Un muro di silenzi

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Come ci si deve sentire a stare dietro un muro?
Mi spaventa questa idea.

Come sta colu che ci si trova non per libera scelta, bensì contro la sua volontà?

E cosa proverà, invece chi la scelta l’avrà fatta, maturandola, o guidata dall’istinto?

Voglio credere che il suo cielo sia attraversato da un qualche disagio, che la scelta non scivoli come se niente fosse. Una risoluzione, ritenuta, chissà, forse necessaria, sopraggiunta, perché no, dopo estenuanti riflessioni al fine di poterla scongiurare.

Di fatto, però, dietro quello sbarramento, alla fine, ci si è trovati nelle condizioni di osare con coraggio e determinazione.

Non si può affatto dire che si tratti della medesima cosa per chi lo sente un confinamento, con il filo spinato nel cuore, con un dolore continuo che non arresta.
C’è poco da fare dietro un muro che respira aria di confino.

Un’atmosfera che sa di mancanze e di silenzi, in cui la reciprocità dello scambio è saltata.

Ci si siede e lo si osserva nel tentativo, a svolte spasmodico, di analizzare le motivazioni ingiuste che hanno portato a quello stato.

Non ha alcun senso bussare perché sarebbe improduttivo, non si può urlare perché le pareti non hanno orecchie e, se ci si dimena come un folle, piangendo, chi avrà compassione degli affanni?

E quand’anche ci si avventurasse nel tentativo disperato di uno scavalcamento, con tutti i limiti possibili e immaginabili, si inizierà a sudare freddo perché si è consapevoli che bisogna avere troppo coraggio per tentare l’impresa, figuriamoci di portarla a termine.

E poi, nell’istante stesso in cui ci si ritroverebbe dall’altra parte, potrà esistere sia pur una remota certezza di una qualche forma di accoglienza, di ascolto, di mediazione?

Ahimè, è risaputa la risposta.

Quanti saranno disposti a rivedere le proprie posizioni, a mettersi in discussione, a rimediare ad un probabile errore, fraintendimento, tendendo una mano?
Pochi.

Perché ci si chiude nelle onnipotenti corazze, si respira la boria, ci si nutre del delirio di onnipotenza, senza pensare che la materia di cui siamo sostanza, prima o poi, ci abbandonerà e non saremo più né da una parte del muro a dettare sentenze, né dall’altra a mendicare ascolto.

Siamo schiavi della nostra ragione perché è molto più facile servire la mente che il cuore.

Quando ci si affida al cuore, si presentano tante strade ed è molto faticoso imboccare quella giusta. Ma con un po’ di pazienza, tutto si risolve.
Ma, quando si diviene servi della ragione, si finisce col perdere il controllo di ogni cosa e tutto sembra alla portata dei desideri.

Rita Levi Montalcini dice : “Nei ragionamenti del cervello c’è la logica, nei ragionamenti del cuore ci sono le emozioni!“.

E sono queste che riescono a facilitare i contatti umani.
Forse, sarebbe sufficiente imparare ad ascoltarsi, e nel tempo lasciare all’educazione del proprio sentire il senso più profondo della propria vita.

Piera Messinese

Clicca sul link qui sotto per leggere il mio articolo precedente:

La vigilia dell’Epifania

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Piera Messinese
Sono nata il 13 Novembre del 1966 a Lamezia Terme, in Calabria, ove risiedo. Sono sposata ed ho una figlia. Se dovessi scegliere un attributo che possa caratterizzarmi, questo sarebbe “eclettica”. Sono “governata da uno spirito fortemente versatile” che mi dà energia, per cui mi sento letteralmente assetata di nuovi stimoli. Sono innamorata della scrittura da sempre e la mia formazione classica ha contribuito a mantenere vivo in me tale sentimento. Grazie alla passione per i classici latini e greci in primis ed in seguito agli studi universitari in Medicina e Chirurgia, ho potuto rendere creativa la mia elasticità mentale. Ma “illo tempore fu il Sommo” a rubarmi il cuore e così “Galeotta fu la Divina". Amo, quindi, leggere e scrivere e ritengo che ciò sia fondamentale per la crescita di ogni individuo. Flaubert diceva: _”Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi o, come fanno gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere.”… Sono Socia Fondatrice di “Accademia Edizioni ed Eventi”, Associazione culturale con sede a Roma che si occupa di cultura e di promuovere il talento. Scrivo su SCREPmagazine, rivista dell'Associazione, su cui curo varie rubriche.

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