Roma, Anita e la magia di un incontro

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In molti conoscono la meraviglia che Roma può destare anche di notte, ma credo che in pochi riescano a percepire l’essenza suadente delle misteriose presenze che aleggiano sulla città eterna.

Quello è un privilegio per anime innamorate,
profondamente legate all’idea di unicità autentica che la capitale è in grado di suscitare, la prerogativa di chi sente Roma come parte integrante della complicatissima spirale del proprio DNA, la sensazione di coloro i quali si credono dei folli reincarnati e che sono più che convinti che l’essere vissuti nei pressi del Colosseo in tempi remoti sia un fatto accaduto veramente.

Roma non lascia spazio ad altro tipo di pensiero , non esiste alcuna possibilità di distacco dall’intensa ammirazione.

Altissimo è il cielo di Roma, non paragonabile a tutti i cieli dell’universo.

Non sto farneticando, credetemi!

Ho solamente alzato gli occhi all’insù per troppe volte, ed ho osservato l’immensità di quel firmamento con un’ attenzione maniacale.

Mi sono smarrita come non ho mai fatto da nessun’altra parte, ho volato senza che nessuno se ne accorgesse, ho cercato un po’ di me stessa nei particolari e nelle sfumature di tutti gli angoli.

In verità non ho trovato per nulla un po’ di me : ho trovato tutta me, per intero!

E le migliori occasioni di riappacificazione con le mie irrequietezze si sono puntualmente presentate soprattutto a tarda notte, quando finanche le ultime luci delle più recondite osterie cessano di regalare quei vivaci ed accecanti sfavilii e la città appare deserta, silente, afona, maestosamente essenziale ed ancor più attraente.

Ed è allora che mi piace recarmi nei pressi di Fontana di Trevi, perché quando tutto tace io posso finalmente cominciare ad avere a che fare serenamente con l’impertinenza dello scialacquio.

La “sinfonia “ prodotta dalle fontane di Roma è
simile a quella delle sue campane: non esistono, altrove, dei suoni talmente desueti e preponderanti, da consentirci di accostarci a dimensioni trascendentali.

Solo Roma “è”, solo Roma “può”.

Ed io, in quella placida notte estiva trapunta di astri grandi, fulgidi e ruffiani, con le acque di Fontana di Trevi feci una lunga ed armoniosa chiacchierata.

Sbraitavano con estremo fervore, pareva quasi che avessero una risposta esaustiva per l’esternazione perentoria di ogni mia insoddisfazione.

E ad un certo punto avrei solo desiderato tuffarmi dentro , senza che le comprensibili esitazioni avessero la meglio sui miei intenti da squinternata.

“Ehilà, pazzerella, non sei mica me, sai?

-Una voce briosa mi sorprese e m’attrasse immediatamente.

-Feci fatica a credere ai miei occhi.

“Cosa pensi , che dopo quasi sessant’anni io possa ammettere o concedere repliche fasulle?”

-Quelle espressioni destarono in me dei sorrisi un tantino irriverenti.

Era altezzosa, “superbetta”, come forse lo è la stragrande maggioranza delle dive, ma quell’eterea e straordinaria beltà sarebbe stata in grado di azzerare qualsiasi tipo di resistenza nei suoi confronti.

“Sono spiacente, Signora, ma mi creda, non l’avrei mai fatto. Vede quel “pizzardone” laggiù?
Non so a quanto ammonterebbe la cifra della mia sanzione se mi azzardassi ad entrare all’interno della fontana. Sono certa che se notasse la mia bravata non la passerei affatto liscia. E la sa un’altra cosa? Non me lo posso mica permettere! Devo ancora saldare l’esoso conto in albergo, procurarmi da mangiare per i prossimi due giorni ed acquistare parecchi souvenir. Non sono un’attrice io, sono solo una semplice turista, maledettamente ed inguaribilmente innamorata di questa città inebriante . E poi, se lo immagina se facessi il mio ingresso all’interno di queste acque con un paio di miserrimi jeans e con una maglietta da quattro soldi? Che immagine penosa! Avessi avuto quel suo meraviglioso ed elegantissimo abito nero… Beh, di certo l’effetto sarebbe stato decisamente diverso. E comunque sia son ben lieta di conoscerla, mia cara Miss Ekberg. Son davvero tanto, tanto felice. “

Anita inclino’ leggermente il capo e strizzo’ un pochino gli occhi, come se l’intento fosse quello di voler mettere maggiormente a fuoco la mia immagine :

” lo sai, ragazza, che in fondo sei pure simpatica? “

” Lusingata, Miss Ekberg. Sapesse quante volte ho rivisto quella sua famosa scena! E adesso lei è qui, proprio di fronte a me, esattamente come se ambedue stessimo all’interno di quel vecchio film! Ma mi dica, mi racconti un po’ di quella “Dolce vita” che divenne l’emblema di un’epoca che rese Roma ancor più accattivante e pregna di fascino indiscusso, mi racconti della “sua Roma”, di come l’ha vissuta al tempo delle riprese, di quali emozioni le si incollarono addosso “.

” Vuoi sapere come mi sono sempre sentita? Un po’ sola? Sì, un po’ sì. Ma non ho rimpianti né rimorsi. Ho amato, ho pianto, sono stata pazza di felicità. Ho vinto ed ho perso. Non ho mai avuto un marito, non ho figli. A quel genio di Fellini piaceva moltissimo la mia andatura, amava follemente come camminavo. Dentro la Fontana di Trevi, durante le riprese, feci su e giù una notte intera, senza mai inciampare. Marcello invece aveva molto freddo e così vuotò una bottiglia di whisky. Cadde tre volte. E per tre volte furono costretti ad asciugarlo. Alla fine gli fecero indossare gli stivaloni da pesca sotto i pantaloni. Se devo proprio dire la mia ” La Dolce Vita” non era un gran film. Quel film esiste per quella scena pazzesca ed assolutamente particolare. E in quella scena c’eravamo io e Marcello. Più io, in verità, che lui. Fellini era un genio assoluto. Non ho mai capito quale fu il reale motivo che lo spinse a scegliermi come protagonista de “La dolce vita”. Sì, è vero, ero stata eletta Miss Svezia, e questo forse sarebbe potuto bastare a tanti altri registi, ma non di certo ad uno come lui. Lui leggeva nel cuore degli attori, e li dirigeva come fossero farfalle”.

Ero pietrificata, catapultata in un ‘epoca che mi apparteneva solo a metà.

Disconoscevo quasi tutto, tutto quello che avesse potuto caratterizzare il profondo “sentire” di chi aveva preso parte a quel film.

La Ekberg aveva un po’ destabilizzato le mie idealizzazioni in merito, ma nulla sarebbe valso quel dialogo surreale, né tantomeno quell’incontro eccezionale ed irripetibile.

“Sono sessanta anni che non mi faccio un bagno qui, tu permetti?”

“Si figuri, Miss Ekberg, ma io starei attenta a non farmi notare dal solito” pizzardone”.

“Ma perché, tu credi veramente che lui mi possa vedere? Eh eh eh… Sciocchina!”

Anita Ekberg si immerse nelle limpide acque della fontana di Trevi, si inoltro’ nei pressi della zona centrale della stessa e si dileguo’ in un batter di ciglia.

Ed io fui per tutto il tempo tenuta d’occhio dal famoso” pizzardone” che non attendeva altro che un mio passo falso per potere, nella migliore delle ipotesi, dar fiato al suo fischietto.

Ma non gliene diedi il tempo.

Mi sollevai dal gelido bordo marmoreo della fontana e d’impeto ripresi la mia passeggiata notturna, come fossi stata un remoto ed elegantissimo Mastroianni o un più recente e mondano Servillo.

Dopo due giorni sarei dovuta tornare in Sicilia.

Io, alla mia Roma, in attesa di fare ritorno, ho parlato così :

Ce semo, Roma mia,
passa er tempo e pure l’anni,
sto a pensa’ a sto venticello
c’a me n’veste sensi e core.

L’ euforia der primo amore
mo’ la sento gia’ d’adesso,
pensa a quanno me ritrovo
a passa’ pe’ strade tue.

Me m’pantano ar fontanone,
sto gran ladro de’ miei occhi!
Nun me lassa’ ascolta’ niente
c’a nun siano li rintocchi.

S’arivorta Giulio Cesare
e l’amici de costui,
quanno dico che sta Roma
mo’ la amo più de lui.

Se quarcuno me chiedesse
dove mai a mori’ io andrei…
” Ar Gianicolo, senz’artro! “
Questo je’ risponnerei!

Maria Cristina Adragna 

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Maria Cristina Adragna
Siciliana, nasco a Palermo e risiedo ad Alcamo. Nel 2002 conseguo la Maturità Classica e nel 2007 mi laureo in Psicologia presso l'Università di Palermo. Lavoro per diverso tempo presso centri per minori a rischio in qualità di componente dell'equipe psicopedagogica e sperimento l'insegnamento presso istituti di formazione per operatori di comunità. Da sempre mi dedico alla scrittura, imprescindibile esigenza di tutta una vita. Nel 2018 pubblico la mia prima raccolta di liriche dal titolo "Aliti inversi" e nel 2019 offro un contributo all'interno del volume "Donna sacra di Sicilia", con una poesia dal titolo "La Baronessa di Carini" e un articolo, scritti interamente in lingua siciliana. Amo anche la recitazione. Mi piace definire la poesia come "summa imprescindibile ed inscindibile di vissuti significativi e di emozioni graffianti, scaturente da un processo di attenta ricerca e di introspezione". Sono Socia di Accademia Edizioni ed Eventi e Blogger di SCREPmagazine.

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