere di conoscere in una mia altra visita a Salemi in cui anch’io rimasi colpito dalla bellezza del suo centro storico e delle sue realtà architettoniche, che le è  valsa l’iscrizione nel 2016 nel club de “i borghi più Belli d’Italia”.

Un centro storico, quello di Salemi, dove è possibile respirare un’aria che sa di antico e di passato con le sue stradine strette, le piazze, gli antichi palazzi, le chiese ed lo stesso castello, dove ti sembra di camminare in un vero e proprio museo a cielo aperto, lontano dal caos e dalle macchine, dove ascolti e avverti il sapore delle varie civiltà e popoli che si sono succeduti.

Dagli Elimi che fondarono Halyciae, ai Romani, ai Goti, ai Bizantini, agli Arabi, che nell’827 la rinominarono Saleiman, ‘luogo di delizia’, in onore di “Saleiman”, figlio del comandante che conquistò Alicia e con i quali sembra avere avuto origine il nome Salemi,  ai Normanni, agli Svevi, ai Borboni, a Garibaldi che la liberò nel 1860 issando sulla torre del castello Normanno-Svevo, per la prima volta, la bandiera tricolore che valse simbolicamente a Salemi  il nome di prima capitale d’Italia.

Fiore – Il suo 2020…

Butera – Un anno pieno di ansie, paure, lacrime, dolori, attese, offese, insulti, minacce, ma anche di gratitudine, riconoscimenti, solidarietà, regole…

L’ansia del rientro a casa dal lavoro, le strade deserte, i posti di blocco delle forze dell’ordine, la porta di casa che si apriva e il timore di aver sbagliato qualcosa ed essere stato contagiato, i non abbracci con la famiglia che scrutava il mio viso e intuiva la gravità del momento.

Fiore – Insomma il surreale che avanzava…

Butera – Assolutamente sì! Sembrava di essere sul set di un film: questa volta io e i miei colleghi eravamo la troupe, ma non conoscevamo l’ultima parte del copione… e quindi la fine del film.

Fiore – Andiamo un attimo sul personale in modo da alleggerire la tensione che leggo nei suoi occhi.

Butera – Colpito e affondato. Chapeau.

Fiore – Un suo hobby, caro Vito?

Butera – Praticare sport all’aria aperta, privilegiando il contatto diretto con l’ambiente naturale. Amo nuotare, pedalare, correre.

Infatti nel passato mi sono dedicato al triathlon che si articola sulle tre discipline  che si svolgono in successione e senza soluzione di continuità.

Fiore – Passioni?

Butera – Per l’arte a 360 gradi. Tutto ciò che mi trasmette emozione mi rende più forte dal punto di vista creativo. Ecco perché concordo con Pablo Picasso quando afferma chel’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni”.

Fiore – Amori?

Butera – Veronica ed Elena, le mie due bellissime principesse e Antonina, la mia splendida moglie.

Fiore – Chi è e cosa fa il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica?

Butera – Il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica o TSRM è una figura professionale dell’area tecnico-sanitaria che esegue autonomamente o in collaborazione con il Medico Radiologo, il  Radioterapista, il Medico Nucleare, il Fisico Sanitario ed altri specialisti sanitari le prescrizioni mediche, che richiedono l’uso delle radiazioni ionizzanti, sia artificiali che naturali, di energie termiche, ultrasoniche, di risonanza magnetica. Il TSRM interviene altresì nella protezionistica fisica e dosimetria, partecipa alla ricerca scientifica di settore ed espleta la propria attività nelle strutture sanitarie pubbliche e private ed è specializzato nell’uso di apparecchiature che generano radiazioni, energia termica, ultrasonica e risonanza magnetica nucleare.

Fiore – Voi, Tecnici Sanitari di Radiologia Medica, siete, quindi, il punto fondamentale del segmento della diagnostica per immagini e per tutte le figure mediche e paramediche coinvolte, siete i responsabili dell’utilizzo delle tecnologie diagnostiche e delle prestazioni necessarie per una prima diagnosi clinica.

Eppure di voi, nell’itinere della pandemia da Covid-19, si è parlato poco, tanto da costringere il Presidente della Federazione nazionale Ordini dei TSRM e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, dott. Alessandro Beux, a sottolinearlo in una lettera inviata all’Ordine dei Giornalisti in cui evidenziava il continuo e doveroso ringraziamento rivolto, negli articoli di stampa e nelle interviste televisive, ai soli Medici e Infermieri per il loro operato e suggeriva di scrivere e parlare di professioni sanitarie, non potendole ovviamente elencare sempre tutte.

Cosa pensa al riguardo?

Butera – L’intervento del Presidente Beux, che sottolineava il nostro rischioso operato a diretto contatto con pazienti affetti da covid-19, è stato di importanza fondamentale per evidenziare la nostra presenza a livello nazionale.

E ha avuto assolutamente ragione quando ha sottolineato che sarebbe stato più corretto utilizzare i termini  “professioni sanitarie” per il doveroso ringraziamento a tutto il personale sanitario impegnato nell’emergenza COVID-19, anche perché fra le persone decedute per i contagi avvenuti nell’ambito lavorativo, oltre ai medici e agli infermieri, ci sono altre professioni sanitarie professionali che non vengono mai citate.

Fiore –  Quali sono gli ambiti sanitari nei quali è necessario l’intervento di un TSRM?

Butera – Il TSRM prepara e mette in funzione i diversi macchinari che servono a produrre immagini del corpo umano a scopo diagnostico o terapeutico  e  permettono la prevenzione, la  diagnosi e il follow up in numerose patologie.

Fondamentale è l’aspetto relazionale con i pazienti, così come essenziali sono, per esercitare con successo la professione, l’autonomia, l’attenzione e il senso di responsabilità nei confronti degli altri operatori.

Nel dettaglio, l’attività di un TSRM spazia dalle più comuni radiografie, agli esami TC e di Risonanza Magnetica.

Altra metodica è la Medicina Nucleare, i cui esami sono noti come scintigrafie, SPECT, PET o in trattamenti quali la radioterapia metabolica che è una branca della medicina nucleare che ha come obiettivo quello di utilizzare le radiazioni ionizzanti nella cura delle neoplasie.

La terapia viene utilizzata principalmente contro l’ipertiroidismo e contro le metastasi ossee.

Il TSRM è presente anche nelle sale operatorie, nelle sale angiografiche, nelle sale di emodinamica dove si svolgono attività interventistiche in cui è necessaria la sua presenza per la gestione di apparecchiature dedicate che emettono raggi X e permettono agli specialisti di essere guidati durante i loro interventi.

Il TSRM svolge le sue funzioni anche nell’ambito della senologia per lo sviluppo della Mammografia, della RM Mammo e dello screening mammografico.

Inoltre in collaborazione con il Fisico Medico provvede alla verifica periodica delle attrezzature radiologiche, nonché alla sorveglianza del personale radio esposto e dei luoghi dove sono allocati gli impianti radiologici.

Fiore – Se potesse rubarmi degli anni, tanti per la verità, qual è il percorso di studi che dovrei seguire per diventare TSRM?

Butera – Dovrebbe conseguire una laurea triennale in Tecniche di Radiologia Medica per immagini e radioterapia, che rientra nella Classe delle professioni sanitarie tecniche.

Il corso di laurea è a numero chiuso e prevede un test d’ingresso.

Il test d’ingresso è predisposto dal MIUR, si svolge in un solo giorno e si sviluppa su 60 domande a risposta multipla di: Fisica, Chimica, Biologia, Matematica, Logica, Cultura generale.

Durante il triennio si svolgono tirocini formativi per applicare le nozioni apprese negli ambienti di lavoro e preparare di conseguenza lo studente all’esperienza lavorativa.

Fiore – Dal 31 gennaio del 2020, giorno in cui il  Presidente del Consiglio annuncia i primi due casi  di contagio da COVID-19 riscontrati in Italia, siete diventati pietre miliari, colonne portanti per la battaglia contro il virus. Vogliamo spiegare ai lettori di SCREPMagazine qual è in particolare il vostro ruolo?

Butera – Il nostro ruolo di TSRM è indispensabile nella battaglia contro il virus, in quanto l’esecuzione di esami di prima istanza, come le Radiografie o le Tomografie computerizzate dei toraci di pazienti provenienti dal pronto soccorso o dai reparti, è di fondamentale importanza per l’identificazione dei focolai da Covid 19.

Nelle terapie intensive, dove il TSRM deve eseguire RX del torace a letto, tutto diventa molto più difficile e complicato per effettuare la metodica d’esame e  l’indagine diagnostica dovendo posizionare dietro le spalle del paziente il detettore e dover essergli a stretto contatto.

Fiore – Cosa l’ha spinto a voler fare il TSRM?

Butera – Non ho mai pensato di diventare un Tecnico di Radiologia Medica, ma nel momento in cui presentai la domanda d’iscrizione ai test di ammissione per le professioni sanitarie triennali, fra tutte le professioni sanitarie l’ occhio mi cadde su “tecnico sanitario di radiologia medica per immagini e radioterapia”.

Mi vidi subito proiettato su questa sia perché ho sempre avuto un approccio piacevole con i software e la tecnologia informatica sia perché avendo la passione per la fotografia  e l’arte in generale la  formazione e l’elaborazione delle immagini radiologiche nelle diverse acquisizioni con i vari algoritmi per manipolare ed elaborare le immagini diagnostiche mi  intrigavano e mi creavano uno stimolo maggiore e più importante rispetto alle altre professioni sanitarie.

Aggiungo che sin da piccolo il mio desiderio principale è stato quello di  contribuire alla salute collettiva della società.

Fiore – Cosa ricorda del suo primo giorno di lavoro come TSRM?

Butera – Ad oggi il mio ricordo del primo giorno rimane quello che provo tutti i giorni: senso di responsabilità e del dovere, rispetto per gli assistiti bisognosi e grande passione per il lavoro, di cui  ero e sono tutt’ora orgoglioso ed entusiasta.

Fiore – Mi fa intuire che è sempre il suo primo giorno di lavoro?

Butera – Assolutamente sì. Le mie abitudini lavorative e professionali non sono mai cambiate anche perché nel mio lavoro l’empatia nei confronti dei pazienti non può e non deve mai venire meno. Il paziente con le sue sofferenze non deve mai essere sottovalutato.

Fiore – Che effetto le ha fatto venire a contatto con le immagini del suo primo caso Covid?

Butera – Marzo 2020: era già nell’aria che prima o poi anche in provincia di Trapani sarebbe arrivato il primo caso Covid.

Seguivamo le linee guida nazionali che ci aggiornavano sulla vestizione e svestizione dei DPI, ci organizzavamo con i vari percorsi per evitare di essere contaminati ed eravamo sempre più pronti per affrontare l’invisibile nemico. Ricordo benissimo la chiamata dal pronto soccorso che annunciava la necessità di dover eseguire una TC ad un paziente sospetto Covid.

Gli occhi miei e dei miei colleghi si incrociarono in una domanda:

”Chi la esegue?”

Mi feci avanti, forte della consapevolezza di essere ben protetto dai DPI e del non poter esimermi dall’accettare  i rischi del mio lavoro. Dire no, sarebbe stato venire meno alla mia missione.

Sapevo, tra l’altro, che non sarebbe stato né il primo né l’ultimo caso.

Quando si seppe della positività del paziente “uno”, in pochi minuti la notizia trapelò in rete e apparve su un giornale locale online.

Fu un continuo squillare del telefono…

Fiore – Ebbe paura?

Butera – A dire il vero no, ma, conoscendo ancora ben poco sull’aggressività del contagio, nell’attesa che mi facessero un tampone a 5 giorni, mi misi in quarantena volontaria.

Fiore – Quali pensieri  la martellavano di più in quei giorni di quarantena?

Butera – Le voci di mia figlia Elena :

”Papà!!! Papà!!! Quanto tempo devo ancora aspettare per poterti abbracciare?” e di mio padre Angelo che forse avvertiva la preoccupazione dei pochi giorni di vita che gli rimanevano :

”Vito, ma quando finirà tutto questo?”  

Sono i ricordi più intensi e carichi di emozione di quei giorni cupi…

Fiore – Siete costretti a lavorare bardati come astronauti per proteggervi dal virus. La tuta è diventata la vostra seconda pelle. Se potesse parlare cosa direbbe? Riuscirebbe a raccontare le emozioni, le paure, la passione per il lavoro? 

Butera – Sì, è proprio vero, bardati come astronauti per proteggerci. Mai mi ha sfiorato negli anni la previsione che un giorno  avremmo lavorato in tali condizioni:  la tuta, gli occhiali, la mascherina, i doppi guanti, i calzari, la visiera, i cerotti e, per noi tecnici di radiologia o personale sanitario esposto a radiazioni ionizzanti, i camici di piombo.

Ti sembra di essere e vivere in un altro mondo e devi cercare di controllare e limitare gli atti respiratori sia per evitare l’innalzamento della temperatura corporea sia per limitare l’inalazione di particelle potenzialmente infette con gli occhiali che tendono ad appannarsi e rendono tutto più difficile.

La prima volta che indossai questi DPI fui assalito da un’emozione  indimenticabile, quasi incredulo di dover eseguire il mio lavoro in tale maniera. Oggi si continua a lavorare sempre con la massima attenzione per non essere  contagiati, ma nella rassegnazione della routine lavorativa.

Fiore – In questo periodo, tra le pieghe delle diagnosi radiologiche, ha incrociato parecchie volte il virus. Vista la sua passione per l’arte a 360 gradi, a proposito… tanti complimenti, come lo rappresenterebbe? O non lo considera degno di qualsivoglia rappresentazione?

Butera – Nel mio tempo libero, mi dedico un po’ a soddisfare i miei hobby e le mie passioni, ma l’ispirazione di rappresentare questo brutto periodo storico con un’espressione artistica non mi ha mai ispirato.

Forse perché, come lei dice, non è degno di essere rappresentato.

Però ricordo che in quel periodo, eravamo a marzo, venne da me mia figlia Elena che mi formulò la stessa sua domanda.

Una domanda suggerita come compito a casa dalla sua maestra che invitava gli alunni a rappresentare il coronavirus vedendolo nel famoso dipinto di Vincent van Gogh, “Notte stellata”.

Le dissi: “Questo dipinto rappresenta l’alba del risveglio della natura e quindi del mondo che in questo periodo sta soffrendo”.

Elena mi rispose: “In questo periodo, però, l’aria che respiriamo non è bella, dobbiamo metterci le mascherine, dobbiamo stare a casa e non dobbiamo vedere nessuno”.

Erano gli occhi di Elena, di una bambina di nove anni che leggevano in un quadro  l’espressione artistica del momento che io mi sono sempre rifiutato di prendere in considerazione.

Fiore – Cosa cercano i suoi pensieri quando, dovendo eseguire la Radiografia del torace,  si trova a diretto contatto con il paziente, soprattutto di un paziente allettato, come nelle terapie intensive, dove ci si può trovare di fronte a situazioni complicate, come in questo periodo?

Butera – Il mio primo pensiero quando vado nelle terapie intensive è sempre quello che tutto vada liscio.

Lavorando con apparecchiature elettroniche e computerizzate collegate alla rete, l’imprevisto può sempre avvenire, compromettendo l’imperativo categorico di fermarsi all’interno nelle terapie intensive lo stretto indispensabile ed evitare l’allungamento dei tempi.

Altro pensiero quello di fermarmi ad osservare per qualche attimo, senza battere ciglia, i colleghi che svolgevano interrottamente il lavoro con i propri nomi scritti sulle tute per essere identificati e gli occhi di quei  pazienti allettati che guardavano con un senso di meraviglia il via vai delle tante tute bianche, ognuna quasi proveniente da altro pianeta,  alle prese con la somministrazione delle cure adeguate.

Fiore – Leggo che esame di notevole rilievo per l’identificazione dei focolai da Covid-19 è la Tomografia Computerizzata. In sintesi di cosa si tratta? E’ un esame meno rischioso per voi operatori? O i rischi vanno di pari passo con la Radiografia del torace?

Butera – La Tomografia Computerizzata (TC) è una tecnica di indagine radiodiagnostica che permette di combinare numerose immagini a raggi X, elaborandole attraverso un computer per produrre un’immagine trasversale, sagittale o coronale di diverse parti del corpo.

Le scansioni TC possono essere utilizzate per lo studio del Torace in pazienti con sospetto Covid, diventando molto importante per una diagnosi precoce con conseguente tempestivo inizio della terapia. Inoltre è utile per monitorare la progressione della malattia e l’efficacia delle cure, fornendo molti più dettagli rispetto alla normale radiografia del torace tradizionale.

Per quanto riguarda i vari rischi per noi operatori, fra la tradizionale radiografia e la tomografia computerizzata, sono articolate entrambe sul posizionamento e la centratura del paziente.

Ovviamente tutto dipende dalla collaborazione del paziente, in quanto un paziente collaborante riduce il tempo e il contatto per la capacità che ha di coordinare i movimenti volontari che vengono richiesti da noi TSRM per lo svolgimento degli esami diagnostici.

Fiore – Gli attuali modelli di organizzazione delle strutture ospedaliere sono in linea con la capacità di riduzione della frequenza di esposizione al Covid-19?

Butera – Sono stati emanati ed approvati una serie di decreti legge che hanno messo in campo misure urgenti per incrementare i bisogni finanziari per un Servizio Sanitario Nazionale adeguato a reggere l’emergenza sanitaria.

Il decreto-legge “Liquidità”, per esempio,  ha previsto procedure semplificate per l’acquisto delle attrezzature medico-radiologiche necessarie allo svolgimento di nuove pratiche mediche velocizzando le pratiche amministrative a carico delle strutture sanitarie e delle aree temporanee di emergenza.

Al Covid Hospital di Marsala, per esempio, grazie a questi provvedimenti, da pochi giorni è stata consegnata una TC esterna che garantirà maggiore sicurezza  ai pazienti e a noi tutti del personale sanitario.

Fiore – Cioè?

Butera – In pratica i pazienti Covid o sospetti verranno visitati dal personale sanitario del Pronto Soccorso e sottoposti alla TC collocata all’esterno dell’Ospedale per verificarne lo stato dei loro polmoni, la loro condizione di salute al momento e stabilirne l’eventuale ricovero ospedaliero.

Fiore – Si è pensato o si sta pensando al supporto morale e psicologico per chiudere le cicatrici che la pandemia da Covid-19 lascerà probabilmente sul binario della vostra psiche?

Butera – Quando sento parlare di “Paura da Coronavirus” mi viene in mente subito Giovanni Falcone con una sua una frase molto simbolica:

“L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, ma incoscienza”.

Lo stress connesso alla pandemia ovviamente è e rimane un problema soggettivo di come affrontare e superare le diverse difficoltà, che si intersecano tra di loro e influenzano la risposta individuale dello stress.

In questo contesto gli psicologi attivi nei servizi territoriali ed ospedalieri del Servizio Sanitario Nazionale offrono notevoli ed essenziali risposte di aiuto per alleggerire l’impatto sull’animo della pandemia e migliorare la qualità della vita.

Fiore – Nel ripercorrere questo nostro colloquio mi pare di comprendere che l’emergenza da Covid-19 ha portato alla ribalta, valorizzandola, l’attività dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e ne ha fatto conoscere la loro passione, il loro cuore, le loro competenze, il loro senso di responsabilità nel gestire macchinari complessi e costosissimi a salvaguardia dei pazienti e delle altre figure professionali. Mi sbaglio?

Butera – Nell’ambito sanitario la professione del TSRM è abbastanza valorizzata sia per quello che facciamo sia per come collaboriamo con le varie figure professionali sanitarie.

Tenga conto, per esempio, che, al di là dell’attuale situazione di emergenza, l’approccio con i pazienti oncologici nelle varie sedute terapeutiche di radioterapia è di fondamentale importanza nel ricreare in loro stimoli di entusiasmo e di coraggio che a volte sono utili nel salvare vite umane.

Fiore – E non possiamo dimenticare i suoi colleghi che si occupano di Radiologia Domiciliare e che garantiscono l’esecuzione delle radiografie del torace a tutti quei pazienti che sono in isolamento domiciliare, o ospitati in strutture diverse dagli ospedali, come le RSA  e gli Ospizi privati.

Butera – Assolutamente no!

Avere a disposizione uno strumento radiologico che, su richiesta del medico delle USCA, renda possibile l’intervento a domicilio, evitando in questo modo che il paziente debba essere spostato in ospedale, è di fondamentale importanza per la salute del paziente, per la diminuzione della diffusione del contagio e della pressione sui nosocomi.

Fiore – Altro?

Butera – No…

Desidero solo ringraziarla per avermi dato l’opportunità di raccontare ai lettori di SCREPMagazine il mio quotidiano fatto di responsabilità, di cuore, di passione, d’amore per il mio lavoro a servizio della salute del cittadino.

Squilla il telefono di Vito, è in vivavoce, riconosco la voce…

“Vito, dove sei? Avrei bisogno di parlarti”.

“Sono all’ombra del Castello”.

“All’ombra del Castello? A fare che?”

“Lo scoprirai domani, leggendo SCREPMagazine”.

Era Silvia Butera, la sorella di Vito e complice inconsapevole di questa intervista!

… a cura di Vincenzo Fiore

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Vincenzo Fiore
Sono Vincenzo Fiore, nato a Mariotto, borgo in provincia di Bari, il 10 dicembre 1948. Vivo tra Roma, dove risiedo, e Mariotto. Sposato con un figlio. Ho conseguito la maturità classica presso il liceo classico di Molfetta, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Bari con una tesi sullo scrittore peruviano, Carlos Castaneda. Dal 1982 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti. Amo la Politica che mi ha visto fortemente e attivamente impegnato anche con incarichi nazionali, amo organizzare eventi, presentazioni di libri, estemporanee di pittura. Mi appassiona l’agricoltura e il mondo contadino. Amo stare tra la gente e con la gente, mi piace interpretare la realtà nelle sue profondità più nascoste. Amo definirmi uno degli ultimi romantici, che guarda “oltre” per cercare l’infinito e ricamare la speranza sulla tela del vivere, in quell’intreccio di passioni, profumi, gioie, dolori e ricordi che formano il tempo della vita. Nel novembre 2017 ho dato alle stampe la mia prima raccolta di pensieri, “inchiostro d’anima”; ho scritto alcune prefazioni e note critiche per libri di poesie. Sono socio di Accademia e scrivo per SCREPMagazine.

2 COMMENTS

  1. Ringrazio Vincenzo Fiore per l’intervista e per la sua accurata professionalità nel formularmi le domande.
    Un grazie anche al direttore editoriale del blog Giuseppe De Nicola e a tutti i lettori per l’attenzione che mi avete dedicato…

    • Sono io, siamo noi, caro Vito, che ringraziamo te per gli straordinari accordataci dopo una tua giornata di ansioso impegno e averci introdotto in un mondo particolare e molto delicato…
      Auguri per il tuo prosieguo lavorativo, buon tutto e un abbraccio a te e alla tua splendida.
      Vincenzo

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