“Se io fossi un Angelo”

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Testi dai contenuti d’ammaliante potenza espositiva, non di rado pregni di un’irriverenza visibilmente intrisa di ponderazione consapevole e lampante, dalla conoscenza di molteplici aspetti della vita quotidiana, dall’evocazione di parole che fanno rumore, un rumore assordante ma pacifico ed imprescindibile, molto più di quanto riesca a produrne la musica stessa.

Le sue composizioni erano così e lui faceva della sua nobile arte un mestiere.

Ciascuno di noi ha un legame unico, intimo ed assolutamente ingiudicabile con la dimensione metafisica, con quello che la maggior parte di noi ha la tendenza a definire “Dio”.

Ho un pensiero assolutamente contestabile, ma di fatto rimane il solo ad essere congeniale, affine al punto tale da aver assunto la parvenza di un’autentica ed assoluta convinzione, e le convinzioni personali fanno molta fatica ad essere sradicate dalla sfera che contiene le criticità.

Mi riferisco al fatto che, a parer mio, è impossibile essere atei.

La scienza è e rimane il fulcro di innumerevoli verità incontestabili, di dettami inviolabili che sono il frutto di ricerche dal valore inestimabile.

Eppure, la mancanza di una buona dose di inspiegabili condizioni alle quali non si riesce ancora ad approdare con certezza, invita quel granello inconsistente di materia grigia che ancora non ne vuol sapere di abbandonarmi, a credere che un’entità di natura divina aleggi sulla mia testolina un tantino folle.

Non so voi, ma io credo che Dio esista.

E non è affatto detto che Dio non detenga persino le sembianze di vostro figlio, di vostra madre, che non si manifesti in un alito di vento mentre siete impegnati a combattere contro l’asfissia sotto queste orrende mascherine multicolore (che il Divino ci liberi, Santo Cielo, pietà!).

Ma Dio esiste.

Per molto tempo ho creduto che l’indimenticabile Lucio Dalla fosse ateo.

Sensazione dettata dalla strabiliante libertà d’espressione caratterizzata dai suoi testi, da accostamenti di frasi eccelse che non hanno mai temuto per nulla la censura.

Ed invece dovetti piacevolmente rivedere le mie posizioni.

Lucio Dalla credeva fortemente in Dio e non era affatto un rivelatore di contraddizioni che potessero indurre in inganno chi si fosse posto in una condizione di attenta valutazione, con dovuto spirito critico.

Quando mi cimentai per la prima volta nell’ascolto del brano ” Se io fossi un Angelo”, del 1985, credetti di essermi, a mia totale insaputa, imbattuta in un’esperienza, a tratti, lievemente intrisa di blasfemia.

Ma mai come allora mi resi conto di essere scioccamente precipitata in un errore madornale.

Se io fossi un Angelo” è un’implorazione schietta al Divino, un “a tu per tu” che sono solita intavolare anch’io col Padre Eterno,e tutto questo avviene anche abbastanza spesso.

Come non riuscì a fare Dalla, nel corso del suo ammirevole brano, anch’io non prego mai, non ne sono capace e di certo nemmeno all’altezza.

Mi cimento in discussioni astruse, verosimili ma buffe e non mancano persino dei rimbrotti poco pacati nei suoi confronti.

Tutto questo non abbrutisce di una virgola la bontà della sua misericordiosa concessione di conforto.

Anzi, io credo che apprezzi moltissimo il nostro “sentire” momentaneo e che sia predisposto ad accoglierlo come farebbe un amico fidato, un padre non troppo all’antica, una persona dalle bonarie intenzioni che detesta le prostrazioni.

E così si discorre con Dio del più e del meno, attraverso una serie di monologhi spesso deliranti, ed in ultima istanza avverto il suo immancabile e tenerissimo bacio sulla fronte.

Ma occupiamoci di Lucio Dalla, della sua potente eloquenza, della colta fantasia che lo induce ad immaginare come sarebbe andata se, proprio lui fosse stato veramente un Angelo.

E come si sarebbe presentato al cospetto del Sommo, se non in maniera irriverente ed in perfetta sintonia con le sue consuetudini?

Lucio Dalla lamenta una società insopportabile e becera, tutt’altro che determinata da pacifiche e fraterne intenzioni, informa Dio in merito a tutto ciò che detesta, manifestando al contempo il timore reverenziale dell’umile peccatore.

“Con lo sguardo
Biblico li fisserei.
Vi do due ore,
due ore al massimo,
poi sulla testa
vi piscerei.
Sui vostri traffici,
sui vostri dollari,
sulle vostre belle
fabbriche
di missili…”

Ecco cosa intendo per legame intimo ed inscindibile.

Mi riferisco all’opportunità di esprimersi senza ulteriori paure che possano frenare il sentimento reale.

Dalla avrebbe compiuto delle azioni con umane caratteristiche che ben poco si addicono all’idea celestiale che possediamo in merito agli Angeli.

È questa la naturale forma d’approccio che avrebbe posto in essere, sarebbe stato assolutamente ipocrita se avesse espresso una tipologia di intenzione di tipo differente, non avrebbe mostrato fedelmente la parte autentica della sua eclettica natura.

Egli era pienamente cosciente di non essere detentore di una sola delle caratterizzazioni che determinano la personalità di un santo, e l’aspetto maggiormente apprezzabile è dato dall’inequivocabile evidenza che non ne fa assolutamente un mistero.

“Se io fossi un
Angelo
non starei mai
nelle processioni,
nelle scatole
dei presepi,
starei seduto
fumando una Marlboro
al dolce fresco
delle siepi.
Sarei un buon Angelo,
parlerei con Dio.
Gli ubbiderei
amandolo a modo mio…”

Sovvengono quasi delle risa spontanee, non esenti però da un non so che d’amarezza.

Questa incapacità di non sforare rispetto alle immagini tradizionali, questa diversificazione imposta o spontanea che sia sottendono parecchia insoddisfazione ed una certa inquietudine.

Avrebbe ubbidito a Dio, amandolo a suo modo.

Quanti modi esistono d’amare?

Troppi, specie per chi s’arrovella dentro un animo geniale.

Geniale sì, e non soggetto ad omologazioni.

Del resto, non sarebbe stato per niente Dalla se avesse manifestato la volontà di intonare canti di lode e di recitare litanie un po’ meste e perentorie.

Il suo spirito aleggiava persino prima della sua morte, carpendo indizi di verità, di romanticismo, di bellezza priva di fronzoli e di eccessi imbellettati.

Un Angelo proteso verso un Dio che a parer suo ha peccato di immane negligenza :“i potenti,
che mascalzoni
e tu cosa fai,
li perdoni?
Ma allora
Sbagli anche tu…
Ma poi non
parlerei più… “

Ecco come si palesa il timor di Dio, confidenzialmente e con un accento finale di pacatezza.

Ironizzando sull’inferno, inoltre, Dalla spalanca il sipario sulla drammatica questione che si riaggancia alla dannata realtà dei fatti.

Fondamentalmente, che sarà mai un po’ di arsura?

È senz’altro acerrima ed infinitamente meschina la condizione umana, è questo il vero inferno.

Gli Angeli sono gli ultimi, i sofferenti, coloro i quali lottano tutti i giorni, azzannati a sangue e strenuamente presi a morsi dalla vita inclemente che imperversa.

Sono i poveri, i vessati, gli insicuri, i generatori di speranza.

Un Angelo è chi si genuflette al cospetto di chi non sa che via imboccare, chi sostiene, chi rimargina e ricuce le profonfe lacerazioni.

Chissà cosa ci attenda realmente, se la morte sospinga le anime verso la decantata beatitudine e le immani sofferenze o se dei luoghi preposti al loro accoglimento esistano davvero.

Non ne conosciamo l’effettiva risposta.

Ma Lucio sì, lui lo sa ormai da otto anni, fuma e beve incontenibilmente, mentre spalanca le sue ali maestose, sontuose e prodigiosamente iridescenti…

“SE IO FOSSI UN ANGELO” 

Se io fossi
Un Angelo
Chissà cosa farei
Alto biondo
Invisibile
Che bello che sarei
E che coraggio avrei
Sfruttandomi
Al massimo
È chiaro
Che volerei
Zingaro, libero
Tutto il mondo
Girerei
Andrei in Afghanistan
E più giù in
Sud Africa
A parlare con
L’america
E se non
Mi abbattono
Anche coi russi
Parlerei
Angelo
Se io fossi un
Angelo
Con lo sguardo
Biblico
Li fisserei
Vi do due ore
Due ore al massimo
Poi sulla testa
Vi piscerei
Sui vostri traffici
Sui vostri dollari
Sulle vostre belle
Fabbriche
Di missili
Se io fossi un
Angelo
Non starei mai
Nelle processioni
Nelle scatole
Dei presepi
Starei seduto
Fumando una Marlboro
Al dolce fresco
Delle siepi
Sarei un buon Angelo
Parlerei con Dio
Gli ubbiderei
Amandolo a modo mio
A modo mio
Gli parlerei
A modo mio
E gli direi
I potenti
Che mascalzoni
E tu cosa fai
Li perdoni
Ma allora
Sbagli anche tu
Ma poi non
Parlerei più
Un Angelo
Non sarei più un
Angelo
Se con un calcio
Ti buttano giù
Al massimo
Sarei un diavolo
E francamente
Questo non mi va
Ma poi l’inferno
Cos’è?
A parte il
Caldo che fà
Non è poi
Diverso da qui
Perché io sento che
Son sicuro che
Io so che
Gli Angeli
Sono milioni di
Milioni
E non li vedi
Nei cieli
Ma tra gli uomini
Sono i più poveri
E i più soli
Quelli presi
Tra le reti
E se tra gli uomini
Nascesse ancora Dio
Gli ubbiderei
Amandolo a modo mio
A modo mio
A modo mio
A modo mio

Maria Cristina Adragna

Il maestro di violino

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Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

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