A “Libri, Arte e quant’altro arricchisca l’Anima” l’ospite di oggi è lo scrittore Massimo Bertarelli

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 “Riuscire a terminare un romanzo lo consideravo un regalo del destino, mi sentivo già appagato. Poi, la parte competitiva della mia anima mi mise alla prova…”

Con queste sue parole presento l’ospite di oggi. Milanese di nascita, classe 1954, residente a Monza. Diventa maratoneta a 52 anni e inizia a scrivere per raccontare le sue avventure podistiche: nasce così una passione che lo porterà alla stesura del suo romanzo d’esordio. Il suo percorso letterario nasce in età matura, seppur nella sua vita la lettura è sempre stata parte integrante del suo cammino. Per anni è stato responsabile del gruppo di lettura della Biblioteca Civica di Monza. Volontario nell’ Associazione “La Biblioteca è una bella storia”. Da anni impegnato sul campo tramite progetti a carattere letterario a favore di richiedenti asilo, senzatetto, carcerati e ricoverati in casa di riposo. Consigliere direttivo dell’Associazione culturale Hemingway & Co, organizzatrice del Monza Book Fest (9 edizioni), del Sesto Book Fest (1 edizione), del contest X-Factor letterario – parole aperte sul palco (6 edizioni).

Innanzitutto la ringrazio di essere qui e le chiedo: cosa l’ha spinta in età adulta a diventare un maratoneta?

Grazie a lei, Monica, per la gradita opportunità. Opinione comune è che un uomo, maschio, intorno ai 50 anni, rendendosi conto di come il tempo e la natura inizino a scandire un veloce countdown verso il famigerato “adesso o mai più, sia vittima di quell’irrefrenabile voglia di sparare le ultime cartucce ancora in serbo. E l’elenco delle “genialate” sarebbe troppo lungo. Da parte mia è stata una causa precisa, l’aver iniziato a correre per arginare alcuni pesanti problemi familiari con conseguente innalzamento del colesterolo a livello di rischio. Ho fatto sempre tanto sport, basket e calcio soprattutto, ma correre senza un pallone tra le mani o i piedi no. Ed è stato un innamoramento fulminante: la testa si svuotava, gli esami del sangue miglioravano e io passavo nel giro di pochi mesi dai 5 km alla mezza maratona. Più sopra si è parlato della parte competitiva del mio carattere: mi lanciai una sfida, preparare e terminare, possibilmente ancora vivo, una maratona. Alla fine sono state 7, quattro anni fantastici trascorsi con una gioia di vivere ai massimi livelli: poi le ginocchia mi hanno presentato il conto e ho dovuto smettere.

Nel suo libro d’esordio: “Il fosso bianco” (Nulla Die edizioni 2011); descrive due realtà differenti, da una parte un Uomo preistorico, cacciatore, insofferente ai cambiamenti nell’evoluzione umana, dall’ altra Mino, uomo moderno, in cerca di soluzioni ai problemi che il destino gli ha riservato.  Come è nata questa idea?

Davanti a uno spettacolo della natura, la Balena Bianca che si trova a Bagni San Filippo, in Toscana alle falde del Monte Amiata. Io, uomo moderno, ho provato un’emozione fortissima e mi sono immaginato quale poteva essere stata la reazione di un preistorico di fronte a una concrezione calcarea alta 30 metri, raffigurante la bocca spalancata di un mostro, che all’epoca doveva essere di un bianco abbagliante. L’idea è nata così: raccontare il viaggio di due uomini lontanissimi nel tempo, entrambi alla ricerca di un felice punto di svolta nella loro vita. La Balena Bianca sarà testimone di ciò che troveranno.

Decide inoltre di dare tutti i proventi del libro in beneficenza all’AIRC, “Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.” Quali motivazioni l’hanno spinta in tal senso.

La traumatica esperienza di persone a me care.

Predilige il genere Noir, perché?

Ho iniziato ad appassionarmi ai gialli che avevo 15 anni e, pur avendo letto tanto anche di altri generi, sono sempre stati la mia prima scelta.

C’è un autore a cui si ispira?

Nessuno, in quanto lo stile narrativo che prediligo e utilizzo è attualmente una rarità nel panorama editoriale giallo/noir.

La nuova serie milanese, Kabbalah noir a Milano (Fratelli Frilli Editori 2022), è il romanzo vincitore del Premio Letterario Città di Arcore 2023. Due parole su questa sua opera?

Anche questo romanzo è nato da una forte emozione, una sera all’interno dell’HangarBicocca che è un museo di Milano. Davanti a uno dei Sette Palazzi Celesti di Kiefer, il più piccolo, defilato e in penombra, la mente anomala dello scrittore di gialli ha formulato un pensiero: questo sarebbe il luogo ideale per commettere un omicidio. Era la primavera del 2012, il libro uscirà a fine marzo 2022. Avevo piantato un seme che germoglierà con la scoperta del nome del Palazzo, Sefiroth. Questo mi porterà ad approfondire i concetti legati all’Albero della Vita della Kabbalah ebraica. Che io sappia, è la prima volta che la Kabbalah, e in particolare le Sefiroth, sono state utilizzate come scusa per compiere cinque efferati omicidi.

Le sue storie vengono estrapolate da avvenimenti realmente accaduti o sono frutto della sua fantasia?

Mi chiamo Ugo narra la versione romanzata di un terribile fatto di cronaca milanese del quale sono stato, inconsapevolmente, testimone: l’acquisto, nei paesi dell’Est, di persone con marcate disabilità fisiche, trasportate in Italia e costrette in schiavitù a mendicare sui mezzi pubblici e per le strade. Per l’ultimo romanzo appena uscito, Due spari al Parco Lambro, e per i prossimi due sono tornato a raccontare fatti di cronaca, italiana e statunitense.

Consigliere direttivo dell’Associazione culturale Hemingway & Co, due parole su questa Associazione.

Siamo solo in due, Dario Lessa il presidente e il sottoscritto. Lui l’ideatore, la mente geniale, l’uomo dalle mille conoscenze, io a svolgere dietro le quinte l’oscuro lavoro perché tutto funzioni  dovere. Abbiamo portato a Monza e Sesto San Giovanni centinaia tra scrittori, attori, personaggi dello spettacolo. E con l’X-Factor Letterario i vincitori hanno coronato il sogno di pubblicare un loro libro.

È attivo nel sociale con progetti letterari a favore dei più deboli. Tra tutti cito i senzatetto di cui racconta anche nel suo libro: “Mi chiamo Ugo” in cui narra le vicende di un clochard.  Con i vostri progetti come avete contribuito a favore di questa categoria.

Non solo per loro: grazie a quel libro, ho iniziato la mia opera di volontariato sul campo, proprio in un ricovero per senzatetto. Con le letture dei libri ho aiutato loro a distrarsi, a insegnare lingua e cultura italiana ai richiedenti asilo, a far appassionare alla lettura i carcerati, a condividere emozioni e ricordi con i nonnini in casa di riposo.

Tra le righe ho avvertito che lei crede molto nel destino, è così?

Più a parole che nei fatti. Dopotutto, fin dall’antichità gli uomini hanno scaricato le colpe, o attribuito meriti per vicende alle quali non erano in grado di dare una spiegazione logica, a delle entità inesistenti, arrivando fino al punto di mitizzarle come dei. Appena superata la fase emotiva, ragionando a mente fredda mi viene difficile pensare che tutto quanto è stato fatto per arrivare a quella conclusione sia stato perfettamente preordinato da qualcosa o qualcuno di sovrannaturale.

Progetti futuri? Qualche manoscritto nel cassetto?

La serie gialla milanese pubblicata dalla Fratelli Frilli Editori avrebbe già il terzo romanzo pubblicabile anche domani, ma essendo appena uscito il secondo se ne parlerà all’inizio del 2025. Il quarto è già scalettato e tra non molto inizierò a scriverlo. C’è anche in cantiere un’idea di rimettere mano a Mi chiamo Ugo, riscriverlo aiutandomi con l’esperienza acquisita in questi anni per proporlo a un editore a livello nazionale. Vedremo.

E giungo all’ultima domanda e le chiedo: nei suoi libri c’è un messaggio e se sì quale?

Solo il Fosso Bianco, Mi chiamo Ugo e Mi chiamo Simone avevano in comune un messaggio di speranza, cioè che la vita può riservarti una seconda opportunità se la vuoi cogliere. Gli altri sono gialli classici, libri destinati ai miei lettori come opere di puro intrattenimento.

 

Ringraziando  Massimo  Bertarelli per il tempo dedicatomi, ricordo agli amici lettori il link dove troverete i suoi libri.

 

 

 

 

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