Sfratto sì, sfratto no

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Sfratto sì, sfratto no

Bonariamente… “un par de ciufoli”!

“Il fatto che sia necessaria una buona dose di cultura anche per gestire decorosamente la spazzatura dovrebbe essere noto, anche se così non è, a giudicare dalla condizioni in cui versano molte città italiane, inclusa, a pieno titolo, la nostra Capitale. Però quando la cultura – guarda caso, proprio a Roma – viene trattata come immondizia, si raggiunge il colmo, sconfinando persino nel surreale”.

E’ quanto affermava qualche giorno addietro, con l’intelligenza dell’ironia, il giornalista Marco Brando su Strisciarossa.

Lo ha scritto a proposito  della comunicazione di sfratto del Comune di Roma spedita il 9 novembre 2020, e notificata il 16, all’Istituto storico italiano per il Medio Evo; in base a quel l’ingiunzione, dovrebbe lasciare nel giro di 3 mesi i locali che occupa dal 1923, per decisione dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, Pietro Fedele.

È un ente fondato nel 1883 per dare unità e sistema alla pubblicazione delle fonti di storia nazionale, col nome di Istituto storico italiano; nel 1934 prese il  nome di Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, mantenendo  tutti i compiti scientifici già attivi, con l’aggiunta della direzione scientifica per la ristampa dei Rerum Italicarum Scriptores del Muratori.

L’Istituto pubblica le collane Fonti per la storia d’Italia, Fonti per la storia dell’Italia medievale, Studi Storici, Nuovi Studi Storici, nonché la rivista Bollettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Bonifaciana, l’Edizione nazionale delle opere di Biondo Flavio, gli Atti del premio internazionale Ascoli Piceno, le Fonti per la storia della Chiesa in Friuli.

Con sede nel Palazzo Borromini, e vigilato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, custodisce una biblioteca specializzata, formatasi nel corso dei tempi, con oltre 100.000 volumi e  760 testate di riviste italiane e straniere.

Perché buttare al macero in un cassonetto, anche il più scassato e sporco, un prestigioso Istituto che ha svolto dal lontano 1883, e svolge tuttora, un ruolo essenziale di diffusione della storia in Italia e all’estero, in simbiosi con gli altri Istituti storici italiani e stranieri presenti a Roma e non solo?

“Quasi! Uno sfratto con l’obbligo di fare le valigie  “entro 90 giorni” e uscire dal centro storico di Roma in cui era entrato in quel lontano 1923 senza offrirgli una location in alternativa”.

Insomma, una volta che un ministro fascista ci azzecca, che fa il Campidoglio?

Lo contraddice, con quasi un secolo di ritardo”, aggiungeva Brando.

Un ritardatario rigurgito antifascista? 

“Macché.

Verrebbe da prendersela con la solita burocrazia, se non fosse che come capro espiatorio non funziona più.

La scelta è sempre anche, e prima di tutto, di qualche politico, nelle vesti di amministratore pubblico.

C’è una sola speranza, spes ultima dea, che la sindaca Virginia Raggi sia stata tenuta all’oscuro pure in questo caso, come in altri, a giudicare dalle cronache.

Sa, gestire una metropoli è complicato, quindi non la invidiamo.

Comunque la sindaca ha tempo per porre rimedio, sebbene la candela  dello sfratto abbia già cominciato a consumarsi”, sentenziava il bravo giornalista.

Parole sante le sue, caro Brando.

“Infatti sembra che Virginia Raggi abbia preso la decisione di sospendere il provvedimento e chiesto agli uffici di stoppare gli effetti dell’atto di allontanamento del centro di studi. Il presidente, lo storico Massimo Miglio, ha fatto sapere che “come atto di fiducia per le parole della Sindaca, in attesa di atti concreti, l’Istituto sospenderà tutte le iniziative avviate in questi giorni”.

Però io mi chiedo…

Sarebbe accaduto… se non ci fosse stata la mobilitazione nazionale e internazionale dei cultori della storia?

Se non ci fossero stati i tanti appelli, gli interventi dei consiglieri del Pd capitolino, AntonGiulio Pelonzi e Giulia Tempesta, la forte protesta della capogruppo in Campidoglio della Lista civica Rtr, Svetlana Celli, del deputato di Fratelli d’Italia Federico Mollicone, capogruppo in commissione Cultura, di Andrea De Priamo, capogruppo di Fdi nell’assemblea capitolina?

Si sarebbe fermato tutto se la Sismed, Società italiana degli storici medievisti, appresa la notizia dell’incredibile sfratto intentato dal Comune di Roma nei confronti di delle più prestigiose istituzioni culturali italiane e di tutta la medievistica, non si fosse immediatamente mobilitata per sostenere l’Isime nella sua lotta contro questo atto profondamente ingiusto? E se non ci fosse stato il durissimo comunicato del Coordinamento delle Società storiche contro questa gravissima decisione anche per il contenuto e i modi con cui era stata comunicata?

Pensate… 90 giorni di tempo per smantellare e traslocare (dove?) l’Istituto e la sua immensa biblioteca.

Non è un trasloco, ma una chiusura!!!

Insomma, sarebbe stata la fine di un’intensa attività scientifica ed editoriale, della promozione di numerosi seminari e convegni internazionali, della  cultura storica medievale e della  formazione degli insegnanti.

Sarebbe accaduto tutto ciò, se non ci fosse stata la ferma denuncia, apparsa su La Stampa, dello storico  Alessandro Barbero , che ha definito l’Istituto “uno dei cuori pulsanti di quel corpo oggi un po’ scarnificato dai tagli, ma ancora ben vivo, che è la ricerca storica italiana… Un luogo di incontro, di discussione, di studio; la casa editrice che stampa e mette a disposizione degli studiosi di tutto il mondo le fonti della nostra storia nazionale…

“L’Amministrazione della Capitale continuava Barbero –  fa ancora in tempo a ripensarci, se si renderà conto che in gioco…  c’è il posto che la storia del nostro Paese può e deve avere nella scala di valori del nuovo secolo”.

Sarebbe accaduto se non ci fosse stato il pezzo di Gabriella Piccinni apparso su culture.globalist.it , che mi piace citare  integralmente?

“Cos’è stato il Medioevo italiano nella storia d’Europa lo sanno in tutto il mondo. Unica al mondo a non saperlo sembra essere Virginia Raggi. 

La sindaca di Roma ha sfrattato, infatti, dagli splendidi locali che occupa da 97 anni nel palazzo Borromini, l’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, cioè la massima istituzione che in Italia raccoglie, tramanda, studia e divulga la memoria di quella storia eccezionale. Sbigottito il suo presidente, il professor Massimo Miglio, che annuncia battaglia legale. Sdegnati, vicino alle persone di cultura e agli amanti dell’Italia sparsi per il mondo, tanti cittadini che stanno avviando una raccolta di firme. Pronti ad affilare le armi delle interrogazioni alcuni parlamentari.

Già mobilitato, si dice, il Mibact al quale è affidata la vigilanza sull’Istituto, questo vanto dell’Italia nato 137 anni fa per dare «unità e sistema alla pubblicazione delle fonti di storia nazionale» e per «creare negli italiani una consapevolezza della propria storia”.

La storia nazionale, appunto.

Eh già, perché nella lettera che notifica lo sfratto si legge che i locali servono per l’Archivio storico capitolino, e lasciamo perdere il fatto che chi l’ha scritta sembra non sapere nulla dei grandi spazi al secondo e terzo piano dello stesso palazzo restaurati nel 2006 dal comune di Roma proprio a questo scopo e poi lasciati vuoti. Creando dal nulla uno squallido balletto di concorrenze, lo sfratto mette la memoria di Roma contro la memoria della nazione.

Forse Virginia Raggi ritiene che un istituto che appartiene a tutti non appartenga anche a Roma?

Forse per questo pensa di potergli richiedere, in perfetto burocratese, di “rilasciare bonariamente i locali, liberi da persone e cose, entro 90 giorni dal ricevimento della presente”? Di liberarli, quindi, in ordine:

dai 100.000 libri di una biblioteca aperta al pubblico; dalle serie di 760 riviste scientifiche italiane e straniere; dal suo archivio storico; dalle antiche librerie di legno massello che arrivano fino agli altissimi soffitti; dagli imponenti tavoli di legno e da tutti gli oggetti preziosi dell’arredo storico.

Sciorinare solo qualche nome importante, scelto alla rinfusa, basta per ricordare qui cos’è l’Istituto.

Il nome dell’ispiratore, Ludovico Antonio Muratori, nel XVIII secolo primo grande raccoglitore di cronache italiane.

Quello di Giosuè Carducci che fu il garante scientifico delle loro riedizioni, dal 500 al 1500.

Quello di Federico II, alla cui cancelleria appartiene il primo volume pubblicato di una lunghissima serie.

Quello di Giovanni Gentile che nel 1923 vi istituì la Scuola Storica Nazionale. Quello di Pietro Fedele che inaugurò la nuova sede.

E poi di grandi storici come Giorgio Falco, Raffaello Morghen, Gina Fasoli, Arsenio Frugoni, Girolamo Arnaldi, Ovidio Capitani, Elio Conti…

Ci dicono gli scienziati che la nostra memoria è come un muscolo, e va allenata. Ma oltre a quello individuale, anche il corpo sociale ha la capacità di conservare traccia più o meno completa e duratura degli eventi, di stimoli esterni, immagini, sensazioni, racconti e idee.

Oppure ha il potere di rifiutarli.

I luoghi di studio, questo fascio di oggetti, libri, di relazioni umane e formative, sono dunque le palestre per migliorare memoria individuale e memoria sociale.

In queste palestre si confronta il passato con il presente per mettere quest’ultimo in costante discussione.

Perché il futuro, il cambiamento, nascono dalla nostra capacità dialettica con la memoria. 

Chi si pensasse come un buon amministratore e intanto mettesse in concorrenza la consapevolezza del passato con il presente, il locale con il nazionale, sarebbe nel caso migliore un primordiale. 

Perché è un fatto che solo i popoli che hanno raggiunto una civiltà elevata hanno conservato intenzionalmente i loro ricordi, passando via via dalle tradizioni vaghe dei tempi più antichi ai racconti leggendari, fino a narrazioni piene di particolari. Soltanto chi ha coscienza di sé ha ricordi della propria vita interiore ed esterna, e sa che oggi è la continuazione di ieri e la preparazione di domani; che il dopo è la conseguenza del prima.

Che l’ieri e il prima vivono nella memoria e guidano pensieri e azioni, anche quando questi siano rivolti al futuro o – addirittura – rinneghino il passato (cito liberamente da Gina Fasoli)”.

Se tutte queste voci non si fossero alzate, ci sarebbe stato il lungo colloquio, voluto dalla Sindaca di Roma, con i responsabili dell’Istituto, nel corso del quale Virginia Raggi ha espresso la volontà di sospendere ogni iniziativa intrapresa dai suoi uffici contro l’Isime?

Saranno solo parole o seguiranno atti concreti?

Aspettiamo… anche perché la storia non si fa con i se!

Nel frattempo  l’Istituto si appresta a inviare le controdeduzioni legali al documento di sfratto, protocollo n. 119394, trasmesso dall’ufficio Patrimonio del Comune di Roma.

Facciamo un passo indietro? Lo chiedo a Marco Brando.

Certamente! Facciamo un passo indietro. La missiva del Comune di Roma merita di finire ad honorem tra i documenti in stile burocratico pseudo-medievale (“pseudo” perché il linguaggio è molto antiquato, mentre nel Medioevo certi personaggi – per esempio, un certo Federico II di Svevia e i suoi funzionari – hanno dimostrato ben altra verve e inventiva).

L’estensore, in vena di voli pindarici, scrive che “si richiede di rilasciare bonariamente i locali, liberi da persone e cose, entro 90 giorni dal ricevimento della presente…”.

Già a questo punto verrebbe da rispondere, in romanesco: “Bonariamente un par de ciufoli!”.

                                                                                             Vincenzo Fiore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Vincenzo Fiore
Sono Vincenzo Fiore, nato a Mariotto, borgo in provincia di Bari, il 10 dicembre 1948. Vivo tra Roma, dove risiedo, e Mariotto. Sposato con un figlio. Ho conseguito la maturità classica presso il liceo classico di Molfetta, mi sono laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Bari con una tesi sullo scrittore peruviano, Carlos Castaneda. Dal 1982 sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti. Amo la Politica che mi ha visto fortemente e attivamente impegnato anche con incarichi nazionali, amo organizzare eventi, presentazioni di libri, estemporanee di pittura. Mi appassiona l’agricoltura e il mondo contadino. Amo stare tra la gente e con la gente, mi piace interpretare la realtà nelle sue profondità più nascoste. Amo definirmi uno degli ultimi romantici, che guarda “oltre” per cercare l’infinito e ricamare la speranza sulla tela del vivere, in quell’intreccio di passioni, profumi, gioie, dolori e ricordi che formano il tempo della vita. Nel novembre 2017 ho dato alle stampe la mia prima raccolta di pensieri, “inchiostro d’anima”; ho scritto alcune prefazioni e note critiche per libri di poesie. Sono socio di Accademia e scrivo per SCREPMagazine.

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