Stamani mi è capitato di leggere un brano in cui Totò si sofferma a parlare dell’invidia.
Egli sostiene che, a provocare questo brutto sentimento, non sia il desiderio di raggiungere una bella posizione economica, perché molto spesso agli invidiosi non manca.
La loro invidia nasce dalla consapevolezza che l’oggetto del desiderio non potrà mai essere alla loro portata.
“Quello che causa l’invidia è la tua essenza, è la tua energia… le tue relazioni, il modo in cui gestisci i tuoi valori attraverso la vita etc“…
Queste le parole del principe della risata.
E ha ragione perché ciascuno di noi è costretto per tutta la vita a convivere con ciò che è dentro e fuori, ciò che è riuscito a realizzare per arricchire la propria interiorità e le relazioni con il prossimo.
Eppure sarebbe sufficiente agli invidiosi un briciolo di autostima per liberarsi da questo grigiore interiore.
È qui che, però, iniziano i dolori perché entrano in gioco le virtù e le relazioni umane che non scendono come manna dal cielo.
Se questa è l’invidia, allora, invidiosi, è il momento di aprire gli occhi, oppure “perderete ogni speranza”!
Basterebbe ricordare la punizione dantesca destinata alle anime invidiose per scegliere la luce dell’anima piuttosto che il buio del cuore.
Piera Messinese
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