Il debutto di Jasmine Trinca alla regia di un lungometraggio non poteva non avvenire in un contesto più appropriato: Cannes.
L’attrice torna sulla Croisette dopo anni da La stanza del figlio di Nanni Moretti (Palma d0oro) che l’aveva vista esordire.
Marcel la storia
Una bambina (Maayane Conti) cerca disperatamente l’attenzione di sua madre (Alba Rohrwacher), un’artista di strada eccentrica, ossessionata dal suo piccolo cane, Marcel. Quando il cane scompare la disperazione prende il sopravvento sulla madre che però gradualmente comincia a riconnettersi con la figlia da tempo ignorata. Un viaggio “fiabesco” alla ricerca di un rapporto forse mai avuto.
“Marcel!” si presenta diviso in capitoli e ogni parte ha una didascalia che spiega le diverse “tappe” di questo percorso travagliato tra madre e figlia: la prima assente, persa nel suo mondo fiabesco nel quale l’unico suo grande amore sembra il cane Marcel, la seconda chiusa in sé stessa, sempre con lo sguardo adorante rivolto alla madre, elemosinando il suo affetto.
Al centro il personaggio di Alba Rohrwacher, in un’interpretazione che dà molta enfasi alla mimica.
“Ricorda che all’arte si deve la vita”,
dice la donna alla figlia, che vive come in un continuo sogno, mescolando la fantasia alla realtà.
Jasmine Trinca dirige di nuovo Alba Rohrwacher (dopo il suo primo corto Being my mother) e lo fa con una una storia che analizza ancora quel binomio madre e figlia.
Tutto questo – racconta Trinca – parte da una fotografia. Ritraeva mia madre che mi teneva per mano sul ciglio di un bosco. Dietro di noi un paesaggio assolato, ma davanti? Il colore di quella foto lo avrei definito il colore della memoria. Non della nostalgia, come una foto a colori virata seppia, ma proprio un colore indefinibile e sfumato, bruciato dal sole, appena attraversato e ispirato dalla “selva oscura” pronta ad accogliere e proteggere quel passo a due.
Tra sogno e realtà. È qui che si situa questo film. Una rielaborazione fiabesca o meglio favolistica del vissuto, cercando di comprenderlo, esorcizzarlo, renderlo universale. Panni sporchi che non si lavano in casa ma che diventano bandiere da sventolare, inni programmatici: «All’arte si deve la vita».
In fondo, tutto quel vissuto, quel bagaglio pesante impossibile da lasciare, sarà pure servito a qualcosa. A fare un film. E invece no. Nulla è più importante ed effimero che vivere. Neanche un film che resta (o forse no).
Alla vita si deve dunque la vita”.
Dopo la presentazione al Festival di Cannes, a partire da 1° giugno il film arriverà al cinema con Vision Distribution. Jasmine Trinca, quest’anno è anche giurata al Concorso di Cannes 75.
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