La ricerca della luce era diventata un’esigenza necessaria per Valentino, come un traguardo da raggiungere per scoprire, finalmente, l’irraggiungibile fine denominato senso della vita.
Il rischio primario, egli si accorse, era quello di creare atmosfere artificiali, di non essere autentici, di costruire insegne vuote pur luminosissime.
Sorrisi, sguardi, percorsi, incontri, paesaggi, apparentemente perfetti, abbaglianti: ecco, quella perfezione era la grande ingannatrice, il sentiero che avrebbe portato ad un luogo il più lontano possibile dalla sua ricerca.
Valentino si rese conto che partendo dalla perfezione non avrebbe raggiunto alcunché, come non sarebbe giunto a capo di nulla, comportandosi come se il buio non esistesse.
Invece, è proprio dal buio più profondo dell’animo umano che può crearsi quel piccolo e stretto viottolo di luce, tale da poter approdare alla luce autentica, quella che proviene dall’anima sdrucita, bucata come un colabrodo, spesso ridotta male come uno strausato cencio.
Valentino capì che, da una lunghissima notte, improvvisamente, può apparire la luce, compagna della verità, compagna dell’essenza.
Potrebbe essere anche un’illusione, ma proveniente da una ricerca interiore scevra di falsità.
Un giorno di luce non deve essere perfetto, ma imperfetto così com’è l’essere umano, in tutte le sue sfumature.
Valentino comprese che la pur imperfetta luce, può illuminare la malattia, la solitudine degli anziani, la mensa dei poveri, la fine di un grande amore, la mancanza e l’abbandono.
Il senso della vita, a pensarci bene, abita nei tessuti della nostra imperfezione, nei lunghi inverni così come nelle brevi estati.
Oggi la luce è una buccia di limone sul vetro dell’aria.
(Rinaldo Caddeo)
La vita è una grande avventura verso la luce.
(Paul Claudel)
Tommaso Cozzitorto
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